Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26186 del 17/11/2020

Cassazione civile sez. III, 17/11/2020, (ud. 02/10/2020, dep. 17/11/2020), n.26186

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30437-2018 proposto da:

C.G., rappresentato e difeso dall’avv. ALBERTO

ANTOGNETTI, ed elettivamente domiciliato nel suo studio in via E.

Tazzoli 72, La Spezia;

– ricorrente –

contro

CA.MA., e CA.AN., elettivamente domiciliate in

ROMA, PIAZZA GONDAR 22, presso lo studio dell’avv. MARIA ANTONELLI,

rappresentate e difese dall’avvocato SABINA AMBROGETTI;

CONDOMINIO (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

V.le ANGELICO 38, presso lo studio dell’avv. TERESA SANTULLI,

rappresentato e difeso dagli avvocati GIOVANNI MERGONI, e LOUIZA

PHOTIOU;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 944/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 13/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/10/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 901/2015 il Tribunale di La Spezia accoglieva la domanda di risarcimento di danni da infiltrazioni proposta ai sensi dell’art. 2051 c.c. da Ca.Ma. e Ca.An. nei confronti del proprietario dell’appartamento sovrastante al loro appartamento così danneggiato, C.G., condannando quest’ultimo a risarcire nella misura di Euro 3166,67 oltre interessi le attrici, e rigettando le domande riconvenzionali che il convenuto aveva proposto nei confronti delle attrici stesse e nei confronti del Condominio (OMISSIS) – che aveva chiamato in causa – per manlevarlo in relazione ai ritardi di esecuzione delle sue opere di ristrutturazione nel suo appartamento, in parte sul tetto condominiale e sul lastrico solare, e per pagargli il costo dei lavori per il tetto e il cornicione nonchè due terzi del costo dei lavori per il lastrico solare. Il convenuto veniva condannato a rifondere tutte le spese processuali.

Il C. proponeva appello, cui le controparti resistevano, e che la Corte d’appello di Genova, con sentenza del 13 giugno 2018 accoglieva limitatamente alla condanna alle spese, compensandole per un quinto in entrambi i gradi e condannando l’appellante a rifondere alle controparti i quattro quinti.

Il C. ha proposto ricorso, articolato in tre motivi, da cui si sono difese le Ca. con controricorso e si è difeso altresì, con controricorso, il Condominio.

Tutte le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1 Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omissione di “fatti e circostanze” discussi e decisivi in ordine alle domande riconvenzionali, “in relazione al secondo punto e motivo di appello”.

Nella sentenza impugnata sussisterebbero “omissioni delibative” di circostanze e fatti decisivi e ampiamente illustrati nell’atto d’appello e nella conclusionale. Nella motivazione della sentenza impugnata vi sarebbe omissione sul secondo punto del gravame. In particolare, a pagina 9 la sentenza offrirebbe soltanto dieci righe motivazionali in ordine al rigetto della domanda, riconvenzionale e subordinata, di manleva proposta nei confronti del Condominio per il differimento delle opere dal febbraio al novembre 2006 per motivi futili o illogici. Viene riportata l’illustrazione del motivo nell’atto d’appello per contestare tale motivazione come “scarna, generica e apparente (o virtuale)”, argomentando poi sui fatti che dimostrerebbero la volontà del Condominio di non autorizzare i lavori, facendo riferimento a vari dati probatori.

1.2 Il motivo, come emerge ictu oculi dalla illustrazione che se ne è fornita, non è riconducibile al paradigma di censura offerto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto, a tacer d’altro, si articola in una vera e propria serie – come già preannuncia la rubrica laddove attribuisce alla sentenza l’omessa considerazione di una pluralità, ovvero di “fatti e circostanze” discussi e decisivi – di elementi fattuali estratti dal compendio probatorio allo scopo di formulare una ricostruzione del merito in termini alternativi rispetto a quanto accertato nell’impugnata sentenza.

La doglianza persegue dunque un terzo grado di merito, per la sua natura direttamente fattuale, per cui è inammissibile.

2.1 Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c.: omessa pronuncia.

Nell’atto d’appello si sarebbe censurato che il consulente tecnico d’ufficio, nella sua relazione, “nella valutazione economica… elenca infiltrazioni derivate al vano cucina e altri vani diversi dei (sic) locali camere e cameretta dedotti da parte attrice in atto di citazione”. La causa petendi nell’atto di citazione si sarebbe infatti incentrata sull’affermazione di infiltrazioni, dall'(OMISSIS), nella cameretta e nella camera da letto, e nell’ulteriore affermazione che i danni da infiltrazioni sarebbero peggiorati nel mese di novembre fino a investire gli arredi della camera da letto. Non vi sarebbe stata quindi nell’atto di citazione alcuna contestazione di danni relativi al soggiorno, alla cucina, al bagno e al corridoio, valutati invece nell’accertamento tecnico preventivo: “ciò avrebbe dovuto imporre per mutatio libelli inammissibile la relativa esclusione sia cognitiva che di danno”, e perciò escludere dai danni l’importo di Euro 1257,57, cioè 167,01 metri quadri da moltiplicare per Euro 7,50 “come ricavabile dall’ATP”. Su questo, ad avviso del ricorrente, la corte territoriale tace, pur “trattandosi di motivi di gravame illustrato anche in comparsa conclusiva ricompresa nella richiesta di reiezione della domanda attorea di risarcimento del danno quantificato appunto in Euro 3166,64 di cui Euro 500,00 per ritardata locazione”. La sentenza pertanto sarebbe in parte qua illegittima.

