Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26189 del 16/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 16/10/2019, (ud. 07/05/2019, dep. 16/10/2019), n.26189

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28783-2016 proposto da:

COMUNE TORTONA, persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA CORSO VITTORIO EMANUELE II 18; presso lo studio

dell’avvocato PECORILLA GIUSEPPE, rappresentato e difeso

dall’avvocato CHIARELLO ANTONIO;

– ricorrente –

contro

ATC PROVINCIA DI ALESSANDRIA;

– intimata –

nonchè da:

ATC PROVINCIA DI ALESSANDRIA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA

DI VILLA SACCHETTI N. 9, presso lo studio dell’avvocato MARINI

GIUSEPPE, rappresentata e difesa dall’avvocato POLIAROLO ERNESTINA;

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 600/2016 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 05/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

del:05/2D19 dal Consigliere Dott. D’OVIDIO PAOLA.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con ricorso proposto dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Alessandria la A.T.C. – Agenzia Territoriale per la Casa della Provincia di Alessandria impugnava il provvedimento del 7/11/2011, prot. n. 26877, con il quale il Comune di Tortona aveva rigettato l’istanza di rimborso dell’ICI, asseritamente versata in eccesso dalla contribuente negli anni 2006 e 2007, relativa alle unità immobiliari di sua proprietà.

La ricorrente lamentava la mancata applicazione da parte del Comune dell’aliquota agevolata prevista dall’Ente locale per le abitazioni principali, assumendo di averne diritto ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, commi 3 e 4. Inoltre, sosteneva l’efficacia del giudicato esterno formatosi sulla medesima questione per l’anno 2005.

Il Comune di Tortona resisteva evidenziando che, ai sensi dell’art. 8, commi 3 e 4, era applicabile agli enti per l’edilizia residenziale pubblica la riduzione d’imposta o, in alternativa, la detrazione d’imposta che il Comune aveva la facoltà di operare, ai sensi del del medesimo articolo, comma 2, per le unità immobiliari adibite ad abitazione principale: in applicazione di tale norma il Comune di Tortona aveva riconosciuto anche agli immobili dell’A.T.C. la detrazione d’imposta prevista, per gli anni 2006 e 2007, rispettivamente con Delibera 27 marzo 2006, n. 20 del e con Delibera 26 febbraio 2007, n. 7.

Ciò che invece il Comune non aveva applicato agli enti per l’edilizia residenziale pubblica (nella specie alla ATC di Alessandria) era l’aliquota agevolata prevista per le abitazioni principali delle sole persone fisiche, in luogo di quella ordinaria, essendo ciò escluso dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 6, comma 4, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 437 del 1996, art. 4, comma 1.

2. Con sentenza n. 47/5/2014 la C.T.P. di Alessandria accoglieva il ricorso, riconoscendo il diritto della contribuente al rimborso ICI per gli anni 2006 e 2007 in forza dell’efficacia espansiva al giudicato formatosi sulla questione per l’anno d’imposta 2005.

3. Avverso tale sentenza interponeva appello il Comune di Tortona censurando la pronuncia della C.T.P. per aver ritenuto rilevante, ai fini della decisione, il giudicato formatosi per l’anno d’imposta 2005 e ribadendo, nel merito, le difese già svolte in primo grado.

Si costituiva ritualmente l’ATC riproponendo a sua volte le difese svolte in primo grado.

4. Con sentenza n. 600/1/2016, depositata il 5.5.2016 e non notificata, la Commissione tributaria regionale di Torino accoglieva parzialmente l’appello, dichiarando applicabile, ai fini del rimborso richiesto, il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8: in particolare tale sentenza, da un lato, riformava la decisione di primo grado per aver ritenuto preclusivo il giudicato esterno invocato dalla ricorrente, in quanto quest’ultima, ad avviso della C.T.R., non aveva dimostrato che tale giudicato era specificamente riferito ad una situazione di fatto e di diritto identica a quella controversa, dall’altro lato, tuttavia, riteneva sussistente il diritto alla riduzione dell’aliquota d’imposta ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 4.

