Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26195 del 18/10/2018

Cassazione civile sez. trib., 18/10/2018, (ud. 13/07/2018, dep. 18/10/2018), n.26195

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO B. – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI G. – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI P. – Consigliere –

Dott. TRISCARI G. – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO di NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso iscritto al numero 8401 del ruolo generale dell’anno

2011, proposto da:

R.G., rappresentato e difeso, giusta procura speciale a

margine del controricorso, dall’avv.to Elena Sorgente e dall’avv.to

Gianluca Contaldi, elettivamente domiciliato presso lo studio del

secondo difensore in Roma, Via Giovanni Pierluigi da Palestrina n.

63;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– resistente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Piemonte n. 6/15/2010, depositata in data 11 febbraio

2010, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13 luglio 2018 dal Relatore Cons. Dr. Putaturo Donati Viscido di

Nocera Maria Giulia;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Sanlorenzo Rita che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi per il contribuente l’avv.to Elena Sorgente e l’avv.to Gianluca

Contaldi e per l’Agenzia delle entrate l’avv.to dello Stato Eugenio

De Bonis.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 6/15/2010, depositata in data 11 febbraio 2010, non notificata, la Commissione tributaria regionale del Piemonte, rigettava l’appello proposto da R.G. nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 36/02/2007 della Commissione tributaria provinciale di Asti che aveva rigettato il ricorso proposto dal

contribuente avverso l’avviso di accertamento n. R060110300193/2005 con il quale l’Ufficio, previo p.v.c. della Guardia di Finanza, aveva contestato a quest’ultimo, titolare di ditta individuale esercente la attività di commercio di autoveicoli, per l’anno 2003, ai fini Irpef, Irap e Iva, un maggior reddito di impresa per indebita deduzione di costi e detrazione di Iva in relazione ad operazioni ritenute soggettivamente inesistenti relative all’importazione intracomunitaria di autoveicoli per il tramite di società “cartiere” fittiziamente interposte all’effettivo cedente comunitario.

1.1. La CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, previo rigetto dell’eccezione di inesistenza dell’avviso di accertamento per mancanza di valida relata di notificazione, ha ritenuto legittimo l’atto di accertamento stante la comprovata “simulazione soggettiva” delle operazioni di compravendita di autovetture poste in essere dal R. con la Coges s.r.l..

2. Avverso la sentenza della CTR, R.G. propone ricorso per cassazione affidato a otto motivi.

3. L’Agenzia delle entrate ha depositato “atto di costituzione” chiedendo l’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

4. R.G. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. insistendo per l’accoglimento del ricorso nonchè documentazione ex art. 372 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va rilevato che l’Agenzia delle entrate ha resistito con “atto di costituzione”, non notificato, chiedendo di essere ammesso a partecipare alla discussione orale ex art. 370 c.p.c.;

Va, al riguardo, ricordato che, in mancanza di notificazione, l’atto depositato non è qualificabile come controricorso ed il controricorrente, pure in presenza di regolare procura speciale ad litem, non è legittimato neppure a depositare memorie illustrative (Cass. n. 25735 del 2014): principio affermato con riferimento alla trattazione della causa in pubblica udienza, ma che deve essere esteso anche al procedimento in camera di consiglio di cui all’art. 380 bis.1 c.p.c., introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168 conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197 (Cass. n. 26974 del 2017);

2. Con il primo motivo di ricorso – rubricato: contraddittoria ed insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – R.G. sostiene che, sebbene abbia sin dal primo grado del giudizio eccepito la inesistenza della notificazione dell’avviso di accertamento, inviato a mezzo posta, in quanto sulla copia dell’atto a lui recapitata la relata di notifica era priva della indicazione dell’autore e del destinatario, della data e del luogo di pretesa esecuzione e di ogni sottoscrizione nè esisteva alcuna indicazione delle modalità di notifica e tantomeno del responsabile del detto procedimento, la Commissione Tributaria regionale, con motivazione priva di adeguato supporto argomentativo, ha affermato che la proposizione del ricorso ha sanato eventuali vizi di notifica, pur vertendosi in ipotesi di inesistenza e non di nullità della notifica;

3. Con il secondo motivo il ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, degli artt. 137,148,149,156 e 160 c.p.c. e della L. n. 890 del 1982, art. 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Il contribuente lamenta che la sentenza si pone in contrasto con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 e con l’art. 137 c.p.c., atteso che l’agente postale non è indicato tra i soggetti titolati a compiere attività notificatoria, nonchè con l’art. 148 c.p.c., che considera necessaria la relata di notifica, posta a tutela del destinatario della notifica, il quale, in assenza di certificazione della attività notificatoria, non è in grado di conoscere gli elementi necessari a computare con certezza i termini perentori per l’esercizio di eventuali diritti allo stesso attribuiti;