2.2 Il motivo non è autosufficiente, perchè la censura dell’atto d’appello viene riportata in un mero inciso, come meri incisi sono i due passi tratti dall’atto di citazione. D’altronde, nella premessa del ricorso non sono indicati i motivi d’appello, ma si riportano soltanto le conclusioni, da cui nulla si ricava comunque a proposito di questo profilo.

Anche questo motivo risulta pertanto inammissibile.

3.1 Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., “omesso esame di più fatti documentali e storici decisivi” quanto all’ulteriore domanda riconvenzionale subordinata e discussa riguardante la rifusione dei costi sopportati dal C. per attività edilizie sulle parti comuni dell’edificio.

Nell’atto d’appello “si impugnava la parte (motivazionale e decisionale) della sentenza” relativa a tale domanda “allorchè in correlazione alla domanda… il primo Giudice desumeva “che nessuna prova è stata data di interventi sui detti beni e soprattutto sul costo degli stessi…” “.

Con ordinanza del 27 aprile 2011 il giudice istruttore aveva convocato il consulente tecnico d’ufficio per incaricarlo di un supplemento, cioè “avuto riguardo alle allegazioni del convenuto C. stimare il valore delle opere da esso eseguite sulle parti condominiali”.

Il giudice d’appello avrebbe pure ritenuto mancante la prova, anche testimoniale. Ma da tale “doppia” e “apparente” motivazione emergerebbe la violazione dell’art. 115 c.p.c. “anche previgente”.

Nella comparsa di risposta di primo grado il C., a pagina 12, avrebbe affermato che le opere di ristrutturazione comprendevano pure parti comuni (tetto, cornicione e lastrico solare), dichiarando di aver interesse a chiedere al Condominio “la quota corrispondente alle spese sostenute per il tetto e cornicione… in relazione ai millesimi condominiali, nonchè il lastrico solare in relazione ai due terzi a carico dei condomini a cui il lastrico solare serve”. Avrebbe pertanto chiesto di accertare la sua attività edilizia su questi beni, autorizzata pur “in via illegittima e tardiva” dal Condominio e dunque anche dalle attrici, e conseguentemente di condannare il Condominio e in quota parte le attrici a pagargli il corso dei lavori per il tetto e il cornicione e due terzi del costo per il lavoro sul lastrico solare.

Nella comparsa di risposta il Condominio avrebbe ammesso le realizzazioni operate dal C., opponendo però che erano tutte su proprietà esclusiva di quest’ultimo. Per la non contestazione della realizzazione delle opere, il C., nella seconda memoria istruttoria del 3 luglio 2008, avrebbe chiesto consulenza tecnica d’ufficio per valutarne l’ammontare, e il giudice istruttore, come sopra riportato, aveva disposto il supplemento. Peraltro il consulente non avrebbe risposto al quesito, e ciò sarebbe stato segnalato dal C. anche in sede di precisazione delle conclusioni il 9 dicembre 2014, “ove si richiedeva la modifica della ordinanza del 12.02.2013 dacchè il CTU non aveva risposto” pur avendo a disposizione i documenti necessari. “Ovviamente la stima delle opere come deferita dal Giudice, in assenza di documento fiscale, asseriva i parametri tecnici in relazione a quanto realizzato, ai materiali utilizzati e al pregio secondo i tariffari vigenti”. Il C. avrebbe in particolare allegato alla comparsa di costituzione una lettera dell’amministratore condominiale e una propria lettera.

Il giudice d’appello avrebbe omesso di considerare i fatti decisivi relativi alla prova delle opere effettuate sui beni comuni, pur essendovi allegazioni tecniche (“permesso a costruire, DIA”) e documentali (le lettere di cui sopra) e l’attestazione dell’ATP (del quale si trascrive un passo), da cui risulterebbe “il fatto incontroverso” delle opere su parti comuni. Vengono poi citati a proposito del cornicione elementi probatori – testimonianze di tali A.M. e L.G. nonchè un passo dell’ATP su una guaina – per dedurre che “gli incontestati fatti di siffatte realizzate opere… decisive… venivano tuttavia omesse (sic) dal Giudice di merito”. Però “qualsiasi tecnico a fronte delle acquisizioni tecniche di ATP e storiche citate avrebbe potuto stimare le opere realizzate” sui beni comuni.

3.2 Il terzo motivo – e lo attesta in modo inequivoco la sua stessa illustrazione, ut supra ampiamente offerta – consiste in realtà in un affastellamento di frasi (incomplete) estratte da atti processuali nonchè di varie estrapolazioni attinte dal compendio probatorio.

Evidentemente inammissibile è dunque anche di quest’ultima censura, per tale sua conformazione, affetta da genericità e/o comunque da diretta fattualità.

4. Il ricorso, in conclusione, risulta manifestamente inammissibile e ciò assorbe ogni questione (si veda al riguardo quanto è addotto nel controricorso con cui si è difeso il condominio) in ordine alla rinnovazione della notifica del ricorso.

Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente alla rifusione a ciascuna controparte delle spese processuali, il tutto come da dispositivo.

Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere a Ca.Ma. e Ca.An. le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 1500, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge, nonchè a rifondere al Condominio (OMISSIS) le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 1500, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020

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