Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26198 del 27/09/2021

Cassazione civile sez. I, 27/09/2021, (ud. 08/06/2021, dep. 27/09/2021), n.26198

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17043/2020 R.G. proposto da

C.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Rita Barbara, con

domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della

Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappresentato e

difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di L’Aquila depositato il 29 aprile

2020;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 giugno

2021 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 29 aprile 2020, il Tribunale di L’Aquila ha rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e, in subordine, della protezione sussidiaria o di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposta da C.G., cittadino della (OMISSIS).

Premesso che, a sostegno della domanda, il ricorrente aveva dichiarato di essersi allontanato dal Paese di origine per sottrarsi alle violenze di un gruppo di giovani che avevano fatto irruzione nella città in cui viveva, uccidendo molte persone ed intimando agli appartenenti all’etnia (OMISSIS) di abbandonare il nord della (OMISSIS), il Tribunale ha ritenuto inattendibile tale racconto, in quanto generico, non dettagliato e caratterizzato da evidenti implausibilità, nonché confusionario e contraddittorio relativamente al pericolo paventato, escludendo pertanto la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato. Ha rigettato inoltre la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria, rilevando che il ricorrente non risultava destinatario di provvedimenti che implicassero la pena di morte o la sottoposizione a tortura, né esposto ad un pericolo concreto ed individuale; ha escluso che nella regione di origine del ricorrente fosse in atto una situazione di violenza indiscriminata derivante da un conflitto armato, richiamando un rapporto del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Roma Tre relativo all’anno 2019, da cui risultava che nell’area sudorientale della (OMISSIS) si riscontravano soltanto proteste e manifestazioni, alimentate da gruppi separatisti sorti e consolidatisi a seguito delle più recenti elezioni politiche. Ha ritenuto infine insussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, richiamando il giudizio d’inattendibilità espresso in ordine alle dichiarazioni rese dal ricorrente, rilevando che quest’ultimo non aveva riferito una condizione di vulnerabilità personale o l’appartenenza a categorie per le quali è previsto il divieto di respingimento, e ritenendo non provato che egli avesse intrapreso un percorso d’integrazione in Italia.

2. Avverso il predetto decreto il C. ha proposto ricorso per cassazione, per quattro motivi. Il Ministero dell’interno ha resistito mediante il deposito di un atto di costituzione, ai fini della partecipazione alla discussione orale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità della costituzione in giudizio del Ministero dell’interno, avvenuta mediante il deposito di un atto finalizzato esclusivamente alla partecipazione alla discussione orale, anziché mediante controricorso: nel procedimento in camera di consiglio dinanzi alla Corte di cassazione, il concorso delle parti alla fase decisoria deve infatti realizzarsi in forma scritta, attraverso il deposito di memorie, il quale postula che l’intimato si costituisca mediante controricorso tempestivamente notificato e depositato (cfr. 25/10/2018, n. 27124; Cass., Sez. V, 5/10/2018, n. 24422; Cass., Sez. III, 20/10/2017, n. 24835).

2. Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 8 e art. 14, lett. c), osservando che, nell’escludere che nella sua regione di origine sia in atto una situazione di violenza indiscriminata, il decreto impugnato ha richiamato un’unica fonte informativa, senza tener conto dell’esistenza di conflitti aspri e violenti a carattere etnico-religioso, in continua evoluzione e diffusi in tutto il territorio nazionale, né dell’allarmante quadro del rispetto dei diritti umani e dei rischi derivanti da attentati terroristici.

3. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, in via subordinata, l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rilevando che, nell’escludere che nella sua regione di origine sia in atto una situazione di violenza indiscriminata, il decreto impugnato non ha tenuto conto di fatti decisivi risultanti da autorevoli fonti informative.

4. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta, in via ulteriormente gradata, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., sostenendo che, nell’escludere che nella sua regione di origine sia in atto una situazione di violenza indiscriminata, il decreto impugnato si è limitato ad evidenziare che le violenze registrate non sono rivolte contro le persone, ma contro le infrastrutture, senza tener conto dell’atteggiamento discriminatorio assunto dal nuovo Presidente della Repubblica nei confronti della popolazione dell’area sudorientale della (OMISSIS), che non lo aveva sostenuto in occasione delle elezioni.

5. Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, affermando che il diniego della protezione umanitaria non è sorretto da una specifica motivazione, avendo il Tribunale omesso di valutare specificamente le condizioni oggettive della (OMISSIS), caratterizzate da violazioni dei diritti umani, instabilità politica e condizioni di vita precarie, sotto il profilo della salute e dell’alimentazione.

6. Il ricorso è anch’esso inammissibile.

In quanto promosso in primo grado con ricorso depositato l’11 settembre 2018, il giudizio in esame è infatti assoggettato alla disciplina dettata dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, introdotto dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 6, comma 1, lett. g), convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46, il quale prevede, al quarto periodo comma 13, che “la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima”.

L’interpretazione della predetta disposizione ha dato luogo ad un contrasto di giurisprudenza, risolto dalle Sezioni Unite di questa Corte con la recente sentenza 1 giugno 2021, n. 15177, la quale ha enunciato il principio di diritto secondo cui “il D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 13, ha richiesto, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di inammissibilità del ricorso, nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore”, con la conseguenza che “la procura speciale per il ricorso per cassazione per le materie regolate dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, comma 13, e dalle disposizioni di legge successive che ad essa rimandano deve contenere in modo esplicito l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato e richiede che il difensore certifichi, anche solo con un’unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione che l’autenticità della firma del conferente”.

Nell’enunciare il predetto principio, le Sezioni Unite hanno chiarito, in particolare, che “tale autonoma forma di certificazione affidata al difensore non è in alcun modo surrogabile aliunde dal mero contenuto complessivo della procura, anche se essa rechi al suo interno l’indicazione della data del conferimento (laddove priva di sua specifica certificazione) o quella del provvedimento sfavorevole e della sua comunicazione, a pena di svilire il dato testuale ed approdare ad interpretazione volta a realizzare una disapplicazione del testo normativo, così approdando ad un’ermeneusi contra legem, non consentita dal sistema”. E’ stato altresì precisato che, ai fini dell’osservanza della norma in esame, “non occorre che il difensore operi due distinte attestazioni, l’una relativa all’autentica della firma e l’altra alla certificazione della data, risultando sufficiente che anche solo attraverso un’unica asseverazione il difensore dia espressamente conto, anche senza l’uso di formule sacramentali, del fatto che la procura indichi una data successiva alla comunicazione, occorrendo soltanto che risulti in modo esplicito che detto difensore abbia asseverato l’esistenza di una data di rilascio in epoca successiva alla comunicazione del provvedimento”. Conformemente a tale precisazione, è stata esclusa l’ammissibilità del ricorso per cassazione recante in calce una procura speciale nella quale, accanto alla firma del conferente ed alla data di rilascio della procura successiva a quella del decreto impugnato, non era inserita alcuna espressione dalla quale risultasse che il difensore aveva inteso certificare che la data del conferimento della procura fosse successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato, rinvenendosi unicamente l’autenticazione della firma.

Alle medesime conclusioni deve pervenirsi nel caso in esame, dal momento che la procura speciale rilasciata su foglio separato e congiunto al ricorso per cassazione, pur contenendo l’indicazione degli estremi del provvedimento impugnato, reca, dopo l’indicazione della data di rilascio e la firma del ricorrente, unicamente l’autenticazione di quest’ultima, effettuata dal difensore mediante la sola sottoscrizione, che, in quanto non accompagnata da alcuna precisazione, non consente di ritenere che attraverso l’apposizione della propria firma egli abbia inteso certificare anche la data in cui è stata rilasciata la procura.

7. L’irrituale costituzione dell’intimato esclude la necessità di provvedere al regolamento delle spese processuali.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dallo stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2021

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