4. Con il terzo motivo il contribuente deduce “nullità della sentenza, per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60,degli artt. 137,148,149,156 e 160 c.p.c. e della L. 890 del 1982, art. 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, ribadendo che la mancanza di relata produce la inesistenza insanabile della notifica dell’atto, con la conseguenza che la Commissione Tributaria regionale è incorsa in un error in procedendo quando ha affermato che la notifica è avvenuta regolarmente e che il vizio di notifica denunciato sarebbe in ogni caso sanato, ai sensi dell’art. 156 c.p.c.;

I motivi primo, secondo e terzo – da trattare congiuntamente per connessione – sono infondati;

La CTR ha affermato in sentenza che la notifica dell’avviso di accertamento era avvenuta regolarmente e che lo stesso era stato impugnato dal contribuente davanti alla CTP;

Ora, è vero che sul tema della sanatoria dei vizi della notifica dell’avviso di accertamento si sono registrate pluralità di posizioni in passato: questa Corte, infatti, aveva affermato la inapplicabilità della stessa ai vizi di notifica di tale atto, attesa la natura sostanziale e non processuale dello stesso (Sez. 5, n. 5924 del 2001), ma sul punto sono intervenute le Sezioni Unite che hanno affermato che l’istituto della sanatoria, sebbene originariamente proprio della materia processuale, non è inapplicabile anche agli atti di natura sostanziale ed, in particolare, ai vizi di notifica degli avvisi di accertamento (Sez. Un., n. 19854 del 2004);

La possibilità di sanatoria ex art. 156 c.p.c., poi, è stata ribadita anche di recente da questa Corte (Cass. n. 11043 del 2018; n. 6678 del 2017; n. 23175 del 2016);

Ma, ancora, al di là di tutto, nella specie emerge che il contribuente fin dal ricorso alla Commissione di primo grado ha avuto modo di articolare l’impugnazione dell’atto, anche con riguardo al merito della pretesa tributaria, per cui, partendo dal principio per cui un vizio di notifica è rilevante se si dimostra che lo stesso ha compromesso il diritto di difesa (Sez. 3, n. 2321 del 2017, Rv. 642713) – dovendosi altrimenti ritenere che abbia raggiunto i suoi effetti – deve concludersi che nel caso concreto non è emerso neanche in quale modo l’asserito vizio abbia inciso sulla posizione del contribuente;

Nè è stata addotta la decadenza dal potere impositivo dell’amministrazione in conseguenza della nullità della notifica, per cui, posto che non è emerso il pregiudizio subito dal contribuente e non è stata eccepita la decadenza dell’amministrazione, viene anche in rilievo, in linea con la giurisprudenza più recente di questa Corte, il tema dell’interesse del motivo di impugnazione, dato che dedurre il mero vizio di notifica senza specificare il pregiudizio che da esso deriva, per non aversi potuto compiutamente difendere, o per avere subito un accertamento oltre il termine di decadenza dell’Amministrazione dal potere impositivo, si riflette sull’interesse ad impugnare (Sez. 5, n. 10079 del 2017);

5. Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza e del procedimento, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., artt. 112 e 115 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 7 e 58, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, della L. n. 212 del 2000, art. 7, per avere la CTR, al di fuori dei poteri attribuiti al giudice tributario del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex artt. 58 e 7, in violazione dei principi di terzietà, del contraddittorio, del diritto di difesa e del giusto processo, con ordinanza dell’8 ottobre 2008, ordinato all’Agenzia la produzione di copiosa documentazione (precisamente le fatture emesse dalla società Coces s.n.c. nei confronti del R., le fatture ricevute dalla Coces s.r.l. e provenienti da fornitori esteri, le richieste di rinvio a giudizio o di archiviazione avanzate dalla Procura della Repubblica di Asti nei confronti del contribuente, sentenze di patteggiamento, comunicazioni di notizie di reato o annotazioni di polizia riguardanti i rapporti tra la Coces s.r.l., R.S., R.G., Punto Auto ed altre società) non allegata all’atto di accertamento e non conosciuta dal contribuente, peraltro prodotta solo in altro giudizio RG n. 492/08 a carico di R.S., ed irritualmente posta dal giudice a fondamento della decisione, senza tener conto delle deduzioni difensive esposte nella memoria depositata in data 27.4.09 (ritrascritta nel ricorso per cassazione);

