Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26192 del 17/11/2020

Cassazione civile sez. III, 17/11/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 17/11/2020), n.26192

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 35578/2018 R.G. proposto da:

I.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TORTOLINO 30,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO FERRARA, in giudizio di

persona ai sensi dell’art. 86 c.p.c.;

– ricorrente –

contro

M.M., M.G., da reputarsi, in

difetto di elezione di domicilio in ROMA, per legge domiciliati ivi,

presso la Cancelleria della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato RAFFAELE SCARINZI;

– controricorrenti –

contro

ASSICURATORI DEI LLOYDS DI LONDRA CHE HANNO ASSUNTO IL RISCHIO DELLA

POLIZZA (OMISSIS), in persona del Procuratore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 278,

presso lo studio dell’avvocato MARCO FERRARO, che li rappresenta e

difende in uno all’avvocato ROBERTO BAGNARDI;

– controricorrente –

contro

F.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4300/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 26/09/2018;

udita la relazione svolta alla pubblica udienza del di 08/10/2020 dal

Presidente Dott. Franco DE STEFANO;

uditi gli avvocati Francesco CASALE, Stefano GIOVE e Massimiliano

VITO per delega, rispettivamente, degli avvocati I.M.,

Raffaele Scarinzi e Marco Ferraro, Roberto Bagnardi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott. NARDECCHIA Giovanni Battista, il quale ha concluso

chiedendo il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. I.M. ricorre, con atto notificato dal 06/12/2018 ed articolato su sette motivi, per la cassazione della sentenza con cui la Corte d’appello di Napoli ha, prima di accogliere il gravame incidentale della terza chiamata in garanzia e mandarla assolta dalla pretesa del convenuto chiamante, respinto il suo gravame principale avverso la solidale condanna pronunciata dal Tribunale di Benevento nei confronti suoi, di F.G. e della chiamata in garanzia assicuratrice Lloyds di Londra da M.M. e G., acquirenti di alcuni terreni in agro di (OMISSIS) per atto (OMISSIS) rogato da esso I., garantiti liberi da pesi e gravami ed invece gravati da ipoteca, per evitare la conseguenza della quale gli acquirenti avevano dovuto riacquistare il bene in sede di procedura immobiliare promossa dal creditore ipotecario.

2. La corte territoriale, con la qui gravata sentenza n. 4300 del 26/09/2018, ha disatteso la tesi dello I. – formulata fin dalla sua costituzione a seguito dell’atto di citazione notificatogli il 10/09/2010 – sulla carenza di rapporto professionale con gli attori, siccome nel rogito intervenuti a mezzo di procuratori, nonchè quella subordinata della configurabilità di una responsabilità solo extracontrattuale con maturazione della prescrizione quinquennale, come pure quella di carenza di nesso causale tra il prezzo di acquisto come versato da entrambi gli attori e quello versato in sede di espropriazione immobiliare dalla sola M.G.; la corte di merito ha disatteso anche la tesi delle implicazioni in punto di consapevolezza dei vincoli o di invalidità del contratto della esiguità del primo, come pure la tesi dell’incidenza della sproporzione del secondo, di tredici volte maggiore, rispetto al primo, dal convenuto prospettata come dovuta esclusivamente a libere valutazioni di convenienza economica ad opera degli attori; ma ha pure escluso l’operatività delle polizze Lloyds (OMISSIS) e (OMISSIS), stipulate rispettivamente in proprio ed in seno alla convenzione col Consiglio Nazionale del Notariato (inoperante la prima in caso di altre coperture assicurative stipulate dal medesimo CNN e la seconda in carenza di visure prodromiche alla stipula di un trasferimento immobiliare), avendo lo I. invocato solo la seconda e non avendo egli provato di avere eseguito le dovute visure: tanto da condannare il professionista pure alla restituzione di quanto versato dalla sua assicuratrice in forza della sentenza di primo grado, riformata sul punto.

