Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26200 del 22/11/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 26200 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA
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seniplificato

sul ricorso proposto da:

MINOCCHERI Carla (MNC CRL 59P46 H501R), rappresentata e
difesa, per procura speciale in calce al ricorso,
dall’Avvocato Ferdinando Emilio Abbate, presso lo studio
del quale in Roma, via Andrea Doria n. 48, sono
elettivamente domiciliata;
– ricorrente
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro

pro

tempore;
– intimato avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia
depositato in data 24 maggio 2012.

Data pubblicazione: 22/11/2013

Udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 4 ottobre 2013 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti;
sentito l’Avvocato Ranieri Roda per delega;

Generale Dott. Ignazio Patrone, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto che con ricorso depositato in data 29 aprile
2011 presso la Corte d’appello di Perugia, Minoccheri Carla
ha proposto, ai sensi della legge n. 89 del 2001, domanda
di equa riparazione del danno non patrimoniale sofferto a
causa della non ragionevole durata di un giudizio di equa
riparazione svoltosi dinnanzi alla Corte d’appello di Roma,
iniziato con ricorso depositato nel mese di giugno 2005,
deciso dalla Corte d’appello con decreto depositato nel
giugno 2006 e definito, a seguito di ricorso per cassazione
notificato nel settembre 2007, con sentenza depositata nel
marzo 2009;
che l’adita Corte d’appello ha dichiarato la domanda
inammissibile ritenendo non esperibile il rimedio di cui
alla legge n. 89 del 2001 in relazione a procedimenti
relativi alla denunciata violazione della durata
ragionevole di giudizi presupposti, non discendendo tale
proponibilità dalla Convenzione europea dei diritti
dell’uomo ed essendo l’eventuale ritardo nella definizione

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

dei procedimenti

ex lege n. 89 del 2001 compensabile dal

giudice del procedimento;
che per la cassazione di questo decreto Minoccheri
Carla ha proposto ricorso, sulla base di due motivi;

difensiva.
Considerato

che il collegio ha deliberato l’adozione

della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che questa Corte ha avuto modo di pronunciarsi più
volte in ordine alla applicabilità del procedimento
disciplinato dalla legge n. 89 del 2001 ai procedimenti
introdotti sulla base della legge stessa, per i quali deve
ritenersi predicabile l’operatività del termine ragionevole
di durata e del conseguente regime indennitario in caso di
sua violazione;
che, come affermato di recente (Cass. n. 8561 del 2013;
Cass. n. 17686 del 2012; Cass. n. 5924 del 2012 e altre
conformi), il giudizio di equa riparazione, che si svolge
presso le Corti d’appello ed eventualmente, in sede di
impugnazione, dinnanzi a questa Corte, è un ordinario
processo di cognizione, soggetto, in quanto tale, alla
esigenza di una definizione in tempi ragionevoli, esigenza,
questa, tanto più pressante per tale tipologia di giudizi,
in quanto finalizzati proprio all’accertamento della

che l’intimata Amministrazione non ha svolto attività

violazione di un diritto fondamentale nel giudizio
presupposto, la cui lesione genera di per sé una condizione
di sofferenza e un patema d’animo che sarebbe eccentrico
non riconoscere anche per i procedimenti ex lege n. 89 del

che non appare condivisibile l’assunto che il giudizio
dinnanzi alla Corte d’appello e l’eventuale giudizio di
impugnazione costituiscano una fase necessaria di un unico
procedimento destinato a concludersi dinanzi alla Corte
europea, nel caso in cui nell’ordinamento interno la parte
interessata non ottenga una efficace tutela all’indicato
diritto fondamentale, atteso che il procedimento interno
rappresenta una forma di tutela adeguata ed efficace,
sempre che, ovviamente, si svolga esso stesso nell’ambito
di una ragionevole durata;
che, quanto alla determinazione della ragionevole
durata di un procedimento di equa riparazione, questa Corte
ha ritenuto che ove venga in rilievo un giudizio “Pinto”
svoltosi anche dinnanzi alla Corte di cassazione, la durata
complessiva dei due gradi debba essere ritenuta ragionevole
ove non ecceda il termine di due anni;
che, tenuto conto che il termine di durata ragionevole
di un giudizio di legittimità è normalmente fissato in un
anno, deve ritenersi che il giudizio di primo grado debba
essere concluso nel termine ragionevole di un anno, non

2001;

potendosi a tal fine attribuire al termine di quattro mesi
di cui all’art. 3, comma 4, della legge n. 89 del 2001,
natura diversa da quella sollecitatoria che gli è propria e
quindi non espressiva in modo assoluto della ragionevole

che il ricorso deve quindi essere accolto, essendo
erronea la decisione della Corte territoriale che ha
ritenuto inammissibile la domanda di equa riparazione per
la irragionevole durata di un procedimento di equa
riparazione relativamente a giudizio presupposto di altra
natura;
che non essendo necessari ulteriori accertamenti di
fatto, la causa può essere decisa nel merito;
che nel caso di specie, infatti, il ricorso è stato
depositato presso la Corte d’appello di Roma nel mese di
giugno 2005; che l’unico grado di giudizio di merito si è
concluso con decreto depositato nel mese di giugno 2006;
che il giudizio di cassazione è stato introdotto con
ricorso notificato nel mese di novembre 2007 ed è terminato
con sentenza depositata nel mese di marzo 2009;
che, dunque, la durata complessiva del procedimento di
equa riparazione è stata di circa quattro anni e tre mesi,
sicché, detratto il termine ragionevole, stimato in due
anni, nonché il termine di tredici mesi intercorso tra il
deposito del decreto e la proposizione della

durata del procedimento di equa riparazione;

impugnazione,

ulteriore rispetto al termine breve

legislativamente previsto per il ricorso per cassazione, la
durata non ragionevole risulta essere stata di circa un
anno e due mesi;

giudizio, al ricorrente spetta un indennizzo che va
liquidato sulla base di euro 750,00 per anno, e quindi in
complessivi euro 875,00, oltre interessi legali dalla data
della domanda al saldo;
che al ricorrente compete altresì il rimborso delle
spese dell’intero giudizio, liquidate nella misura indicata
in dispositivo;
che le spese del giudizio devono essere distratte in
favore dei difensori dei ricorrenti, Avvocati G. Ferriolo e
F.E. Abbate, dichiaratisi antistatari.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto
impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero
della Giustizia al pagamento, in favore del ricorrente,
della somma di euro 875,00, oltre interessi legali dalla
data della domanda al saldo; condanna il Ministero alla
rifusione delle spese dell’intero giudizio che liquida, per
il giudizio di merito, in euro 806,00, di cui euro 50,00
per esborsi, 311,00 per diritti e 445,00 per onorari, oltre
alle spese generali e agli accessori di legge, e, per il

che alla luce dell’accertata irragionevole durata del

giudizio di legittimità, in euro 506,25 per compensi, oltre
a euro 100,00 per esborsi e agli accessori di legge.
Dispone la distrazione delle spese del giudizio in favore
dei difensori dei ricorrenti, Avvocati G. Ferriolo e

F.E.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Sesta Sezione Civile – 2 della Corte suprema di Cassazione,
il 4 ottobre 2013.

Abbate, dichiaratisi antistatari.

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