5. Avverso tale sentenza il Comune di Tortona propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. La contribuente resiste con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale condizionato fondato su un unico motivo.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con l’unico motivo di ricorso viene dedotta la “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8, in combinato disposto con il D.L. n. 437 del 1996, art. 4, comma 1, conv. in L. n. 556 del 1996, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Il Comune ricorrente censura la sentenza impugnata per aver erroneamente ritenuto di accogliere l’istanza dell’ATC di Alessandria di riduzione dell’aliquota secondo il disposto del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 4, sebbene tale disposizione non prevedesse affatto per detti enti l’applicazione dell’aliquota agevolata, bensì solo l’applicazione della riduzione d’imposta, ovvero, in alternativa, della detrazione d’imposta, a seconda della scelta di volta in volta effettuata dal Comune.

1.1. Il motivo è fondato.

Al fine di una corretta applicazione delle norme richiamate è opportuno ripercorrere la disciplina che regola la materia.

Nel testo introdotto dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 8, comma 2, applicabile ratione temporis, prevede che “dalla imposta dovuta per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, intendendosi per tale, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica, si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, Lire 200.000 (Euro 103,29) rapportate al periodo dell’anno durante il quale si protrae tale destinazione … “.

Il comma 3 del medesimo articolo stabilisce, inoltre, che “a decorrere dall’anno di imposta 1997, con la deliberazione di cui all’art. 6, comma 1, l’imposta dovuta per l’unità immobiliare adibita ad abita.zione principale del soggetto passivo può essere ridotta fino al 50 per cento; in alternativa, l’importo di Lire 200.000, di cui al presente articolo, comma 2, può essere elevato, fino a Lire 500.000, nel rispetto dell’equilibrio di bilancio. La predetta facoltà può essere esercitata anche limitatamente alle categorie di soggetti in situazioni di particolare disagio economico-sociale individuate con deliberazione del competente organo comunale”.

Infine, il successivo comma 4 chiarisce che “le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche alle unità immobiliari, appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonchè agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari”.

Ai sensi del chiaro disposto di quest’ultimo comma, dunque, gli immobili degli IACP, sino al 3/12/2007, potevano beneficiare delle detrazioni o riduzioni di imposta previste nei commi precedenti del medesimo articolo, come del resto già chiarito da questa Corte (Cass. SU, 26/11/2008, n. 28160, Rv. 605542 – 01).

Nel caso in esame, tuttavia, la detrazione d’imposta (di cui al cit. art. 8, comma 2), deliberata dal Comune per gli anni 2006 e 2007, è stata effettivamente applicata alla ATC della Provincia di Alessandria, come dichiarato dal Comune di Tortona sin dal primo grado di giudizio e non contestato dallo stesso ATC.

La pretesa dell’Agenzia odierna controricorrente, infatti, non riguarda le detrazioni o riduzioni previste dall’art. 8 cit., bensì l’applicazione dell’aliquota ridotta (in luogo di quella ordinaria) corrispondente all’abitazione principale.

La determinazione dell’aliquota, tuttavia, non è disciplinata dall’art. 8 di cui si discorre, bensì dal medesimo D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 6 (nel testo modificato dalla L. n. 662 del 1996, applicabile ratione temporis), il cui comma 1 prevede che “l’aliquota è stabilita dal comune, con deliberazione da adottare entro il 31 ottobre di ogni anno, con effetto per l’anno successivo. Se la delibera non è adottata entro tale termine, si applica l’aliquota del 4 per mille, ferma restando la disposizione di cui al D.L. 2 marzo 1989, n. 66, art. 2, convertito, con modficazioni, dalla L. 24 aprile 1989, n. 144, e successive modificazioni”.