3. Resistono con separati controricorsi i M. e gli Assicuratori Lloyds di Londra assuntori del rischio della polizza (OMISSIS); e, per la pubblica udienza del giorno 08/10/2020, il ricorrente ed il secondo controricorrente depositano memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare, va ricordato che, per giurisprudenza a dir poco consolidata (da ultimo, v. Cass. Sez. U. ord. 09/03/2020, n. 6691), le memorie concesse alle parti per l’udienza pubblica di discussione dall’art. 378 c.p.c. o per l’adunanza camerale di sesta sezione e di sezione ordinaria, rispettivamente dagli artt. 380-bis e 380-bis.1 c.p.c., non possono svolgere, con le argomentazioni o le difese ivi contenute, funzione diversa od ulteriore rispetto alla mera chiarificazione od illustrazione degli argomenti e delle ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente e non invece inammissibilmente – enunciati nel ricorso, sicchè esse non possono mai integrarli (sulla memoria per l’udienza di discussione: Cass. 29/03/2006, n. 7237), nè emendare le eventuali lacune ivi esistenti: le quali restano dunque insanabili.

2. Ciò premesso ed esclusa quindi la stessa possibilità di prendere in considerazione quanto di nuovo od ulteriore è stato dedotto dalle parti nelle indicate memorie, vanno esaminati, tra loro congiuntamente per evidente intima connessione, i primi due motivi di ricorso, rubricati, rispettivamente:

– il primo: “Violazione o falsa applicazione del disposto degli artt. 1218,1388,1393 e 2947 c.c.. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Responsabilità del Notaio – Procura Rappresentanza – Prescrizione”; con tale doglianza il ricorrente, in estrema sintesi, deduce essere l’incarico professionale stato conferito da M.M. n. (OMISSIS) e M.R. in rappresentanza di M.M. n. (OMISSIS) e G. e non avere la sentenza gravata motivato sull’eccezione di carenza di prova del rapporto di mandato e quindi di mancanza del potere di stipula del contratto d’opera professionale col notaio rogante; sicchè, dovendosi escludere la prova di un contratto tra attori e notaio, la responsabilità di questi rimane extracontrattuale;

– il secondo: “Violazione o falsa applicazione del disposto degli artt. 1218,1388,1393 e 2043 c.c. e dell’art. 81 c.p.c.. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti – Contratto d’opera professionale – Difetto di legittimazione”; con tale censura sostanzialmente lo I. lamenta che, non prevedendo le procure in atti il potere di scelta del notaio, al contratto d’opera professionale intercorso con lui sarebbero restati estranei i mandanti, privi così di legittimazione a titolo contrattuale; e, agendo contro il notaio, quelli avrebbero in modo improprio o illegittimo fatto valere un diritto altrui, quello cioè dei loro rappresentanti; e, a tutto concedere, i primi avrebbero dovuto agire contro questi ultimi.

3. I due motivi sono in parte inammissibili ed in parte infondati, non sussistendo alcuno dei vizi denunciati: e tanto a cominciare dal preteso difetto di motivazione, poichè la corte d’appello sottolinea come i M. non possano considerarsi terzi destinatari della prestazione professionale, proprio perchè dinanzi al notaio costituitisi a mezzo dei loro procuratori e quindi parti essi stessi del contratto da questi rogato, con conseguente esclusione della fattispecie del contratto a favore di terzi ed assorbimento delle amplissime deduzioni in tema di prescrizione anche ai sensi dell’art. 2947 c.c.; ed una tale motivazione, necessariamente adeguata alle circostanze, idoneamente dà conto della natura contrattuale della responsabilità invocata dai M. in virtù del carattere diretto del loro rapporto col Notaio, prendendo per implicito (e con richiamo al contratto: v. prima riga della pagina 6 della sentenza) posizione anche sulla sussistenza dei relativi presupposti.

4. Tale univoca motivazione, oltre a richiamare la giurisprudenza di legittimità consolidata da molti decenni sulla natura contrattuale della responsabilità del notaio (così restando confutata la precedente tesi, richiamata dal ricorrente, ma risalente nel tempo e da tempo superata), consente di escludere la fondatezza della censura di pretermissione dell’eccepita mancanza di prova sul retrostante rapporto di mandato relativo al potere di stipula e di quella sulla natura extracontrattuale della responsabilità verso i mandanti acquirenti M.: in via dirimente, il motivo di ricorso non riporta i passaggi testuali con cui tale tesi, evidentemente disattesa già in primo grado, sarebbe stata nuovamente sottoposta al giudice di appello, nè il tenore della procura richiamata nel rogito, pure invece richiamata nella gravata sentenza, dal quale rilevare se e quali poteri fossero stati esclusi da quelli evidentemente spesi dinanzi allo stesso professionista fin dalla costituzione delle parti nell’atto che si accingeva a rogare e che aveva, tra l’altro, attivato il suo obbligo professionale di verificarli.

