Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26201 del 28/09/2021

Cassazione civile sez. trib., 28/09/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 28/09/2021), n.26201

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 25126/2014 proposto da:

C.F., rappresentata e difesa dall’avv. Francesco

Marullo di Condojanni e dall’avv. Anzuini Giovanna elettivamente

domiciliata in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina n. 26 presso lo

studio dell’avv. prof. Sergio Marullo di Condojanni;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato domiciliata in Roma via dei Portoghesi n. 12.

– controricorrente –

Agenzia delle Entrate-Riscossione;

– intimata –

Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 1365/14/14, depositata il 5/3/2014;

Udita la relazione del Consigliere Dott. Catello Pandolfi nella

camera di consiglio del 26/01/2021.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La contribuente C.F. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 1365/14/14 depositata il 5/03/2014.

La vicenda ò tare origine dalla notifica della cartella di pagamento (OMISSIS) recante la pretesa di Euro 339.789,43 relative a due avvisi di accertamento per gli anni 2002 e 2004. La contribuente opponeva la cartella con esito sfavorevole in entrambi i gradi di merito.

Con il ricorso in esame ha dedotto quattro motivi ed ha depositato memoria. Ha resistito l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo, la ricorrente eccepisce violazione dell’art. 140 c.p.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

In particolare, eccepisce che gli avvisi di accertamento prodromici alla cartella di pagamento opposta erano stati notificati in modo viziato per essere stato omesso l’inoltro della c.d. raccomandata informativa del deposito degli atti presso la casa comunale, comprovato dal relativo avviso di accertamento. Al riguardo e’, per contro, da ritenere che il suddetto vizio, pur sussistente, è stato sanato dalla effettiva conoscenza degli atti comunque acquisita dalla contribuente, come si desume dall’istanza di annullamento in autotutela da lei inoltrata in data 17 maggio 2010, implicitamente l’avvenuta conoscenza. Nella stessa istanza la ricorrente stessa precisava, infatti, d’aver ritirato casualmente gli atti presso la casa comunale in data 26/03/2010.

La parte contesta, invece, che in presenza di una notifica inesistente non possa trovare applicazione l’art. 156 c.p.c..

In proposito, questa Corte per contro ha affermato che “Il vizio della notifica di una cartella di pagamento, consistente nell’omessa esibizione dell’avviso di ricevimento della raccomandata informativa che va inviata nell’ipotesi di consegna dell’atto a mezzo del servizio postale non effettuata direttamente al destinatario…. è sanato per raggiungimento dello scopo ove il contribuente abbia conosciuto il contenuto della cartella, trovando applicazione, anche per gli atti impositivi, il principio di cui all’art. 156 c.p.c., comma 3” (Sez. 5 -, 09/05/2018, n. 11051). E dunque, l’omessa trasmissione della seconda raccomandata non esclude la sanabilità del vizio di notifica mediante la conoscenza effettiva dell’atto impositivo.

Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la stessa circostanza sotto il diverso profilo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Si duole cioè che la CTR avrebbe omesso di esaminare, appunto, il “fatto” dedotto del mancato invio della raccomandata informativa, limitandosi ad affermare che gli avvisi di accertamento erano stati ritualmente notificati. Invero, la sentenza ha precisato che la notifica doveva ritenersi regolare a seguito della conoscenza degli atti in data 26 marzo 2010. Tal che il giudice regionale aveva ritenuto essersi realizzato l’effetto sanante degli eventuali vizi talché non è ravvisabile il deficit motivazionale.

Con il terzo motivo la parte lamenta che, venuto a conoscenza degli avvisi di accertamento nella data del 26 marzo 2010 (da lei stessa indicata nell’istanza di annullamento d’ufficio del 17 maggio 2010), l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo del credito d’imposta era avvenuta il 16 aprile 2010 e quindi prima del decorso di sessanta giorni previsti per l’impugnazione degli atti stessi. Ciò in violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 14 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 21.

Il motivo appare fondato e del resto la stessa Agenzia nulla deduce su di esso. Il quarto motivo, con cui la parte censura la dichiarazione di inammissibilità del ricorso sul merito della pretesa tributaria, può ritenersi, per l’accoglimento del terzo, assorbito per essere venuto meno l’interesse ad esaminarlo.

Pertanto, il ricorso, nei limiti indicati va accolto. La sentenza impugnata va cassata.

Non sussistendo elementi di fatto da accertare, la Corte decide nel merito ed accoglie il ricorso introduttivo del contribuente. Alla soccombenza segue la condanna alle spese dell’Agenzia delle Entrate riguardo al giudizio di legittimità, (Ndr: testo originale non comprensibile) di gradi di merito per la particolarità del caso di specie.

P.Q.M.

Accoglie il terzo motivo di ricorso, infondati il primo e il secondo, assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie il ricorso introduttivo del contribuente.

Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di legittimità che liquida in Euro 5.600,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, 15% per spese generali ed oneri di legge. Compensa le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2021

 

 

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