Il medesimo art. 6, comma 4 (applicabile ratione temporis, in quanto abrogato con D.L. n. 93 del 2008, conv. con modif. dalla L. 24 luglio 2008, n. 126, solo a decorrere dal 29/5/2008) precisa che “restano ferme le disposizioni del D.L. 8 agosto 1996, n. 437, art. 4, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 ottobre 1996, n. 556”.

Quest’ultima disposizione, a sua volta, prevede la possibilità di determinare una aliquota ridotta per le abitazioni principali, statuendo che “ai fini dell’imposta comunale sugli immobili, i comuni possono deliberare, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 6, una aliquota ridotta, comunque non inferiore al 4 per mille, in favore delle persone fisiche soggetti passivi e dei soci di cooperative edilizie a proprietà indivisa, residenti nel comune, per l’unità immobiliare direttamente adibita ad abitazione principale, a condizione che il gettito complessivo previsto sia almeno pari all’ultimo gettito annuale realizzato”.

Dal combinato disposto di tali norme – nella formulazione applicabile ai periodi d’imposta antecedenti all’innovazione legislativa introdotta con D.L. n. 93 del 2008, conv. con modif. dalla L. n. 126 del 2008 (che ha escluso dall’imposta gli immobili IACP con decorrenza dall’1/1/2008) – emerge dunque che, mentre le riduzioni e le detrazioni previste dal D.Lgs., art. 8, possono essere applicate, per esplicita disposizione del comma 4 del medesimo articolo, agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari, viceversa tali alloggi non possono beneficiare dell’aliquota ridotta per gli immobili destinati ad abitazione principale, prevista dal D.L. n. 437 del 1996, art. 4, comma 1, conv., con modif., dalla L. n. 556/1996, atteso che tale ultima norma espressamente circoscrive l’ambito di applicazione del beneficio alle sole persone fisiche e ai soci di cooperative edilizie a proprietà indivisa, escludendo pertanto gli istituti autonomi per le case popolari, qual è l’ATC.

La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione di tali principi, erroneamente ritenendo di dover accogliere l’istanza di riduzione della aliquota secondo il disposto del D.Lgs. n. 504 del 1996, art. 8, comma 4.

Nel caso in esame, infatti, l’istanza di rimborso riguardava l’aliquota agevolata per abitazione principale, che si assumeva dovuta in luogo dell’aliquota ordinaria (come ribadito dalla contribuente anche nel controricorso), e non la riduzione o detrazione d’imposta previste dal citato art. 8: la C.T.R. ha sovrapposto e confuso le due ipotesi, affermando di ritenere “sussistente il diritto alla riduzione della aliquota d’imposta” in applicazione del principio affermato da Cass. n. 28160 del 2008, che tuttavia riconosce agli immobili degli IACP il diverso beneficio “della riduzione d’imposta prevista dall’art. 8, comma 4,” del decreto citato: quest’ultima disposizione, per quanto sopra evidenziato, è infatti riferita solo alla detrazione/riduzione d’imposta e non già all’aliquota agevolata.

Ne deriva che la CTR ha errato nel ritenere che il regime del D.Lgs. n. 504 del 1996, art. 8, comma 4, attribuisse all’ATC il diritto di ottenere l’aliquota ridotta per l’abitazione principale, atteso che tale norma prevede unicamente un beneficio (riduzione d’imposta e non di aliquota) effettivamente nella specie già riconosciuto dal Comune; per contro, l’applicazione all’ATC dell’aliquota agevolata per abitazione principale è preclusa dalla legge, che prevede come beneficiari di tale agevolazione soltanto le persone fisiche.

2. Passando all’esame del ricorso incidentale, con l’unico motivo articolato si deduce la “viola.zione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Deduce la ricorrente in via incidentale che la C.T.R. avrebbe errato nel riformare la sentenza di primo grado, che aveva accolto il ricorso dell’ATC avverso il diniego di rimborso in forza del giudicato esterno costituito da una precedente pronuncia della C.T.R. di Torino (n. 40/22/08), intercorsa tra le medesime parti ed avente ad oggetto identica questione riferita ad anni pregressi (2003-2004), la quale aveva affermato il diritto dell’ATC di applicare l’aliquota agevolata ICI sugli immobili di proprietà regolarmente assegnati.

