Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26191 del 19/12/2016


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Cassazione civile, sez. I, 19/12/2016, (ud. 20/10/2016, dep.19/12/2016),  n. 26191

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9439-2012 proposto da:

NORD SUD S.R.L., (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

G.B. MARTINI 13, presso l’avvocato ANDREA DI PORTO, che la

rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio dott.

G.D. di ROMA – Rep. n. (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

M.A., J.U.R., R.F.;

– intimati –

Nonchè da:

J.U., (c.f. (OMISSIS)), anche in proprio, e

M.E., entrambi nella qualità di eredi di M.A. (C.F.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

268/A, presso l’avvocato DOMENICO GIUGNI, che le rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FRANCESCA GAMBATO CABERLOTTO, giusta

procura speciale per Notaio M.F. di ROMA – Rep. n.

(OMISSIS);

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

NORD SUD S.R.L., R.F.;

– intimati –

sul ricorso 26330-2012 proposto da:

J.U. (c.f. (OMISSIS)), anche in proprio, e M.E.,

entrambi nella qualità di eredi di M.A. (C.F. (OMISSIS)),

elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268/A, presso

l’avvocato DOMENICO GIUGNI, che le rappresenta e difende unitamente

all’avvocato FRANCESCA GAMBATO CABERLOTTO, giusta procura speciale

per Notaio M.F. di ROMA – Rep. n. (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

NORD SUD S.R.L. (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

G.B. MARTINI 13, presso l’avvocato ANDREA DI PORTO, che la

rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio dott.

G.D. di ROMA – Rep. n. (OMISSIS);

– controricorrente –

contro

R.F.;

– intimato –

avverso le sentenze n. 910/2011 e n. 4464/12 della CORTE D’APPELLO di

ROMA, depositate il 03/03/2011 e il 18/09/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/10/2016 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato IVAN INCARDONA, con delega avv.

DI PORTO, che si riporta;

uditi, per le controricorrenti e ricorrenti incidentali, gli Avvocati

GIUGNI DOMENICO e GAMBATO CABERLOTTO FRANCESCA che si riportano;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso: in via preliminare riunire le

cause n. 9439/12 e n. 26330/12, in subordine richiesta di

trattazione prima del ricorso n. 26330/12 e poi del n. 9439/12. Per

il n. 9439/12: inammissibilità del primo motivo, in subordine

rigetto; rigetto del motivo secondo e assorbito esame ricorso

incidentale condizionato. Per il n. 26330/12: accoglimento per

quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p. 1. – Il giudizio ha ad oggetto una controversia insorta a seguito della cessione, in data 21 luglio 1997, di un pacchetto azionario pari al 51% dell’intero capitale sociale di Slia S.p.A.. In particolare: 1) 1.795.020 azioni sono state cedute da Emefin S.r.l., società facente capo a M.A., a Ponteg S.r.l. contro il prezzo di 6.750.000.000 di Lire; 2) 499.980 azioni sono state cedute da M.A. e J.U.R. a Nord Sud S.r.l. contro il prezzo di 4.250.000.000 di Lire. Tali contratti sono stati stipulati in esito ad un preliminare dell'(OMISSIS), intercorso tra il M. e C.M., e sono stati seguiti da una scrittura privata denominata “di chiusura”, anch’essa sottoscritta il (OMISSIS) dai soggetti interessati alla vicenda, in cui la parte venditrice affermava che in base ai dati a quel momento disponibili “si prevede una chiusura in leggero utile dell’esercizio sociale della Slia al 30 giugno 1997”.- M.A. e J.U.R. hanno chiesto ed ottenuto decreto con cui il Tribunale di Roma ha ingiunto a Nord Sud S.r.l. il pagamento dell’importo di 4 miliardi di Lire quale saldo dovuto in forza della menzionata cessione.

Contro il decreto Nord Sud S.r.l. ha proposto opposizione, spiegando altresì domanda riconvenzionale, per il fatto che, lungi dal realizzare il “leggero utile”, previsto nella garanzia prestata dalla parte cedente, Slia S.p.A. aveva chiuso con perdite l’esercizio al 30 giugno 1997.

M. e J. hanno resistito. R.F., resosi a propria volta cessionario delle azioni da Nord Sud S.r.l., è intervenuto ad adiuvandum della società opponente.

p. 3. – Il Tribunale di Roma ha respinto l’opposizione e la riconvenzionale ed ha condannato opponente ed intervenuto alle spese.

p. 4. – Con sentenza del 3 marzo 2011 la Corte d’appello di Roma, adita da Nord Sud S.r.l., ha accolto parzialmente l’appello, revocando il decreto ingiuntivo, respingendo la domanda riconvenzionale della società opponente e dichiarando inammissibile la domanda di restituzione dell’importo pagato dall’appellante Nord Sud S.r.l. in esecuzione della sentenza impugnata.