5. Tale considerazione rende superfluo il rilievo che l’onere di provare l’esistenza ed i limiti della procura incombe, in caso di contestazione, al terzo che ha contrattato con il rappresentante (Cass. 30/05/1969, n. 1935; Cass. 08/02/1974, n. 372), ma soprattutto che i controricorrenti deducono contenere quelle procure (separatamente conferite da M. nato nel (OMISSIS) e da M.G.) il conferimento di ogni più ampio potere, tra cui quindi quello della scelta del notaio rogante: circostanza questa che bene si riconduce alla normale estensione – salve espresse limitazioni, da dedursi e provarsi però già solo in base al tenore testuale a cura ed onere di chi ne avrebbe avuto interesse e quindi dello I. – del potere di compiere un atto, per il quale sia prevista una forma solenne, delle facoltà connesse alla sua stipula e quindi della scelta dell’ufficiale da incaricare del suo rogito.

6. Tale conclusione è stata raggiunta, sia pure effettivamente con un’affermazione incidentale, ma del tutto convincente, da Cass. 30/06/2014, n. 14808 (in occasione della disamina del terzo motivo, definito sì inammissibile per difetto del prescritto quesito di diritto, ma del quale si sottolineava la manifesta infondatezza): e risponde ad un criterio di normalità e di utilità – o conservazione degli effetti – dell’atto negoziale, che non avrebbe altrimenti alcuna pratica possibilità di attingere gli scopi che il suo autore si era prefisso ponendolo in essere, se – salvo, ripetesi, il solo caso (che qui non ricorre) di espressa limitazione – si conferisse a taluno il potere di compiere un atto necessitante di una forma solenne e non anche quello di scegliere colui che abbia i pubblici poteri per rogarlo, così impedendosi la stipula stessa e contraddicendo il conferimento del primo e complessivo potere.

7. Ferma l’indubbia qualità di parti dei M. del contratto rogato dallo I. e quindi del contratto d’opera professionale che aveva ad oggetto la sua redazione, del resto, perfino nella pure in concreto insostenibile – contraria ipotesi in cui i rappresentati potessero andar qualificati estranei rispetto al contratto d’opera professionale tra i rappresentanti ed il professionista rileverebbero gli sviluppi della giurisprudenza di legittimità, che configura ormai in capo al notaio anche speciali obblighi di protezione in favore dei soggetti che fossero formalmente terzi rispetto agli atti da lui rogati, ma coinvolti dalle relative prevedibili conseguenze (come nel caso di negligente autenticazione di una procura speciale a vendere preparatoria del successivo contratto traslativo, in cui, in applicazione dei principi in tema di cd. contatto sociale qualificato, il notaio può essere chiamato a rispondere pure dei danni cagionati al terzo interessato all’acquisto in conseguenza di tale negligente identificazione, poichè il contratto d’opera professionale finalizzato al rilascio della procura speciale, benchè formalmente concluso fra il notaio e il futuro venditore ed avente ad oggetto un negozio unilaterale, è fonte di obblighi di protezione pure nei confronti dell’aspirante compratore, il quale va qualificato come “terzo protetto dal contratto”: Cass. ord. 08/04/2020, n. 7746; su analoghe posizioni la giurisprudenza sugli obblighi di protezione di peculiari categorie di terzi, richiamata dal pubblico ministero nella sua requisitoria scritta, sia pur con maggior enfasi verso la configurabilità di un contratto a favore di terzi: Cass. 14865/13 o 15305/13, ovvero 9320/16).

8. In conclusione, non solo ciascuno dei mandanti acquirenti è, pure nella fattispecie in esame, ad ogni effetto di legge parte del rogito di compravendita, ma il conferimento dell’incarico di stipularlo, pacificamente operato dai mandatari acquirenti, è da intendersi, in base agli stessi principi in tema di rappresentanza ed in difetto di valida allegazione o prova di una limitazione dei relativi poteri, imputabile anche ai mandanti: anche riguardo ai quali, quindi, il notaio risponde a titolo di responsabilità contrattuale, con esclusione della fondatezza di ogni altra doglianza, variamente argomentata, di carenza di legittimazione dei mandanti o di violazione del divieto di azione in giudizio per fare valere diritti altrui o delle altre a tanto riconducibili, come pure di ogni dipendente o correlata censura (tra cui quella sulla natura della relativa prescrizione e sulla misura e decorrenza del conseguente termine). E le relative censure vanno definitivamente disattese.

