Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26205 del 16/10/2019

Cassazione civile sez. un., 16/10/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 16/10/2019), n.26205

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Primo Presidente f.f. –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente di Sez. –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

nel giudizio per conflitto negativo di giurisdizione sollevato dal

Tribunale amministrativo regionale per la Calabria con ordinanza in

data 10 aprile 2019 nel procedimento, iscritto al N.R.G. 1173 del

2018, vertente tra:

BIOS s.r.l.;

– ricorrente non costituito in questa sede –

e

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI COSENZA;

– resistente non costituito in questa sede –

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’8 ottobre 2019 dal Consigliere Dott. Alberto Giusti;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale Dott. CELENTANO Carmelo, che ha

chiesto dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che la controversia attiene a una domanda per il pagamento del compenso per le prestazioni di specialistica ambulatoriale erogate fuori budget dalla s.r.l. Bios;

che la società Bios è accreditata, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, ex art. 8-quater, dalla Regione Calabria per l’erogazione di prestazioni sanitarie a carico del Servizio sanitario regionale e, nel corso dell’anno 2015, ha effettuato prestazioni di specialistica ambulatoriale in forza dell’accordo sottoscritto sulla base del “tetto” fissato con i decreti n. 85/2014 e n. 140/2015 del Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del Servizio sanitario regionale della Calabria, decreti successivamente annullati dal TAR per la Calabria con sentenza n. 1569 del 2016;

che la s.r.l. Bios – sostenendo l’efficacia erga omnes dell’annullamento in via giurisdizionale dei decreti del Commissario ad acta e la conseguente invalidità, inefficacia o inoperatività parziale dell’accordo stipulato tra le parti in data 21 settembre 2015, nella parte in cui prevede il volume massimo di prestazioni erogabili, il limite massimo di spesa (budget) e la non remunerabilità delle prestazioni extra budget – ha chiesto al Tribunale ordinario di Cosenza, con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., la condanna dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza al pagamento del compenso, pari a Euro 70.732,30, oltre accessori, per tutte le prestazioni di specialistica ambulatoriale erogate nel corso dell’anno 2015;

che l’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza si è costituita, resistendo ed eccependo in via preliminare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario;

che l’adito Tribunale di Cosenza ha dichiarato, con ordinanza in data 11 maggio 2018, il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo;

che il giudice ordinario ha osservato che l’annullamento del provvedimento presupposto non implica automaticamente la nullità delle clausole contrattuali relative alla fissazione del tetto massimo di spesa, nè attribuisce alla struttura accreditata il diritto a percepire il compenso di tutte le prestazioni erogate, sicchè la causa esula da quelle “concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi”, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. c), cod. proc. amm., e la decisione della controversia implica la soluzione, in via pregiudiziale, di questioni inerenti l’interpretazione e l’applicazione della convenzione stipulata tra le parti, con particolare riferimento alle clausole relative alla determinazione del tetto di spesa, involgendo aspetti che riguardano la verifica dell’azione autoritativa della P.A.;

che la s.r.l. Bios, con ricorso notificato il 31 luglio 2018, ha riassunto la causa dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria;

che con ordinanza pubblicata il 10 aprile 2019 il TAR ha sollevato conflitto negativo di giurisdizione;

che, ad avviso del TAR confliggente, il petitum sostanziale della causa riguarda una pretesa di natura economica e, in materia di accreditamento, spettano alla giurisdizione ordinaria tutte le controversie sul corrispettivo dovuto in applicazione dell’accordo contrattuale stipulato, anche quando sia preliminare delibare, senza efficacia di giudicato, la legittimità, efficacia o perduranza di disposizioni amministrative o contrattuali che determinino, in via generale od in concreto, il tetto di spesa;

che nella specie – prosegue il TAR della Calabria – già secondo la prospettazione attorea il provvedimento autoritativo è stato rimosso dal giudice amministrativo, sicchè correttamente il giudice ordinario è stato investito di una domanda intesa ad ottenere la corresponsione di indennità, canoni ed altri corrispettivi in ragione dell’inefficacia sopravvenuta di un provvedimento autoritativo che ne escludeva inizialmente la debenza totale;

che il conflitto negativo è stato avviato alla trattazione camerale sulle base delle conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., del pubblico ministero, che ha chiesto dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.

Considerato che la giurisdizione si determina in base alla domanda e, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non tanto la prospettazione compiuta dalle parti, quanto il petitum sostanziale, che va identificato in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (Cass., Sez. U., 31 luglio 2018, n. 20350; Cass., Sez. U., 26 giugno 2019, n. 17123);