La Corte territoriale ha per quanto rileva osservato:

-) che la clausola contenuta nella scrittura privata denominata “di chiusura” del (OMISSIS), secondo cui M. e J. “garantiscono inoltre che, in base ai dati sinora disponibili, si prevede una chiusura in leggero utile dell’esercizio sociale della Slia al 30 giugno 1997”, aveva un significato chiaro e non ambiguo, e, cioè, prevedeva una garanzia, avente ad oggetto la realizzazione del “leggero utile”, prestata all’acquirente; -) che il “leggero utile” non vi era stato ed anzi il consulente tecnico d’ufficio aveva accertato una perdita di esercizio determinata dall’iscrizione a bilancio della svalutazione di partecipazioni in società controllate e collegate, della svalutazione dei crediti verso controllate e collegate, di oneri straordinari, il tutto per oltre 15 miliardi di Lire; -) che l’obbligazione assunta dai cedenti di garanzia di un “leggero utile” risultava chiaramente inadempiuta rispetto alle poste prevedibili perchè riferite ai dati al momento disponibili, così da legittimare ai sensi dell’art. 1460 c.c. il rifiuto dell’acquirente di pagare il saldo prezzo; -) che la domanda riconvenzionale della società opponente volta ad ottenere la riduzione del prezzo delle azioni ai sensi dell’art. 1495 c.c. andava respinta poichè non si applicava la disciplina della vendita, e tenuto altresì conto che il prezzo era stato determinato in base alla libera contrattazione delle parti dopo l’espletamento di una due diligence, mentre l’impegno di garanzia sul “leggero utile” era un’obbligazione autonoma assunta dai venditori in nessun modo connessa al prezzo di acquisto delle azioni; -) che doveva essere parimenti respinta la domanda di risarcimento del danno, in breve perchè non provata; -) che doveva essere dichiarata inammissibile la domanda di restituzione avanzata dall’appellante Nord Sud S.r.l. in difetto di riscontro dei suoi elementi costitutivi primo tra tutti il pagamento della somma portata dal decreto ingiuntivo a controparte, che non ne aveva dato riscontro.

p. 5. – Contro la sentenza Nord Sud S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. M.A. e J.U.R. hanno resistito con controricorso contenente ricorso incidentale per sei motivi. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Deceduto il M. sono intervenuti quali suoi eredi la J. e M.E..

p.6. – Contro la medesima sentenza del 3 marzo 2011 della Corte d’appello di Roma, Nord Sud S.r.l. ha anche proposto impugnazione per revocazione, che, nel contraddittorio di M.A. e J.U.R., la stessa Corte d’appello, con sentenza del 18 settembre 2012, ha parzialmente accolto, condannando M. e J. a restituire a Nord Sud S.r.l. la somma di Euro 2.485.008,19, oltre interessi legali dal 7 maggio 2002. A fondamento della decisione ha osservato la Corte territoriale che la circostanza di fatto dell’avvenuta ottemperanza al decreto ingiuntivo da parte di Nord Sud S.r.l. era sempre stata non controversa, essendo stata dedotta da tale società in atto d’appello e non contestata nella comparsa di risposta, bensì ammessa dalla controparte nel foglio di precisazione delle conclusioni, sicchè ricorreva l’ipotesi prevista dall’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4.

p. 7. – Contro quest’ultima sentenza, resa in sede di revocazione, M.A. e J.U.R. hanno proposto ricorso per cassazione per quattro motivi. Nord Sud S.r.l. ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Deceduto il M. sono intervenuti quali suoi eredi la J. e M.E..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 8. I ricorsi per cassazione contro la decisione di appello e contro quella che decide l’impugnazione per revocazione avverso la prima vanno riuniti in caso di contemporanea pendenza in sede di legittimità nonostante si tratti di due gravami aventi ad oggetto distinti provvedimenti, atteso che la connessione esistente tra le due pronunce giustifica l’applicazione analogica dell’art. 335 c.p.c., potendo risultare determinante sul ricorso per cassazione contro la sentenza di appello l’esito di quello riguardante la sentenza di revocazione (da ult. Cass. 5 agosto 2016, n. 16435).E’ disposta perciò la riunione dell’impugnazione per cassazione proposta contro la sentenza resa in sede di appello e di quella spiegata contro la sentenza resa in sede di revocazione (R.G. 26330/2012).

p. 9. Nell’ipotesi di impugnazione per cassazione della sentenza di appello e di quella emessa nel successivo giudizio di revocazione il carattere pregiudiziale delle questioni concernenti la revocazione comporta che il loro esame abbia la precedenza su quello del ricorso contro la sentenza di appello (Cass. 5 agosto 2016, n. 16435; Cass. 17 marzo 2010, n. 6456; Cass. 20 marzo 2009, n. 6878; Cass. 3 marzo 1997, n. 1859; Cass. 14 novembre 1979, n. 5918; Cass. 5 aprile 1977, n. 1297).