In particolare, l’ATC si duole che la sentenza impugnata abbia escluso che tale giudicato potesse far stato anche per le annualità successive affermando che “la ricorrente non fornì la dimostrazione che il giudicato esterno da essa invocato era specificamente riferito alla situazione di fatto e di diritto identica a quella di questa controversia. Cosicchè non avendo assolto tale onere probatorio la decisione di primo grado, basata su quest’unico capo, deve essere riformata”.

2.1. Il motivo, che si articola in due profili (violazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 115 c.p.c.) è inammissibile.

Quanto alla dedotta violazione dell’art. 2909 c.c., la stessa non si raffronta con la motivazione della sentenza impugnata, che non ha escluso la potenzialità del giudicato invocato a fare stato nel presente giudizio, ma ha ritenuto non provata l’identità delle situazioni di fatto e di diritto affrontate dalla sentenza passata in giudicato rispetto a quelle oggetto del presente giudizio. Del resto il ricorrente non ha neppure indicato quale affermazione della sentenza impugnata violerebbe il disposto dell’art. 2909 c.c..

Pertanto la censura, in realtà, investe la valutazione della prova fornita dalla ricorrente in relazione al giudicato invocato, e conseguentemente, poteva in ipotesi essere fatta valere ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. in L. n. 134 del 2012, applicabile ratione temporis), nei limiti dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass., sez. 2, 29/10/2018, n. 27415, Rv. 651028 – 01). Tale vizio, tuttavia, non è stato neppure prospettato dalla ricorrente incidentale.

Analogamente, è inammissibile la censura formulata ex art. 360 c.p.c., n. 3 in riferimento all’art. 115 c.p.c., atteso che tale norma (così come quella dell’art. 116 c.p.c.) non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali ed è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass., sez. 2, 30/11/2016, n. 24434, Rv. 642202 – 01; Cass., sez. 3, 12/10/2017, n. 23940, Rv. 645828 – 02), nella specie non proposto.

A ben vedere, entrambi i profili di doglianza, pur deducendo apparentemente una violazione di norme di legge mirano, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass., sez. 6-3, 04/04/2017, n. 8758, Rv. 643690 – 01).

Per mera completezza si osserva che il motivo sarebbe comunque anche infondato.

Ciò in quanto, discorrendosi nella specie della corretta interpretazione di norme giuridiche, non può operare l’efficacia espansiva del precedente giudicato, atteso che la “interpretazione giuridica” della norma tributaria, ove intesa come mera argomentazione avulsa dalla decisione del caso concreto, non è suscettibile di passare in giudicato poichè detta attività, compiuta dal giudice e contestuale allo stesso esercizio della funzione giurisdizionale, non può mai costituire un limite all’esegesi esercitata da altro giudice, nè è suscettibile di passare in giudicato autonomamente dalla domanda e dal capo di essa cui si riferisce, assolvendo ad una funzione meramente strumentale rispetto alla decisione (Cass. sez. 5, 21/10/2013, n. 23723, Rv. 628972 – 01).

3. In definitiva, accolto il ricorso principale e dichiarato inammissibile quello incidentale, la sentenza va cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell’originario ricorso proposto dalla contribuente.

La novità e complessità delle questione rendono equo compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio di merito.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte:

– accoglie il ricorso principale;

– dichiara inammissibile il ricorso incidentale;

– cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originariamente proposto dalla contribuente;

– compensa interamente tra le parti le spese dei due gradi del giudizio di merito;

– condanna la A.T.C. – Agenzia Territoriale per la Casa della Provincia di Alessandria a pagare al Comune di Tortona le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, dalla 5 sezione civile della Corte di cassazione, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2019

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