che costituisce principio consolidato l’affermazione che le controversie, concernenti “indennità, canoni ed altri corrispettivi” nei rapporti, qualificabili come concessione di pubblico servizio, tra le ASL e le case di cura o le strutture minori, quali laboratori o gabinetti specialistici, riservate alla giurisdizione del giudice ordinario dall’art. 133, comma 1, lett. c), cod. proc. amm., sono sostanzialmente quelle contrassegnate da un contenuto meramente patrimoniale, attinente al rapporto interno tra la P.A. concedente e il concessionario del servizio pubblico (contenuto in ordine al quale la contrapposizione tra le parti si presta ad essere schematizzata secondo il binomio “obbligo-pretesa”, senza che assuma rilievo un potere d’intervento riservato alla P.A. per la tutela d’interessi generali); mentre, se la controversia esula da tali limiti e coinvolge la verifica dell’azione autoritativa della P.A. sull’intera economia del rapporto concessorio, il conflitto tra la P.A. e il concessionario si configura secondo il binomio “potere-interesse” e viene attratto nella sfera della competenza giurisdizionale del giudice amministrativo (Cass., Sez. U., 3 febbraio 2014, n. 2294; Cass., Sez. U., 29 ottobre 2015, n. 22094; Cass., Sez. U., 8 novembre 2016, n. 22646);

che, invero, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia che abbia ad oggetto soltanto l’effettiva debenza dei corrispettivi in favore del concessionario, senza coinvolgere la verifica dell’azione autoritativa della P.A., posto che, nell’attuale sistema sanitario, il pagamento delle prestazioni rese dai soggetti privati accreditati viene effettuato nell’ambito di appositi accordi contrattuali, ben potendo il giudice ordinario direttamente accertare e sindacare le singole voci costitutive del credito fatto valere dal privato (Cass., Sez. U., 26 gennaio 2011, n. 1771; Cass., Sez. U., 20 giugno 2012, n. 10149);

che, su tale base, è stato di recente affermato da queste Sezioni Unite che, in tema di prestazioni sanitarie effettuate in regime di accreditamento provvisorio, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, secondo il criterio di riparto fissato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004 ed ora dall’art. 133, comma 1, lett. c), cod. proc. amm., le controversie sul corrispettivo dovuto in applicazione della disciplina del rapporto concessorio determinata nell’accordo contrattuale stipulato, in condizioni di pariteticità, tra la ASL e la struttura privata concessionaria; peraltro, qualora la ASL opponga alla domanda di pagamento (petitum formale immediato) l’esistenza di una propria deliberazione che, in attuazione di quella regionale a contenuto generale, determini in concreto il tetto di spesa e la creditrice replichi, negando la soggezione della propria pretesa creditoria a tali atti o sostenendone l’illegittimità, il petitum sostanziale della domanda non è automaticamente inciso da siffatte replicationes, le quali devono essere considerate irrilevanti ai fini della individuazione della giurisdizione, a meno che non si sostanzino in una richiesta di accertamento con efficacia di giudicato dell’illegittimità del provvedimento posto a fondamento dell’eccezione sollevata dalla ASL; in quest’ultimo caso, infatti, poichè il petitum sostanziale investe anche l’esercizio di un potere autoritativo, il giudice ordinario deve declinare la giurisdizione sulla domanda di annullamento della deliberazione, trattenendo la sola domanda di condanna alle indennità, canoni o corrispettivi, salvo poi sospendere il giudizio ex art. 295 c.p.c. in attesa della definizione del giudizio sul provvedimento rimesso alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (Cass., Sez. U., 2 novembre 2018, n. 28053);

che, questi essendo i principi rilevanti in materia, va osservato che con il ricorso introduttivo del giudizio di merito la s.r.l. Bios ha chiesto esclusivamente il corrispettivo di prestazioni rese in esecuzione dell’accordo stipulato dalle parti in data 21 settembre 2015 ai sensi del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8-quinquies, deducendo che per effetto della sopraggiunta sentenza del TAR per la Calabria recante l’annullamento dei decreti del Commissario ad acta che avevano stabilito i tetti di spesa, per l’anno 2015, per le singole strutture sanitarie accreditate eroganti prestazioni di specialistica ambulatoriale si sarebbe determinata l’invalidità, l’inefficacia o l’inoperatività parziale dell’accordo, con specifico riferimento alle clausole di cui all’art. 4 (Volume di prestazioni erogabili e corrispettivo massimo annuale) e, limitatamente alla parte in cui ribadiscono il limite del tetto di spesa ovvero la non remunerabilità delle prestazioni eccedenti lo stesso, di cui agli artt. 7 (Tariffe e corrispettivi) e 14 (Clausola di salvaguardia);

che si tratta di pretese astrattamente riconducibili nell’alveo dei diritti soggettivi, radicando la giurisdizione, quale che sia il fondamento nel merito delle stesse pretese, innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria;

che sulla base del criterio del petitum sostanziale, l’oggetto della tutela invocata si risolve, non già nel controllo di legittimità dell’esercizio dell’azione autoritativa della pubblica amministrazione, bensì nella verifica dell’esatto adempimento dell’obbligazione di pagamento, in ragione della dedotta inefficacia sopravvenuta – a seguito dell’annullamento, ad opera del giudice amministrativo, dei decreti del Commissario ad acta – delle clausole dell’accordo stipulato relative al volume massimo di prestazioni erogabili, al limite massimo di spesa e alla non remunerabilità delle prestazioni extra budget;

che – come osserva esattamente il pubblico ministero – la controversia concerne la valutazione dell’effetto caducante che l’annullamento del tetto di spesa sia suscettibile di dispiegare sulle relative clausole contrattuali;

che, pertanto, deve essere affermata la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere la controversia de qua;

che nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata, trattandosi di conflitto di giurisdizione sollevato d’ufficio nel quale le parti non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2019

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