9. Per passare all’esame del terzo mezzo di gravame, con esso il ricorrente lamenta “Violazione o falsa applicazione del disposto degli artt. 1218,1411,2043 c.c.. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Mancanza di motivazione su di un punto decisivo della controversia. Attività istruttoria – Prova dell’effettuazione delle visure – Prezzo irrisorio – Nullità della compravendita – Riqualificazione del contratto – Simulazione: mancanza del nesso di causalità – Liberalità – Nullità – Esclusione della garanzia per l’evizione”; e, in particolare, il ricorrente si diffonde nella protesta per la mancata ammissione delle prove per testi sull’esecuzione delle visure, comunque sostenendo che l’esiguità del prezzo rispetto a quello di mercato denotava la chiara consapevolezza in capo alle parti dell’esistenza di gravami; lamenta poi aver malamente la corte d’appello negato rilevanza alla pure evidente sproporzione del prezzo della compravendita rispetto al valore del bene quale elemento presuntivo della conoscenza dello stato non libero degli immobili, sproporzione a suo dire riconosciuta perfino dal primo giudice, mentre il solo elemento della riconduzione della pattuizione del prezzo alla libera determinazione delle parti non sarebbe stato sufficiente ad escludere la consapevolezza del gravame ipotecario; e si dilunga richiamando elementi a sostegno dell’irrisorietà del prezzo di compravendita (Euro 2.000) rispetto a quello indicato come valore effettivo (e calcolato in Euro 20.268), invocando l’esenzione da responsabilità in caso di conoscenza, in capo alle parti, della circostanza che pure nega avere taciuto, come pure la natura di mera clausola di stile della garanzia di libertà da pesi offerta dal venditore; e conclude chiedendo di dedurre la natura simulata del contratto rogato, idonea di per sè ad escludere la responsabilità del notaio.

10. Il motivo è inammissibile per diversi ordini di ragioni, tra loro concorrenti e indipendenti:

– per mancata idonea rappresentazione del tenore testuale della prova per testi che si lamenta malamente non ammessa, ricavandosi dal coacervo dei fatti processuali indicati in ricorso soltanto quando quella sarebbe stata formulata e con riferimento a quali paragrafi di una comparsa, di cui però non è dato ravvisare con la dovuta chiarezza il tenore testuale;

– perchè è mancata in ricorso la contestazione dell’espressa ratio decidendi della corte territoriale nella parte in cui la dichiara inammissibile non solo perchè avrebbe voluto contraddire le risultanze di un atto pubblico, ma soprattutto perchè non sarebbe stata riportata nell’atto di appello e adeguatamente capitolata, nè nuovamente richiesta in sede di precisazione delle conclusioni di primo grado (vedasi pag. IV della gravata sentenza, terzo paragrafo del n. 4 della motivazione, ultimo periodo);

– perchè, ai fini dell’esenzione dalla responsabilità contrattuale nei confronti di chi aveva conferito il mandato, non sarebbe stato necessario allegare tanto che le visure erano state esperite, quanto piuttosto che il loro esito, di qualunque tenore, era stato portato a conoscenza dei clienti, in modo da consentire loro di determinarsi anche sulla base di quelle risultanze;

– perchè gli elementi a sostegno dell’irrisorietà sono elencati compiutamente, ma in ricorso non si indica con la dovuta chiarezza ed esaustiva sinteticità quando e come sarebbero stati specificamente, ma invano, sottoposti alla corte territoriale;

– perchè la stessa giurisprudenza lungamente illustrata dal ricorrente esclude la predicata irrisorietà in caso di prezzo particolarmente modesto, ma non meramente simbolico;

– perchè non si può richiedere a questa Corte, senza adeguatamente allegare in ricorso – non solo e non tanto con la sua riproposizione anche in questa sede, ma, come detto, anche con la chiara ed esaustivamente sintetica indicazione degli atti e del relativo tenore di sottoposizione della questione ed eccezione ai giudici del merito;

– perchè nella sentenza di appello, contrariamente a quanto ritenuto in ricorso, non si ha mai un riconoscimento – esplicito o meno – dell’irrisorietà del prezzo;

– perchè la semplice sproporzione del prezzo pattuito rispetto a quello versato o comunque di mercato non è di per sè sola indice, nè elemento, di simulazione relativa;