10. – Il ricorso proposto da M.A. e J.U.R. contro la sentenza pronunciata dalla Corte d’appello di Roma in sede di revocazione il 18 settembre 2012 contiene quattro motivi.

p. 10.1. – Il primo motivo è svolto sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte d’appello applicato la norma e pronunciato la revocazione della sentenza impugnata sul solo accertamento dell’errore di fatto, senza valutarne la essenzialità e la decisività”. Si sostiene in breve nel motivo, che si protrae da pagina 27 a pagina 37 del ricorso, che la Corte d’appello avrebbe omesso di verificare se l’errore commesso nella sentenza impugnata, consistito nell’aver ritenuto non provato che Nord Sud S.r.l. avesse corrisposto l’importo portato dalla sentenza di primo grado, in esito al rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo introdotta dalla stessa Nord Sud S.r.l., presentasse i caratteri della essenzialità e della decisività, di modo che, in assenza dell’errore, la decisione della causa sarebbe stata diversa per necessità logico-giuridica ed avrebbe ineluttabilmente condotto alla condanna di M. e J. a restituire detta somma.

p. 10.2. – Il secondo motivo è svolto sotto la rubrica: “Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per non aver la Corte d’appello tenuto conto delle previsioni contrattuali concernenti il prezzo della partecipazione azionaria e dell’assetto delle garanzie quali convenute inter partes, nonchè della inesistenza di danno per la Nord Sud S.r.l. che fosse risarcibile in conseguenza della pretesa violazione di dette garanzie”. Gli argomenti svolti a sostegno del primo motivo vengono qui riguardati dall’angolo visuale del vizio motivazionale.

p. 10.3. – Il terzo motivo è svolto sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 645 e 653 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte d’appello ritenuto che, quando il decreto ingiuntivo opposto sia stato revocato e sia stata respinta la domanda monitoria, debba essere disposta la restituzione di quanto corrisposto in esecuzione di detto decreto, se non viene contestualmente accolta la pretesa creditoria e, quindi, disposta una condanna al pagamento”. La doglianza, anche in questo caso svolta nell’arco di 10 pagine, si fonda sul richiamo al consolidato indirizzo giurisprudenziale che ravvisa nell’opposizione a decreto ingiuntivo un giudizio di merito sulla domanda già fatta valere dal creditore in monitorio.

p. 10.4. – Il quarto motivo è svolto sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1460 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte d’appello ritenuto che l’accoglimento della relativa eccezione possa escludere in modo assoluto il diritto al corrispettivo”. Secondo i ricorrenti, in breve, l’applicazione dell’art. 1460 c.c. da parte della Corte d’appello di Roma, nella sentenza resa in sede di appello, non avrebbe affatto escluso il diritto al corrispettivo vantato da M. e J..

p. 11. – Il ricorso per cassazione di M.A. e J.U.R. contro la sentenza resa in sede di revocazione va respinto.

p. 11.1. – Il primo motivo è infondato.Si addebita alla Corte d’appello di aver attribuito rilievo all’errore di percezione contenuto nella sentenza ivi impugnata senza scrutinare se tale errore presentassecaratteri della essenzialità e della decisività, così incorrendo in violazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4, Doglianza, quella così prospettata, che i ricorrenti hanno erroneamente inquadrato nell’ambito di applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, trattandosi viceversa di ipotetico error in procedendo regolato dal n. 4 della stessa disposizione: ma tale errore non incide sull’ammissibilità della censura (Cass., Sez. Un., 24 luglio 2013, n. 17931).Orbene, non v’è dubbio che l’errore di fatto idoneo a legittimare la revocazione debba non soltanto essere la conseguenza di una falsa percezione di quanto emerge direttamente dagli atti, concretatasi in una svista materiale o in un errore di percezione, ma debba anche avere carattere decisivo, nel senso di costituire il motivo essenziale e determinante della pronuncia impugnata per revocazione (tra le tante Cass. 14 novembre 2014, n. 24334). E’ nondimeno altrettanto indubbio che, nel caso di specie, la Corte territoriale non si sia affatto discostata da detto principio, ma ne abbia fatto corretta applicazione, osservando che, a fronte dell’accoglimento dell’opposizione al decreto ingiuntivo proposta da Nord Sud S.r.l., della revoca dello stesso decreto ingiuntivo nonchè del rigetto della domanda spiegata in via monitoria, ed in presenza altresì del rigetto della pretesa creditoria degli appellati M. e J., sia pure per un importo minore di quello richiesto, la Corte d’appello, se dimostrata la dazione, avrebbe dovuto condannare gli appellati alla restituzione di quanto corrisposto in esecuzione del decreto ingiuntivo: ed infatti – prosegue la sentenza resa in sede di revocazione – la sentenza impugnata aveva escluso in modo assoluto il diritto al corrispettivo in favore di M. e J., rigettando in definitiva la loro domanda. Va da sè che la Corte d’appello, lungi dall’omettere la valutazione della decisività ed essenzialità dell’errore, così incorrendo in un error in procedendo, ha al contrario proceduto al debito scrutinio di detto profilo, pervenendo poi, in concreto, all’affermazione che, se la stessa Corte, nella sentenza impugnata per revocazione, si fosse avveduta del non controverso pagamento della somma portata dal decreto ingiuntivo opposto, a seguito della sua conferma da parte del giudice di primo grado, non avrebbe potuto fare altro che accogliere la domanda restitutoria formulata da Nord Sud S.r.l., poichè meramente consequenziale – questo l’evidente pensiero del giudice della revocazione – alla revoca del decreto ingiuntivo ed al totale rigetto della domanda avanzata da M. e J..

