Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26195 del 18/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 18/11/2020, (ud. 10/07/2019, dep. 18/11/2020), n.26195

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 462-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

IL MOGGIO SOCIETA’ AGRICOLA ARL, elettivamente domiciliata in ROMA

VIA NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato GIANMARCO TARDELLA,

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3048/2014 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 13/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/07/2019 dal Consigliere Dott. MAISANO GIULIO.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che la Commissione Tributaria Provinciale di Rieti con sentenza n. 161/1/12 depositata il 12 ottobre 2010 ha rigettato il ricorso proposto dalla società agricola Il Moggio a r.l. avverso il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate con il quale era stato sospeso D.Lgs. n. 472 del 1997 ex art. 23, il rimborso del credito IVA per l’anno 2007 da lei richiesto essendole stato notificato avviso di accertamento con cui si recuperava a tassazione l’importo di Euro 96.562,00 a titolo di IVA per l’anno 2006;

Che con sentenza n. 3048/01/14 pubblicata il 13 maggio 2014 la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, pur riconoscendo la legittimità dell’impugnato provvedimento di sospensione all’epoca della sua adozione, accoglieva l’appello proposto dalla società Il Moggio avverso detta sentenza di primo grado, considerando che, a seguito della sentenza n. 202/1/2010 della Commissione Tributaria Provinciale di Rieti passata in giudicato e con la quale era stato annullato l’accertamento posto a base del provvedimento di revoca, l’Agenzia delle Entrate, dopo la proposizione dell’appello da parte della società, aveva disposto la revoca del provvedimento impugnato, e che il ritardo con il quale aveva emesso tale revoca, aveva comunque procurato un danno alla società contribuente;

Che l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su due motivi;

Che la società agricola Il Moggio a r.l. resiste con controricorso illustrato da successiva memoria;

Considerato che con il primo motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 427 del 1997, art. 23, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento alla ritenuta sussistenza dei presupposti della sospensione del rimborso all’epoca della sua adozione;

Che con il secondo motivo si assume violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, nel caso si ritenesse che con la sentenza impugnata la Commissione Tributaria si sia pronunciata anche nel merito della spettanza del diritto al rimborso;

Che i due motivi vengono trattati congiuntamente in quanto accomunati dalla medesima ragione di inammissibilità. La ricorrente, infatti, impugna una pronuncia relativa ad un provvedimento di sospensione del rimborso già revocato dallo stesso Ufficio ricorrente che, conseguentemente, non ha più interesse ad agire. La pronuncia impugnata si limita a considerare il ritardo con il quale l’Agenzia delle Entrate ha provveduto alla revoca della sospensione in questione dopo la pronuncia con la quale era stato annullato l’accertamento posto a fondamento della sospensione stessa. E’ inammissibile, per difetto d’interesse, il motivo di impugnazione con cui si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, priva di qualsivoglia influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, e che sia diretta, quindi, all’emanazione di una pronuncia senza rilievo pratico (Cass. 13 ottobre 2016, n. 20689).

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere P.A. difesa dall’Avvocatura dello Stato, non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 5.600,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15%, ed agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2020

 

 

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