– perchè, fosse pure o meno di stile la clausola di garanzia di libertà da pesi formulata dal venditore (questione anche questa di cui non si predica in quale atto dei gradi di merito e con quali espressioni sarebbe stata sottoposta ai giudici), il motivo non intercetta la ratio decidendi della corte territoriale, la quale è bene incentrata sull’effettiva sussistenza di quei pesi la cui esistenza avrebbe dovuto il notaio rogante non solo riscontrare, ma soprattutto provare di avere sottoposto alle parti od ai suoi clienti;

– perchè la determinazione del prezzo rimane effettivamente, nel sistema civilistico odierno, rimessa alla libera pattuizione delle parti, salvi i soli casi, di cui non si prova in questo caso la rituale contestazione della ricorrenza, dei vizi genetici del contratto: e neppure potendo definirsi irrisorio in senso oggettivo o assoluto un prezzo di duemila Euro, sia pure rispetto ad un valore predicato – e non qui validamente provato – come dieci volte superiore).

11. Da tale complessiva valutazione di inammissibilità discende la reiezione della tesi della nullità, predicata come eccepibile anche in questa sede, del contratto per cui è causa, sotto ogni profilo variamente agitato, tra cui quelli della simulazione relativa di un contratto di donazione o misto e della nullità del relativo mandato.

12.Vanno poi esaminati, anch’essi tra loro congiuntamente per l’evidente intima connessione, i motivi quarto e quinto, con cui lo I. adduce, rispettivamente:

– la “Violazione o falsa applicazione del disposto degli artt. 1218,1223,1225,1227 e 2700 c.c.. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti – Danno risarcibile”;

– la “Violazione o falsa applicazione del disposto degli artt. 1223 e 2700 c.c.. Nullità della sentenza per omessa pronuncia. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti – Nesso di causalità”.

13. Con tali complesse censure il ricorrente: contesta l’applicazione, ad opera della corte di merito, del principio di Cass. 18525/18, poichè la presenza di ipoteche per almeno Euro 95.000 avrebbe dovuto implicare l’esclusione o la limitazione della responsabilità del professionista ex art. 1227 c.c. e comunque la scelta degli acquirenti di versare un prezzo così maggiore rispetto a quello di acquisto ha eliso il nesso causale con il rogito o la condotta del professionista; rimarca che la sola esistenza di formalità negative non è di per sè causa di danno, mentre il valore di aggiudicazione è stato appena di poco inferiore a quello di mercato; protesta per l’omessa disamina dell’eccezione di carenza di un nesso, proposta fin dalla comparsa di costituzione in primo grado, sia dinanzi alla conclamata circostanza dell’anteriorità del versamento integrale del prezzo rispetto al rogito, sia perchè la somma riconosciuta a titolo di risarcimento non era quella necessaria per la purgazione delle ipoteche, ma quella per l’aggiudicazione ed era stato eccepito che, con diverso più diligente contegno, il danno sarebbe stato inferiore; ricorda che la sola M.G. si era resa aggiudicataria, sicchè, a tutto concedere, differente doveva essere l’entità del danno riconoscibile a ciascuno degli attori; infine, ulteriormente deduce doversi limitare il danno risarcibile entro quello prevedibile.

14. Le argomentazioni del ricorrente non inducono a discostarsi dalle conclusioni cui questa Corte è giunta e che la corte di merito ha espressamente richiamato (Cass. 13/07/2018, n. 18525):

– il danno che il notaio rogante il contratto di compravendita di un immobile, il quale abbia omesso di effettuare le dovute visure ipotecarie, è tenuto a risarcire all’acquirente dell’immobile successivamente sottoposto ad esecuzione immobiliare da parte del creditore ipotecario ed aggiudicato ad un terzo, va commisurato all’effettivo nocumento sofferto dalla parte; tale pregiudizio potrà anche esser pari al valore dell’immobile ove il proprietario del bene, a causa dell’omissione colposa del notaio, abbia perduto l’immobile con l’esproprio o a causa del rilascio del bene (Cass. 18/02/1981, n. 982, richiamata anche dal pubblico ministero); diversamente, sul presupposto dell’accertata responsabilità del professionista, questi potrà essere condannato al risarcimento per equivalente commisurato, quanto al danno emergente, all’entità delle somme che gli acquirenti devono corrispondere per soddisfare i creditori e liberare l’immobile dalle formalità pregiudizievoli, al fine di conservarne la proprietà (Cass. ord. 29/09/2017, n. 22820, anch’essa richiamata dal pubblico ministero), con la conseguenza che “le spese di purgazione rappresenteranno il danno e, nel contempo, la sua misura”;