p. 11.2. – Il secondo motivo è inammissibile.

Si è appena visto che la Corte d’appello ha ritenuto la sussistenza di un errore di percezione consistito nel non riconoscere che Nord Sud S.r.l. aveva pagato a M. e J. la somma portata dal decreto ingiuntivo confermato all’esito della sentenza di primo grado, ed ha altresì ritenuto che, in assenza di tale errore, la Corte d’appello avrebbe senz’altro accolto la domanda di restituzione avanzata da Nord Sud S.r.l.. Nella sentenza impugnata si legge infatti, come si è già detto, che: “A fronte dell’accoglimento dell’opposizione al decreto ingiuntivo, della revoca del decreto ingiuntivo, il rigetto della domanda monitoria, in assenza dell’accoglimento della pretesa creditoria degli appellati, anche per un importo minore, la Corte di appello, se dimostrata la dazione, avrebbe dovuto condannare gli appellati alla restituzione di quanto corrisposto in esecuzione del decreto ingiuntivo”. Si tratta di motivazione che supera la soglia del “minimo costituzionale” (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053) ed è pertanto incensurabile in questa sede.

p. 11.3. – Il terzo motivo è infondato. Alla luce dell’art. 336 c.p.c., comma 2 la pubblicazione della sentenza di riforma priva di efficacia gli atti di esecuzione medio tempore compiuti, sia per effetto di esecuzione coattiva che spontanea. Sorge di qui il diritto di colui che abbia pagato in esecuzione della sentenza di primo grado (senza che occorra attendere il passaggio in giudicato della sentenza) alla ripetizione di quanto corrisposto (Cass., Sez. Un., 2 luglio 2004, n. 12190; Cass. 24 giugno 2004, n. 11729; Cass. 17 aprile 2004, n. 7353; Cass. 13 ottobre 1995, n. 10694), ripetizione distinta dalla condictio indebiti di cui all’art. 2033 c.c., in forza della quale occorre porre la controparte nella medesima situazione in cui si trovava in precedenza (Cass. 13 aprile 2007, n. 8829, secondo cui il giudice dovrebbe provvedere anche ex officio, mentre la giurisprudenza prevalente, ma questo contrasto qui non interessa, è nel senso che sia necessaria un’apposita domanda e conseguentemente una specifica pronuncia: Cass. 3 maggio 2016, n. 8639; Cass. 5 febbraio 2013, n. 2662). Ciò detto, l’indirizzo giurisprudenziale menzionato dai ricorrenti, il quale si riassume nel consolidato principio secondo cui l’opposizione a decreto ingiuntivo introduce un giudizio di merito in ordine alla fondatezza della domanda già spiegata dal creditore in via monitoria, non è richiamato a proposito, giacchè, nel caso di specie, la Corte d’appello, nella sentenza resa in sede di appello in data 3 marzo 2011, lungi dal limitarsi alla verifica della legittimità e validità del decreto ingiuntivo al momento della sua emissione, ha scrutinato il merito della pretesa creditoria fatta valere da M. e J., rigettando in toto la domanda proposta dagli originari ricorrenti in monitorio, M. e J., sulla considerazione – non si tratta qui di stabilire se esatta oppure no: la sentenza è oggetto del ricorso principale e incidentale che si esaminerà in seguito – che la condotta di questi ultimi, i quali non avevano adempiuto l’obbligazione di garanzia posta a loro carico dal contratto c.d. di chiusura, “legittima ai sensi dell’art. 1460 c.c. in base al principio inadimplenti non est adimplendum il rifiuto di pagare il saldo del prezzo delle azioni per il residuo di 4 miliardi di Lire e di cui al decreto ingiuntivo”.

