Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2621 del 05/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 05/02/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 05/02/2020), n.2621

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

ricorso 7143-2013 proposto da:

D.S.L., D.S.G., D.S.M., D.S.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA A. MORDINE 14, presso lo

studio dell’avvocato MARCELLO CECCHETTI, che l rappresenta e

difende, giusta procura a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATP, in persona dei Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8/2012 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE,

depositata il 23/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/12/2019del Consigliere Dott.ssa ZOSO LIANA MARIA TERESA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS UMBERTO che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine per il rigetto il ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato CECCHETTI FABRIZIO per delega

scritta dell’Avvocato CECCHETTI MARCELLO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito per il contro ricorrente l’Avvocato SUBRANI che ha chiesto

l’inammissibilità e in subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. D.S.G., D.S.L., D.S.A. e D.S.M. impugnano con cinque motivi, illustrati con memoria, la sentenza della commissione tributaria regionale della Toscana che ha confermato la decisione della commissione tributaria provinciale di Firenze, la quale ha accolto parzialmente il ricorso dei contribuenti attribuendo all’immobile di loro proprietà sito nel Comune di Pelago la categoria A/7 e la classe 7. I contribuenti avevano proposto con procedura Docfa nell’anno 2000 la categoria A/7 classe 4 e l’agenzia del territorio nel 2008 aveva attribuito la categoria A/7 classe 8.

2. L’agenzia delle entrate, quale successore ex lege dell’agenzia del

territorio, si è costituita in giudizio con controricorso.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono nullità della sentenza, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la motivazione della sentenza impugnata non consente di comprendere l’iter argomentativo adottato per confermare la sentenza di primo grado, posto che non rende note le ragioni del rigetto dei motivi d’appello.

2. Con il secondo motivo deducono nullità della sentenza, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per l’omessa pronuncia in ordine al motivo di appello riguardante la definitività della rendita proposta con procedura Docfa ed in ordine al motivo con cui era stato evidenziato che, essendo intervenuto il classamento a distanza di otto anni dalla domanda inoltrata con procedura Docfa, esso avrebbe dovuto essere sorretto da adeguata e congrua motivazione. Inoltre la CTR ha omesso di pronunciarsi in ordine al motivo di appello afferente il fatto che occorreva tener conto delle caratteristiche specifiche dell’immobile al fine di attribuire la classe, dal che derivava che la classe 7 non corrispondeva a quella attribuibile al fabbricato stesso.

3. Con il terzo motivo deducono nullità della sentenza, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non aver la CTR dichiarato

l’inammissibilità dell’appello incidentale proposto dall’agenzia del territorio, la quale si era costituita in giudizio tardivamente.

4. Con il quarto motivo deducono violazione di legge, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione allo statuto del contribuente, art. 7, in quanto l’avviso di classamento non indicava i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che avevano determinato la decisione dell’amministrazione.

5. Con il quinto motivo deducono erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la CTR ha omesso di considerare che tra l’unità immobiliare tipo assunta a riferimento e censita con la classe 7 e quella per cui è causa esistevano differenze sostanziali così come evidenziato dal perito di parte D.L..

6. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è infondato. Questa Corte ha già precisato, con riferimento al requisito della sentenza di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, che la mancanza della motivazione si configura quando la essa manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass. n. 20112 del 2009). Nel caso che occupa la sentenza impugnata reca il minimo motivazionale richiesto dalla norma così interpretata poichè da essa è dato evincere le ragioni della decisione, avendo la CTR affermato che dalla tardiva costituzione dell’agenzia del territorio non derivava inammissibilità o improcedibilità alcuna e che l’avviso di accertamento era adeguatamente motivato con il richiamo delle disposizioni normative concernenti il procedimento estimativo da cui emergeva la comparazione con l’unità tipo conoscibile mediante l’ordinaria diligenza. Ed ha affermato la CTR che nessun nuovo elemento di valutazione era emerso dalle argomentazioni delle parti, salvo l’evidenza dal raffronto con l’unità di riferimento in tutto simile a quella per cui è causa.

