Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26190 del 17/11/2020

Cassazione civile sez. III, 17/11/2020, (ud. 07/10/2020, dep. 17/11/2020), n.26190

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCODITTI ENRICO – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7999-2018 proposto da:

F.C., G.E., G.N., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA VINCENZO BELLINI, 10, presso lo studio

dell’avvocato ANTONELLA CARUSO, rappresentati e difesi dall’avvocato

MASSIMILIANO CARNOVALE;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 129/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 31/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/10/2020 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione notificata in data 11 aprile 2005 F.C., G.N. e G.E. convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Catanzaro il Ministero della Salute chiedendo il risarcimento del danno. Esposero che il congiunto G.A. aveva contratto a seguito di una trasfusione di sangue subita nel (OMISSIS), durante un intervento di splenectomia, il virus HBV e l’epatite B e che era deceduto il giorno (OMISSIS). Il Tribunale adito rigettò la domanda per intervenuta prescrizione. Avverso detta sentenza proposero appello gli originari attori. Con sentenza di data 31 gennaio 2017 la Corte d’appello di Catanzaro rigettò l’appello.

Osservò la corte territoriale, per quanto concerneva il danno patito da G.A., che nel (OMISSIS), epoca in cui al G. era stata riscontrata la positività al virus HBsAG, era nota alla comunità scientifica ed alla collettività sia la trasmissibilità del detto virus attraverso emotrasfusioni che la responsabilità del Ministero della Salute per la contrazione dell’infezione, tant’è che nel 1992 era stata emanata la L. n. 210, e che dall’emanazione di quest’ultima legge poteva ritenersi noto alla generalità dei cittadini il rischio da contagio per via di emotrasfusioni e la sua imputabilità al Ministero della salute, sicchè il diritto al risarcimento si era prescritto essendo decorso, quanto meno a partire dall’entrata in vigore della L. n. 210, il termine quinquennale. Aggiunse che, quanto ai danni conseguenti alla morte del G., la questione della prescrizione (decennale) risultava assorbita dalle conclusioni della CTU M., che aveva reputato il contagio da virus HBV ininfluente sull’evoluzione clinica della malattia ò epatica e sulle cause della morte (la CTU aveva altresì precisato che “nella fibrosi epatica congenita il passaggio del fegato dallo stato fibrotico a quello cirrotico rientra nella normale evoluzione clinica della patologia”) e che tali conclusioni potevano essere recepite dalla corte, nè apparivano superate dalle contestazioni sollevate dagli appellanti.

Hanno proposto ricorso per cassazione F.C., G.N. e G.E. sulla base di tre motivi e resiste con controricorso la parte intimata. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.. E’ stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116,61 e 62 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Osservano i ricorrenti che la CTU contiene degli errori, in quanto l’insorgenza della cirrosi epatica non rientra nella normale evoluzione clinica della patologia.

Aggiunge che qualora al primo evento lesivo segua la produzione di ulteriori conseguenze pregiudizievoli la prescrizione decorre da queste ultime ed in particolare, nel caso di specie, dalla morte.

Con il secondo motivo si denuncia omessa motivazione circa un fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osservano i ricorrenti che vi è omessa valutazione dell’incidenza della contrazione del virus HBV con riferimento all’aggravamento della patologia di cui il G. era affetto.

Con il terzo motivo si denuncia motivazione inesistente e difetto assoluto di motivazione circa un fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osservano i ricorrenti che anche prima dell’entrata in vigore della L. n. 107 del 1990, avente ad oggetto la disciplina delle attività trasfusionali, sussisteva l’obbligo di controllo e vigilanza da parte del Ministero della Salute e che la prova del nesso causale risulta raggiunta in sede di accertamento della commissione medico-ospedaliera a seguito della domanda per l’indennizzo ex lege.

I motivi, da valutare unitariamente stante il vincolo di connessione, sono inammissibili. La sentenza impugnata contiene due statuizioni, l’una relativa al danno iure hereditatis, l’altra relativa al danno iure proprio. Quanto al danno iure hereditatis risulta rilevata la prescrizione quinquennale, assumendo come termine di decorrenza l’entrata in vigore della L. n. 210 del 1992. Quanto al danno iure proprio si esclude la ricorrenza del nesso causale fra la patologia contratta con l’emotrasfusione e l’evento della morte. La prima statuizione viene impugnata assumendo come termine di decorrenza la morte (pag. 54 del ricorso). La riconducibilità di tale evento all’emotrasfusione risulta tuttavia esclusa dalla seconda statuizione. Quest’ultima è stata a sua volta sì impugnata ma in modo inammissibile.

La censura relativa al danno iure proprio ha per oggetto l’esistenza del nesso di causalità.

L’accertamento dell’esistenza del nesso eziologico spetta al giudice di merito in quanto giudizio di fatto (cfr. Cass. 14358 del 2018), mentre compete a questa Corte, salvo il sindacato in ordine alla denuncia di vizio motivazionale, il controllo se nello svolgimento del giudizio di fatto il giudice di merito abbia rispettato le connotazioni normative del rapporto causale fra condotta e danno (cfr. Cass. n. 21772 del 2019). I ricorrenti non si dolgono del mancato rispetto delle coordinate normative del nesso eziologico ma del mancato riconoscimento dell’esistenza di tale nesso. In tali limiti la censura corrisponde ad un’istanza di rivalutazione del giudizio di merito, inammissibile nella presente sede di legittimità. L’inammissibilità della censura relativa al nesso di causalità rende priva di decisività la censura sull’epoca di decorrenza della prescrizione del danno iure hereditatis, proposta come si è detto assumendo come termine di decorrenza la morte e presupponendo quindi l’esistenza del nesso di causalità.

In questo quadro infine privo di rilevanza è il richiamo all’esistenza di doveri in capo al Ministero della Salute in epoca antecedente al 1990, che peraltro costituisce questione non oggetto di accertamento da parte del giudice di merito e dunque di per sè inammissibile.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100,00 per compensi, oltre le spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020

 

 

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