E, dunque, per quanto interessa nello scrutinare la doglianza, del tutto correttamente la Corte d’appello, nella sentenza del 18 settembre 2012 pronunciata in sede di revocazione, ha preso atto dell’accertamento in precedenza compiuto accertamento evidentemente insindacabile in sede di revocazione -, traendone la conseguenza che il giudice di appello, una volta revocato il decreto ingiuntivo e rigettata la domanda di M. e J., avrebbe dovuto senz’altro procedere all’accoglimento della domanda restitutoria di Nord Sud S.r.l. sol che si fosse avveduto che essa aveva del tutto pacificamente corrisposto l’importo oggetto della condanna pronunciata con il decreto ingiuntivo e confermata la sentenza di primo grado.

p. 11.4. – Il quarto motivo è inammissibile, giacchè è volto a rimettere in discussione l’inequivocabile giudizio effettuato dalla Corte d’appello in sede d’appello nell’affermare – non è questa la sede, è opportuno ripetere, per stabilire se correttamente oppure no – che l’inadempimento dell’obbligazione di garanzia gravante su M. e J. con riguardo al “leggero utile” avesse fatto venir meno, per di più integralmente, l’obbligazione di Nord Sud S.r.l. di pagare il corrispettivo delle azioni che essa aveva acquistato e – sia detto per inciso – aveva ceduto ad un terzo, il Rando, come risulta dagli atti, per il medesimo prezzo di acquisto. Il punto è, in altri termini, che l’impugnazione per revocazione aveva devoluto alla Corte d’appello il solo esame della questione se, revocato il decreto ingiuntivo e rigettata la domanda di M. e J., la Corte d’appello, in sede di appello, fosse incorsa in un errore revocatorio, cioè in un travisamento delle risultanze di causa ravvisabile ictu oculi, per aver negato contro l’evidenza che Nord Sud S.r.l. avesse corrisposto a M. e J. la somma di cui al decreto ingiuntivo confermato in primo grado. Tale indagine la Corte d’appello ha compiuto, mentre i ricorrenti le addebitano di non aver esteso la propria disamina ad un aspetto -quella della corretta applicazione del principio inadimplenti inadimplendum – che era estraneo all’ambito dell’impugnazione proposta: di qui l’inammissibilità del motivo.

12. Respinto il ricorso per cassazione contro la sentenza pronunciata in sede di revocazione, occorre procedere all’esame del ricorso principale di Nord Sud S.r.l. proposto contro la sentenza pronunciata dalla Corte di appello di Roma in sede di appello il 3 marzo 2011.

Tale ricorso contiene due motivi.

p. 12.1. – Il primo motivo è svolto da Nord Sud S.r.l. sotto la rubrica: “Omessa ed insufficiente motivazione della sentenza (ex art. 360 c.p.c., n. 5) con riferimento alla declaratoria di inammissibilità della domanda di restituzione in quanto già avversata da Nord Sud ai signori M. e J.”.

Si sostiene in breve nel motivo che la Corte d’appello, nell’accogliere l’impugnazione e nel revocare il decreto ingiuntivo, aveva dichiarato inammissibile la domanda di restituzione avanzata dall’appellante nonostante il pagamento della somma portata dal decreto ingiuntivo, in esito alla pronuncia della sentenza di primo grado, fosse del tutto pacifica tra le parti e desumibile dagli atti di causa, sicchè la sentenza impugnata era sul punto carente sul piano motivazionale.

p. 12.2. – Il secondo motivo è svolto da Nord Sud S.r.l. sotto la rubrica: “Violazione dell’art. 1218 c.c. e ss, nonchè dell’art. 1123 c.c. ex art. 360 c.p.c., n. 3 (violazione di norme di diritto) con riguardo al rigetto della domanda di riduzione del prezzo e di risarcimento del danno”. Si osserva nel motivo che, essendo indubbia la violazione della garanzia riconosciuta dalla stessa Corte territoriale, tale violazione non poteva che avere come conseguenza il diritto del soggetto danneggiato al risarcimento del danno, trattandosi in ogni caso di un inadempimento.

p. 13. – Il ricorso incidentale di M. e J. contro la sentenza d’appello contiene sei motivi.