6. Il quarto motivo di ricorso è fondato;

6.1. A seguito dell’abrogazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 3, al giudice di appello non è più consentito ordinare il deposito di documenti nella materiale disponibilità di una delle parti, non potendo il giudice sopperire con la propria iniziativa officiosa all’inerzia delle parti (Cass. n. 25464 del 18/12/2015; n. 13152 del 11/6/2014);

In tema di contenzioso tributario, d’altro canto, ancora sotto la vigenza del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 3, questa Corte aveva rilevato come il potere istruttorio officioso riservato alle Commissioni tributarie incontrava il limite di non dover sopperire al mancato assolvimento, ad opera della parte, del relativo onere probatorio (Cass. n. 25769 del 5/12/2014; n. 4617 del 22/2/2008). Non possono dunque considerarsi “indispensabili”, secondo la formulazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 1, quelle prove che non sono state ritualmente prodotte in giudizio per inadempienza delle parti, non potendo tale lacuna essere colmata dall’esercizio dell’indicato potere giudiziale;

Nel caso di specie, il giudice di appello, esorbitando dai poteri allo stesso attribuiti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58,comma 2, e sostituendosi alla Amministrazione finanziaria, ha svolto una attività istruttoria integrativa volta alla acquisizione di documentazione che la Agenzia delle Entrate avrebbe già dovuto produrre in primo grado a supporto della pretesa tributaria ed ha poi utilizzato detta documentazione ai fini della decisione, avendo dato atto nella motivazione che la sentenza si fonda non solo sulle risultanze delle operazioni di accesso compiute dai verificatori e sulla contabilità, ma anche su “quanto risulta in atti”, e quindi anche sugli elementi di prova ricavati dalla documentazione acquisita per effetto della ordinanza istruttoria del 8.10.08;

Da ciò la nullità della sentenza per violazione del disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58;

7. Con il quinto motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c., non avendo la CTR pronunciato: 1) sulla censura, dedotta sin dal primo grado, concernente il vizio di motivazione dell’atto di accertamento, stante la mancata indicazione della norma in base alla quale lo stesso era stato adottato e il riferimento ad atti e verbalizzazioni redatti nei confronti di terzi, non allegati e, quindi, non conosciuti; 2) sulle eccezioni, sollevate sin dal primo grado e ribadite in grado di appello, in ordine alla inesistenza della relata di notifica, e, in ogni caso, alla mancanza di conformità tra copia e originale;

8.Con il sesto motivo di ricorso il contribuente censura la sentenza per “contraddittoria ed insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, per non avere la CTR argomentato sufficientemente in ordine alla ritenuta “simulazione soggettiva” delle operazioni di compravendita, non contenendo la sentenza impugnata alcun riferimento a supposti fornitori esteri, a prezzi d’acquisto e date di consegna quali elementi atti a sorreggere la contestazione della interposizione soggettiva, risultando invece che le autovetture erano state consegnate al R. dallo stesso soggetto di cui alle fatture di acquisto (Coges) e a questo soggetto interamente pagate;

9. Con il settimo motivo censura la sentenza per “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 21,in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, deducendo che la detraibilità dell’Iva non può essere esclusa senza precisi riscontri sullo stato soggettivo del cessionario in merito all’altruità della fatturazione;

10. Con l’ottavo motivo, il ricorrente censura la sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere il giudice di appello argomentato in modo insufficiente e contraddittorio circa la soggettiva inesistenza delle contestate operazioni di compravendita: 1) avendo ritenuto che il R. “non potesse non sapere” del meccanismo fraudatorio, in base a non meglio precisate “risultanze delle operazioni di accesso” e ad un generico richiamo all’ “esame della contabilità” e a quanto risultava “in atti”; 2) escluso la buona fede del contribuente, senza considerare che erano stati prodotti in appello i listini Eurotax, dai quali emergeva che i prezzi di acquisto e di vendita praticati erano in linea con i prezzi di mercato e che era esiguo il margine di guadagno conseguito dalla ditta contribuente, che si collocava tra appena 1% e il 2 %;

11. L’accoglimento del quarto motivo di ricorso comporta l’assorbimento dei motivi dal quinto all’ottavo;

12. In conclusione, va accolto il quarto motivo del ricorso; dichiarati infondati il primo, il secondo e il terzo motivo, assorbiti gli altri, con conseguente cassazione della decisione impugnata – in relazione al motivo accolto- e rinvio alla Commissione Tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, per il riesame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte:

accoglie il quarto motivo di ricorso, infondati il primo, il secondo e il terzo, assorbiti tutti gli altri; cassa la sentenza impugnata- in relazione al motivo accolto – e rinvia alla Commissione tributaria del Piemonte, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese relative al giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2018

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