– pertanto, nell’ipotesi di immobile venduto con il ministero del notaio, che, a causa dell’omessa verifica delle visure, sia successivamente sottoposto ad esecuzione da parte di un creditore che aveva agito sulla base di gravami esistenti sull’immobile e non rilevati dal professionista, il danno che questi è tenuto a risarcire va commisurato all’effettivo nocumento sofferto dall’acquirente; esso può quindi essere liquidato in misura pari al valore dell’immobile perduto a seguito della vendita forzata o del quale il proprietario abbia comunque perduto la disponibilità, ovvero nella spesa necessaria per ottenere l’estinzione del processo esecutivo e la cancellazione dell’ipoteca: in tale senso lato intesa quindi la purgazione dell’immobile, vale a dire la sua sottrazione al rischio di legale evizione nel corso della procedura espropriativa.

15. Se è vero che, nella specie, gli acquirenti non hanno perso l’immobile, è pur vero, come nota correttamente il secondo giudice, che essi, per scongiurare l’esito di perderlo ed in particolare per evitarne l’aggiudicazione ad estranei, sono stati costretti a rendersene aggiudicatari, sborsando il prezzo di Euro 22.248, oltre spese per complessivi Euro 5.900: tali esborsi integrano allora il nocumento subito dagli acquirenti a causa dell’inadempimento del notaio, il quale ha determinato la loro esposizione al processo espropriativo fondato sui gravami non rilevati ed alle relative negative conseguenze.

16. In particolare, sempre premesso che non viene indicato in ricorso con quali espressioni testuali e quando ciascuna delle relative questioni – pure profusamente illustrate, ma soltanto in sè e per sè considerate e non anche come formulate in appello – sia stata sottoposta al giudice di secondo grado, si deve osservare come sia ben lontano dall’integrare un esplicito riconoscimento dell’inferiorità del prezzo rispetto a quello di mercato l’inciso alla quarta riga della sesta facciata della sentenza gravata, che si limita a predicare l’irrilevanza della circostanza, così evidentemente lasciandola impregiudicata; inoltre, la sottoposizione al processo espropriativo ed al normale esito infausto per l’esecutato consistente nella perdita dell’immobile costituisce un danno del tutto prevedibile per il professionista che non prova di avere avvertito il suo cliente dell’esistenza di una formalità che a quello avrebbe potuto, come normalmente avviene, dar luogo.

17. Pertanto, per le dinamiche proprie del processo esecutivo, occorreva l’allegazione chiara ed univoca, riprodotta con esaustiva sinteticità ma adeguatamente in ricorso con l’indicazione di luogo e termini di sottoposizione al giudice del merito, dell’imprudenza o non appropriatezza della condotta dei danneggiati nella loro concreta determinazione di riacquistare all’asta l’immobile oggetto della compravendita viziata dalla carenza di prova di negligenza del notaio: ma, nella specie, la mera circostanza dell’iscrizione di formalità pregiudizievoli per almeno Euro 95.000 risulta irrilevante, non avendo invocato gli acquirenti un simile prezzo quale misura del loro danno, ma solo il rimborso di quanto in concreto sborsato per riacquistare, beneficiando dell’effetto di purgazione propria del decreto di trasferimento ai sensi dell’art. 586 c.p.c., il loro stesso bene.

18. Ancora, correttamente la corte territoriale giunge alla conclusione di escludere la rilevanza dell’aggiudicazione in favore della sola M.G., sia pure attribuendo – con ratio decidendi non attinta da valida censura – ai rapporti interni con l’altro acquirente il riparto della somma liquidata: se del caso intendendosi così intesa o perfino corretta la motivazione, dinanzi all’acquisto avutosi, a quanto è dato capire, in comune e indiviso, sono stati entrambi gli acquirenti a patire la negativa conseguenza della sottoposizione del bene al rischio di espropriazione per l’intero, sicchè la determinazione degli acquirenti di costituire quale unica aggiudicataria uno solo di loro risponde sì ad una loro libera valutazione, ma non incide in via diretta ed immediata sull’entità complessiva del danno.

19. Questo è stato patito appunto da entrambi nella loro qualità ed in misura pari ad un valore commerciale complessivo a sua volta corrispondente ai costi di recupero, inteso lato sensu e cioè come riacquisto della proprietà del bene già acquistato purgata delle pregresse formalità pregiudizievoli, la cui esistenza il convenuto notaio non ha provato di avere sottoposto ai clienti e ha plausibilmente determinato quindi il rischio di espropriazione.