p. 13.1. – Il primo motivo è svolto sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere ritenuto che la dichiarazione di cui all’art. 5 del cosiddetto contratto di chiusura costituisse un’obbligazione di garanzia in capo ai venditori”. Si sostiene in breve che la Corte d’appello, incorrendo in violazione dei criteri legali di interpretazione contrattuale, si sarebbe basata su una mera asserita perentorietà del dato letterale, tralasciando di considerare il complesso degli aspetti della vicenda contrattuale, ed in particolare l’espletamento della due diligence, considerata nel complesso della pattuizione, il che induceva a ritenere che la clausola in discorso non avesse ad oggetto la prestazione di una garanzia, quanto, piuttosto, la ricognizione del comune percorso valutativo compiuto dalle parti in sede di trattative.

p. 13.2. – Il secondo motivo è svolto sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 1490, 1492, 1495 e 1497 c.c., per avere ritenuto la garanzia prestata come non attinente alle qualità della cosa venduta e conseguentemente escluso l’applicabilità dei termini decadenziali e prescrizionali”.

La doglianza, spiegata in via subordinata è volta a censurare la decisione impugnata per avere violato la regula iuris che qualifica le garanzie prestate nell’ambito operazioni di cessione di partecipazioni sociali, ove inerenti a profili quantitativi e/o qualitativi del patrimonio sociale non come autonomi, ma sempre e comunque come accessorie all’impegno traslativo.

p. 13.3. – Il terzo motivo è svolto sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 1218 c.c., per avere ritenuto che l’inadempimento alla garanzia di cui all’art. 5 del contratto di chiusura possa identificarsi con la perdita prevedibile e rilevabile dall’analisi del bilancio della Slia S.p.A. al 30 giugno 1996”.Si sottolinea che gli originari contraenti, qui indicati nelle persone fisiche del M. e del C., oltre ad allegare al preliminare dell’11 giugno 1997 un prospetto sintetico riportante la situazione patrimoniale di Slia S.p.A., si erano impegnati ad effettuare una verifica accurata di essa, verifica poi effettivamente svolta, come risultante dal c.d. contratto di chiusura del (OMISSIS), con piena soddisfazione delle parti, di guisa che la Corte d’appello, nell’addebitare un inadempimento a M. e J., aveva violato o falsamente applicato l’art. 1218 c.c., non potendo configurarsi inadempimento nel caso in cui le parti abbiano valutato congiuntamente tutti gli aspetti della vicenda contrattuale escludendone l’incidenza negativa sul regolamento negoziale, tanto più che la scelta tecnica che aveva portato all’emersione, nel conto economico del 30 giugno 1997, delle perdite poste a giustificazione del constatato inadempimento era stata preordinata al conseguimento di un vantaggio fiscale ascrivibile alla stessa Nord Sud S.r.l..

p. 13.4 – Il quarto motivo è svolto sotto la rubrica: “Vizio d’insufficiente e/o contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per avere configurato l’inadempimento a carico dei cedenti su presupposti insufficientemente e/o contraddittoriamente motivati”. La doglianza è volta a censurare dal versante motivazionale la valutazione compiuta dalla Corte d’appello in ordine alla sussistenza di un inadempimento addebitabile ai ricorrenti incidentali M. e J..

p. 13.5. – Il quinto motivo è svolto sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè degli artt. 183 e 345 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per aver fatto applicazione dell’art. 1460 c.c., in difetto della proposizione della relativa eccezione e delle relative allegazioni di fatto da parte della Nord Sud”. Lamentano i ricorrenti incidentali, in breve, che la Corte d’appello avrebbe accolto un’eccezione di inadempimento che neppure era stata formulata.

p. 10.6. – Il sesto motivo è svolto sotto la rubrica: “Violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3. In buona sostanza si sostiene che l’eccezione di inadempimento, nei termini accolti dalla Corte d’appello, sarebbe stata in ogni caso da giudicare contraria a buona fede.

p. 14. – Vanno per ragioni di priorità logica esaminati il primo, terzo e quarto motivo di ricorso incidentale spiegato da M.A. e J.U.R. avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma del 3 marzo 2011.

p. 14.1. – Il primo motivo è fondato.