7. In ordine al secondo motivo di ricorso si osserva quanto segue. Il primo rilievo avente ad oggetto l’asserita definitività della rendita proposta per non aver l’amministrazione proceduto alla rettifica entro il termine di dodici mesi è infondato. Ciò in quanto, secondo costante giurisprudenza della Corte di legittimità, il termine annuale di cui al D.M. n. 701 del 1994, art. 1, comma 3, non è stabilito a pena di decadenza. E ciò non solo per la mancanza di previsione della specifica sanzione, ma anche perchè questo sarebbe in contrasto con la funzione che la legge attribuisce all’accertamento della rendita. In tal senso, il richiamato principio espresso dalla Corte è quello per cui “In tema di catasto dei fabbricati, con il D.M. 19 aprile 1994, n. 701, regolamento emanato ai sensi della L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, comma 3, è stata introdotta una procedura – cosiddetto DOCFA – per l’accertamento delle unità immobiliari, che consente al dichiarante, titolare di diritti reali sui beni, di proporre la rendita degli immobili stessi; la procedura ha il solo scopo di rendere più rapida la formazione del catasto ed il suo aggiornamento, attribuendo alle dichiarazioni presentate ai sensi del D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, art. 56, la funzione di “rendita proposta”, fino a quando l’ufficio finanziario non provveda alla determinazione della rendita definitiva, sicchè il termine massimo (“entro dodici mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni”) di un anno assegnato all’ufficio dal D.M., art. 1, comma 3, per la “determinazione della rendita catastale definitiva” non ha natura perentoria, con conseguente decadenza dell’amministrazione dall’esercizio del potere di rettifica costituente una modalità di esercizio dei poteri per la formazione ed aggiornamento del catasto – ma meramente ordinatoria. La natura perentoria del termine, infatti, oltre a non essere attribuita dalla norma regolamentare, neppure può ricavarsi dalla disciplina legislativa della materia, con la quale è assolutamente incompatibile un limite temporale alla modificazione o all’aggiornamento delle rendite catastali. Pertanto, ove l’amministrazione non provveda a definire la rendita del bene oggetto di classamento, saranno le dichiarazioni presentate dai contribuenti ai sensi del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 56 a valere come “rendita proposta fino a che l’ufficio non provvedere alla determinazione della – rendita definitiva” – Cass. n. 2617 3/12/2014 dep. 11/02/2015; Cass. n. 7380 del 31/03/2011, Rv. 616466 – OlCass. n. 7392 del 31/03/2011; Cass. n. 16824 del 21/07/2006).

Parimenti infondato è il secondo rilievo secondo cui, essendo intervenuto il classamento a distanza di otto anni dalla domanda inoltrata con procedura Docfa, il relativo avviso avrebbe dovuto essere sorretto da adeguata e congrua motivazione. Invero questa Corte ha più volte affermato il principio secondo cui, in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso ( Cass. n. 31809 del 07/12/2018; Cass. n. 12777 del 23/05/2018; Cass. n. 12497 del 16/06/2016; Cass. n. 23237 del 31/10/2314). Ne consegue che nel caso di specie, ove l’avviso di classamento impugnato non reca l’immutazione degli elementi di fatto indicati dai contribuenti ma indica la diversa valutazione economica del bene con l’indicazione di una classe più elevata, era sufficiente l’indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita.

Infine è infondato il rilievo secondo cui la sentenza sarebbe nulla poichè la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi in ordine al motivo di appello afferente le caratteristiche specifiche dell’immobile, avendo i giudici di appello affermato che l’immobile per cui è causa aveva caratteristiche del tutto similari a quelle dell’unità di riferimento cui era stata attribuita la classe 7.

8. Il terzo motivo è inammissibile in quanto, avendo la CTR rigettato l’appello incidentale proposto dall’Agenzia del territorio, i ricorrenti sono privi di interesse a dolersi della mancata declaratoria di inammissibilità del medesimo.

9. Il quarto motivo è assorbito, tenuto conto di quanto affermato con riguardo al secondo motivo, secondo rilievo.

10. Il quinto motivo di ricorso è inammissibile. Invero i contribuenti, del formulare la doglianza sotto il profilo del vizio di motivazione, in realtà richiedono la rivalutazione del merito della decisione, essendosi la CTR pronunciata sul punto controverso affermando la similitudine dell’immobile di che si tratta con quello costituente unità di riferimento. E va altresì tenuto conto del fatto che dallo stralcio della perizia di parte trascritta alla pagina 23 del ricorso non è dato evincere la sussistenza di elementi decisivi al fine di pervenire ad una decisione diversa della causa, data la genericità degli elementi stessi.

11. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a rifondere all’agenzia delle entrate e le spese processuali che liquida in Euro 3000, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 5 febbraio 2020

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