20. La contraria giurisprudenza di legittimità, addotta in ricorso, sulla non sufficienza della mera iscrizione pregiudizievole non giova al ricorrente, visto che in questo caso a quella iscrizione è seguita proprio la sua naturale conseguenza, vale a dire un procedimento espropriativo giunto alla fase della vendita del bene, mentre dell’intervallo intercorso non può farsi carico agli acquirenti ad alcun titolo: non solo perchè non si deduce in ricorso quando e con quali specifici termini la relativa questione sarebbe stata sottoposta al giudice del merito, ma soprattutto perchè non si allega neppure quale diversa condotta, improntata invece a maggiore diligenza, avrebbe garantito ai danneggiati un minor danno (oltretutto, considerando che lo stesso ricorrente esordisce ricordando come, all’inizio, gravassero ipoteche per Euro 95.000, a fronte di un prezzo di aggiudicazione di soli Euro 22.248, di poco inferiore a quello predicato – ma, come ripetesi, non adeguatamente rapportato in ricorso come di mercato di Euro 29.540,40 al tempo dell’aggiudicazione e di Euro 20.268,00 a quello del rogito).

21. Ribadita anche con riguardo a tali motivi l’irrilevanza dell’allegata irrisorietà del prezzo di acquisto originario e restando del tutto privi di specificità – a dispetto dell’inusuale diffusione delle argomentazioni in ricorso – e di adeguati riferimenti gli ulteriori argomenti di insussistenza del diritto al pagamento delle spese connesse al rogito notarile, neppure può accogliersi la doglianza sull’omissione di pronuncia sulla specifica circostanza dell’anteriorità del pagamento integrale del prezzo rispetto al rogito: sul punto, per implicito la corte territoriale ha comunque motivato, richiamando la già esaminata Cass. 18525/18 sull’identificazione dei peculiari costi di purgazione nella fattispecie; e, ad ogni buon conto, il danno corrisponde comunque, in un caso come quello in esame, al valore commerciale del bene o al suo equivalente specifico, cioè il costo di purgazione dal rischio di legale evizione.

22. In via dirimente, quand’anche il versamento del prezzo di acquisto sia avvenuto prima della stipula del rogito, incombeva al notaio la prova di avere adempiuto comunque le proprie obbligazioni di diligenza professionale con la sottoposizione ai suoi clienti – gli acquirenti, anche come rappresentati – dell’esito delle visure, affinchè potessero liberamente determinarsi, se non al versamento di un residuo prezzo, quanto meno alla stipula del rogito ed alla consacrazione dei suoi effetti: ed invece, nella specie, il danno è parametrato non già all’entità di un prezzo asseritamente versato prima della stipula, ma alla diversa e ben documentata circostanza dell’entità dei costi di purgazione effettiva (intesa, come detto, come sottrazione del bene al rischio del normale esito dell’espropriazione, di evizione per l’intero) costituiti dagli esborsi per l’aggiudicazione, resa necessaria proprio dal non dimostrato adempimento di quell’obbligazione di compiuta e piena informazione del cliente.

23. Nè merita miglior sorte la tesi dell’insussistenza di qualsiasi danno, per essere comunque il valore del bene riacquistato in sede di vendita giudiziaria conveniente rispetto al valore medio di mercato, visto che quell’esborso gli acquirenti non avrebbero neppure dovuto sostenere dopo avere acquistato al conveniente prezzo indicato nel rogito il bene, senza che il notaio abbia provato di avere ritualmente adempiuto l’obbligazione professionale di informarli dell’esito delle svolte visure.

24. Infine, congiuntamente vanno esaminati pure i motivi sesto e settimo, relativi entrambi alla domanda di manleva, coi quali il ricorrente lamenta, rispettivamente:

– “Violazione o falsa applicazione del disposto degli artt. 1917 e 1932 c.c. e degli artt. 112 e 132 c.p.c.. Violazione o falsa applicazione delle polizze assicurative numero (OMISSIS) e numero (OMISSIS). Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Nullità della sentenza per omessa pronuncia – Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato – Motivazione incomprensibile – Garanzia assicurativa – Operatività della garanzia assicurativa”;

– “Violazione o falsa applicazione del disposto dell’art. 343 c.p.c.. Nullità della sentenza o del procedimento. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti – Irritualità dell’appello incidentale – Omessa notifica al contumace dell’appello incidentale”.