La motivazione addotta dalla Corte territoriale nella parte concernente l’interpretazione del c.d. contratto di chiusura del (OMISSIS) si risolve nel passaggio che segue: “A fronte del chiaro tenore della clausola in oggetto, in cui non si ravvisano elementi di ambiguità o pluralità di significati tali da ingenerare dubbi e in cui l’oggetto della garanzia prestata all’acquirente di quota parte del patrimonio azionario di Slia è dunque da ritenersi “il leggero utile” dell’esercizio sociale della stessa al 30 giugno 97 “in base ai dati sinora disponibili”, inconferente appare la difesa degli appellati laddove esclude di avere mai voluto concedere una specifica garanzia nei termini di cui alla lettera del negozio ricognitivo (OMISSIS), assumendo la genericità e indeterminatezza della relativa dichiarazione che, del resto, non è stata impugnata sotto il profilo di un vizio della volontà nella formazione del consenso rispetto al suo contenuto e risulta pertanto pienamente valida ed efficace tra le parti”.Si tratta di una motivazione la quale pare attingere esclusivamente al principio in claris non fit interpretatio, che, però non costituisce certo usbergo dato al giudice per omettere di valutare il testo contrattuale di una singola clausola non solo nel contesto del complessivo dato letterale, ma anche alla luce dell’intenzione dei contraenti da tale complessivo dato letterale desumibile, ai sensi della regola generale stabilita dall’art. 1362 c.c., anche in ossequio alla regola, posta dal successivo art. 1363 c.c., secondo cui le clausole si interpretano le une per mezzo delle altre. Difatti, come questa Corte ha avuto modo di ribadire anche di recente: “In tema di interpretazione del contratto, il principio in claris non fit interpretatio rende superfluo qualsiasi approfondimento interpretativo del testo contrattuale quando la comune intenzione dei contraenti sia chiara, non essendo a tal fine però sufficiente la chiarezza lessicale in sè e per sè considerata, sicchè detto principio non trova applicazione nel caso in cui il testo negoziale sia chiaro, ma non coerente con ulteriori ed esterni indici rivelatori della volontà dei contraenti” (Cass. 9 dicembre 2014, n. 25840).Va da sè che, nel caso di specie, il richiamo all’autoevidenza del dato letterale si risolve in una violazione delle regole di ermeneutica contrattuale, e conseguentemente in una motivazione meramente apparente del significato della clausola, avuto riguardo alle circostanze che seguono, desumibili dalla stessa sentenza impugnata: -) l’intero contesto letterale della clausola medesima, nella quale si afferma che M.A. e J.U.R. garantiscono che “i cespiti, i beni, i debiti e di crediti, costituenti nel loro complesso l’assicuratore patrimoniale della Slia, sono quelli sinteticamente indicati nel prospetto che si allega. Emefin, M.A. e J.U. garantiscono inoltre che, in base ai dati sinora disponibili, si prevede una chiusura in leggero utile dell’esercizio sociale della Slia al 30 giugno 1997”; la clausola invocata da Nord Sud S.r.l., cioè, si inserisce in un più ampio contesto nel quale si dà atto del rinvio ad un prospetto allegato al contratto e contenente una complessiva ricognizione della situazione di Slia S.p.A.;

-) l’espletamento di una due diligence nell’arco temporale tra il contratto preliminare ed il definitivo, volta alla verifica della situazione della società svolta a partire dall’appena menzionato “prospetto che si allega”, ossia del medesimo allegato al già ricordato preliminare, due diligence effettuata nel contraddittorio delle parti, come d’altronde riconosciuto altrove dalla stessa Corte d’appello nella sentenza impugnata, giacchè l’art. 4 del c.d. contratto di chiusura del (OMISSIS) dà atto che “i rispettivi professionisti hanno proceduto alla verifica delle situazioni espresse in modo sintetico e sommario nell’allegata situazione patrimoniale, sulla scorta del bilancio chiuso al 30 giugno 1996 e della documentazione relativa all’esercizio successivo che M.A. e J.U.R. garantiscono essere vere e reali”;

-) la circostanza che la clausola facesse riferimento ad un parametro senz’altro generico, quale quello del non meglio precisato “leggero utile”.Ne discende che la Corte d’appello, al fine di attribuire un plausibile significato alla clausola in discorso, lungi dal predicare una chiarezza del dato letterale atomisticamente considerato, avrebbe dovuto cimentarsi con il complesso delle controindicazioni le quali agevolmente si traggono, sul piano logico, dagli ulteriori elementi sopra menzionati, elementi che non rendono facilmente comprensibile come un’obbligazione di garanzia, considerata in senso tecnico, potesse atteggiarsi in modo così generico ed essere calata in una situazione in cui l’acquirente del pacchetto azionario, Nord Sud S.r.l., aveva piena contezza della situazione della società, ed aveva dunque modo di avvedersi se, alla luce dei dati disponibili, fosse pronosticabile o meno il raggiungimento di un utile a così breve distanza temporale dalla pattuizione stipulata.

p. 14.3. – Il terzo e quarto motivo, che per il loro evidente collegamento possono essere simultaneamente esaminati, sono parimenti fondati.