25. Con tali censure lo I. denuncia il travisamento del contenuto delle due polizze, del resto riguardando la doglianza originaria in appello soltanto le spese; ricorda di avere eccepito tempestivamente improcedibilità del gravame incidentale per mancata notifica al contumace; comunque l’operatività della garanzia per spese di lite era indipendente da quella per danni e non rilevava la mancata prova dell’effettuazione delle visure.

26. I due motivi sono in parte inammissibili per concorrenti e tra loro indipendenti ordini di ragioni, ma pure in parte infondati:

– in primo luogo, dovendosi escludere l’ammissibilità della ben più ampia ed articolata loro trattazione come operata soltanto con la memoria ex art. 378 c.p.c., per quanto già più su ricordato, al punto 1 di queste ragioni della decisione;

– in secondo luogo, per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, per mancata adeguata riproduzione, in ricorso e rilevando soltanto quanto in esso operato (e mancato), delle domande ed eccezioni come via via formulate sul punto, a confutazione della chiara ed univoca ratio decidendi della corte territoriale sull’avvenuto riconoscimento, ad opera di esso appellante, della non operatività della polizza (OMISSIS) e sull’invocazione, da parte sua, della diversa polizza (OMISSIS) (stipulata dal Consiglio nazionale del Notariato, ma che escludeva la garanzia per i casi di carenza di visure prodromiche alla stipula di un trasferimento immobiliare): cosa che impedisce di valutare la fondatezza, in generale, delle contestazioni sull’operatività o meno dell’una o dell’altra polizza, come pure, in particolare, della pretesa di operatività della garanzia per le sole spese legali pur senza la prova – che incombe, riguardando l’oggetto od ambito dell’assicurazione, all’assicurato che invoca il contratto e cioè al notaio stesso – del rituale adempimento della sua obbligazione professionale di eseguire le visure (se non pure di comunicarne l’esito al cliente), al riguardo richiamata comunque la valutazione di inammissibilità delle censure qui mosse alla mancata ammissione di prove sul punto o dell’irrilevanza dei pretesi elementi presuntivi sulla consapevolezza in capo ai clienti della sussistenza delle formalità pregiudizievoli;

– in terzo luogo, nella parte in cui involgessero la corretta interpretazione di una o di entrambe le polizze, perchè, in tema di ermeneutica contrattuale, sarebbe stato deducibile in Cassazione solo il vizio di errata applicazione delle relative norme di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., di cui però sarebbe stata necessaria – ma è invece in ricorso mancata – una analitica individuazione, secondo i rigorosi parametri della giurisprudenza di questa Corte (per tutte: Cass. 07/11/2019, n. 28625, ove ulteriori riferimenti);

– in quarto luogo, nella parte in cui insistono sull’eccezione di irritualità dell’appello incidentale per mancata notifica all’appellato contumace, per manifesta contrarietà – tale da trasmodare nella fattispecie dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, – alla consolidata giurisprudenza per la quale, nelle cause scindibili come la presente, solo il pretermesso può dolersene in sede di impugnazione (trattandosi di nullità relativa, stabilita nel suo esclusivo interesse: Cass. 26/03/2009, n. 7307; nello stesso senso, tra le altre, Cass. 20/04/2016, n. 7769, in motivazione), in disparte la considerazione dell’effettiva notifica, nella specie, quand’anche senza rispetto dei relativi termini, su cui insiste l’odierna controricorrente;

– infine, non rilevando che la procura a resistere in giudizio potesse riferirsi ad una sola delle polizze, visto che comunque di almeno una di queste si è trattato nel giudizio di merito.

27. In conclusione, in parte inammissibili ed in parte infondati i primi due e gli ultimi due motivi, inammissibile il terzo ed infondati il quarto e il quinto, il ricorso non può che essere rigettato, con condanna del soccombente ricorrente al pagamento delle spese anche del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti e, quanto ai M., con la distrazione chiesta dal loro difensore.

28. Infine, poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono i presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1-quater (e mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore dei controricorrenti, liquidate:

– per M.M. e G. e per loro con attribuzione al loro difensore avv. Raffaele Scarinzi per dichiaratone anticipo, in Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge;

– per gli Assicuratori dei Lloyds che hanno assunto il rischio della polizza n. (OMISSIS), in Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020

 

 

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