La Corte d’appello ha in buona sostanza ritenuto che, una volta riconosciuta l’obbligazione di garanzia del “leggero utile”, l’inadempimento di essa potesse essere desunto dalla circostanza che dal bilancio del 1997 fossero risultate perdite per circa 15 miliardi di Lire derivanti dalla appostazione di fattori preesistenti alla stipulazione del contratto, sia del preliminare che del definitivo. Ma, se le parti avevano sottoposto Slia S.p.A. a due diligence, sicchè Nord Sud S.r.l. aveva avuto modo di verificare la correttezza delle precedenti appostazioni, tant’è che aveva infine acquistato in conformità al preliminare inizialmente stipulato (e, come si è già incidentalmente ricordato, aveva poi ceduto le azioni ad un terzo allo stesso prezzo), non è dato comprendere, nè sul piano dell’applicazione della disciplina legale dell’inadempimento, fissata dall’art. 1218 c.c., nè sul piano motivazionale, come il mancato raggiungimento di un “leggero utile” previsto nella clausola in discorso potesse essere rapportato non già a fatti sopravvenuti alla stipulazione del preliminare (o al più a fatti precedenti ma ignoti), bensì a circostanze – la non corretta appostazione in un periodo pregresso – ad essa precedenti e fatte oggetto di scrutino per mezzo della due diligence. Ciò è tanto più vero ove si consideri che la stessa Corte d’appello ha ritenuto che l’acquirente Nord Sud S.r.l. non solo fosse pienamente consapevole della appostazione effettuata nel bilancio del 1997, ma l’avesse essa stessa addirittura patrocinata, “per conseguire un vantaggio fiscale” (pagina 8 della sentenza impugnata), pervenendo nondimeno all’affermazione che tale circostanza, avvalorata dal testimoniale raccolto in primo grado, non fosse – per ragioni che alla lettura della sentenza impugnata non appaiono esplicitati o comunque comprensibili – “però concludente ai fini della prova del fondamento dell’eccezione”. Di guisa che, in definitiva, l’inadempimento è stato riconosciuto per essere stato redatto il bilancio del 1997 secondo le indicazioni che proprio la stessa Nord Sud S.r.l. aveva impartito.

p. 15. – Il secondo, quinto e sesto motivo del ricorso incidentale spiegato da M.A. e J.U.R. sono assorbiti.

p. 16. – Dovendosi cassare la sentenza impugnata in relazione ai tre motivi precedentemente raccolti, rimangono assorbiti anche i due motivi del ricorso principale di Nord Sud S.r.l..

Ed infatti: -) quanto al primo, la cassazione imporrà al giudice di merito di verificare nuovamente se la pretesa creditoria fatta inizialmente valere da M.A. e J.U.R. nei confronti di Nord Sud S.r.l. sia fondata oppure no, e se sia conseguentemente fondata la pretesa restitutoria di Nord Sud S.r.l.; -) quanto al secondo, esso muove dalla premessa che sia indubbia la violazione della garanzia riconosciuta dalla stessa Corte territoriale, premessa che è invece rimessa in discussione dall’accoglimento dei motivi di cui si è detto.

p. 17. – La sentenza resa in sede di appello è cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Roma che si atterrà ai principi dianzi esposti.

p. 18. – Vale precisare che la cassazione di detta sentenza travolge altresì gli effetti di quella pronunciata in sede di revocazione, sia pur limitatamente al giudizio rescissorio, fermo quello rescindente correttamente compiuto dalla Corte di merito secondo quanto in precedenza visto: rimane fermo in altri termini che la Corte d’appello ha errato nell’affermare che il pagamento da parte du Nord Sud S.r.l. non era comprovato, ma viene travolto l’effetto sostitutivo derivante dalla pronuncia rescissoria della Corte d’appello in sede di revocazione, per effetto della condanna di M. e J. a restituire a Nord Sud S.r.l. la somma di Euro 2.485.008,19.

Ed infatti l’oggetto della domanda di revocazione risulta venuto meno, in ragione della disposta cassazione (v. Cass. 3 aprile 2015, n. 6885, in motivazione) in accoglimento del primo, terzo e quarto motivo del ricorso incidentale proposto da M.A. e J.U.R. esaminati ai p.p. 14.1. e 14.2.. E per conseguenza – è opportuno sottolineare, così da escludere che dal rigetto del ricorso contro la sentenza resa in sede di revocazione possa farsi discendere il passaggio in giudicato della sentenza del 18 settembre 2012 con cui M. e J. sono stati condannati a restituire a Nord Sud S.r.l. la somma di Euro 2.485.008,19, oltre interessi legali dal 7 maggio 2002 – l’effetto della cassazione, in applicazione dell’art. 336 c.p.c., comma 2 si estende, nei limiti indicati, agli effetti della pronuncia resa in sede di revocazione.

PQM

riuniti i ricorsi, rigetta quello proposto contro la sentenza pronunciata in sede di revocazione; accoglie il primo, terzo e quarto motivo del ricorso incidentale di M. e J. contro la sentenza pronunciata in sede di appello, assorbiti i motivi di ricorso principale e gli altri del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese di entrambi i giudizi alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2016

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