Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26185 del 17/11/2020

Cassazione civile sez. III, 17/11/2020, (ud. 29/09/2020, dep. 17/11/2020), n.26185

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10349-2017 proposto da:

VE.BE VENDING SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI

N. 121, presso lo studio dell’avvocato VITTORIO SUSTER,

rappresentata e difesa dall’avvocato RICCARDO GALLESE;

– ricorrente –

contro

B.G., elettivamente domiciliata in ROMA, V. VARRONE 9,

presso lo studio dell’avvocato GIULIANO MENDOZA, rappresentata e

difesa dall’avvocato ALESSANDRO FABBRINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2898/2016 del TRIBUNALE di PADOVA, depositata

il 21/10/2016;

e contro

V.G.;

– intimato –

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/09/2020 dal Consigliere Dott. PAOLO PORRECA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

B.G., allegando di essere creditrice di V.G. procedeva a un pignoramento presso la terza Vebe Vending s.r.l., indicata come debitrice del proprio debitore;

all’esito della dichiarazione negativa del terzo pignorato, B. chiedeva accertarsi l’obbligazione dello stesso;

nella fase sommaria, a mente del rito applicabile, il giudice dell’esecuzione accertava l’obbligo suddetto e la seguente opposizione ex art. 617 c.p.c., proposta dalla società Vebe Vending, era rigettata dal Tribunale secondo cui l’opposta creditrice aveva provato la ragione del credito da assegnare, data da un contratto di affitto di azienda da ritenere risolto con efficacia non retroattiva secondo quanto già affermato dal giudice dell’esecuzione, e viceversa parte opponente non aveva provato la dedotta estinzione dei crediti per compensazione, atteso che le scritture contabili prodotte non potevano considerarsi recanti data certa opponibile alla terza pignorante, e nulla in senso contrario poteva evincersi dalla produzione di una fattura non quietanzata, mentre, quanto all’eccepita prescrizione, era da condividere l’accertamento compiuto in fase esecutiva per cui erano così estinti solo i crediti maturati fino a giugno 2009;

avverso questa decisione ricorre per cassazione Vebe Vending s.r.l. articolando dieci motivi, avversati dal controricorso di B.G..

Diritto

RILEVATO

che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, art. 156 c.p.c., comma 2, art. 161 c.p.c., nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso, poichè il Tribunale avrebbe mancato di motivare sull’allegata efficacia retroattiva della risoluzione del contratto di affitto per mutuo dissenso, sulla portata dell’eccepita prescrizione, e sulla nullità del procedimento sommario di accertamento dell’obbligo del terzo davanti al giudice dell’esecuzione che aveva pronunciato senza la necessaria notifica al debitore esecutato: al riguardo il giudice dell’opposizione si era limitato a richiamare le ragioni spese nella fase sommaria senza neppure riassumerle, nè rendendo comprensibile in alcun modo il proprio percorso decisorio;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 102,549 c.p.c., poichè sarebbe stato violato il litisconsorzio necessario con il debitore esecutato nella fase sommaria dell’accertamento dell’obbligo del terzo;

con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1458 c.c., e l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso, poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che la risoluzione contrattuale ha per regola efficacia retroattiva, con conseguente esclusione, nel caso, del credito pignorato;

con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., poichè il Tribunale avrebbe errato mutando la “causa petendi” avanzata dalla pignorante sin dalla fase esecutiva, ovvero il contratto di affitto di azienda, e non quello sopravvenuto di risoluzione negoziale cui si era invece ricollegata la sopravvivenza dei crediti ritenuti non prescritti;

con il quinto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2702,2715 c.c., poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che la deducente avrebbe al più potuto considerarsi onerata di provare l’estinzione delle obbligazioni nascenti dal contratto risolutorio, che pure prevedeva la salvezza dell’obbligo della società Vebe Vending di adempiere alle obbligazioni “sorte nel corso della validità del contratto”, come avvenuto con la produzione della fattura, per 60 mila Euro, emessa da V. con causale “contratto di affitto di azienda. Saldo 2010 come da accordo di risoluzione”, atta a dimostrare che l’unica obbligazione residuata avrebbe dovuto considerarsi tacitata: in relazione a tale fattura, infatti, era stato prodotto l’inoltro della stessa all’Agenzia delle entrate per le dichiarazioni rilevanti ai fini IVA, con comunicazione telematica recante data anteriore al pignoramento;

con il sesto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1241,2697,2704,2709,2710 c.c., poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che V. era parte del giudizio e dunque non terzo rispetto alle scritture contabili attestanti l’intervenuta estinzione per compensazione, laddove, comunque, quelle facevano prova contro l’imprenditore, come invocato, fermo che il rapporto tra debitore esecutato e pignorata era tra titolari d’impresa, e che la terza pignorata medesima avrebbe dovuto ritenersi, coerentemente, poter sollevare tutte le eccezioni e disporre di tutte le prove spettanti nei confronti del proprio creditore e debitore esecutato;

con il settimo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1241,2697,2704,2709,2710 c.c., poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di considerare che, pur non volendo attribuire efficacia retroattiva all’accordo risolutorio, sarebbe stata in ogni caso provata, come visto, l’estinzione per compensazione;

con l’ottavo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2704 c.c. e degli artt. 183,184 c.p.c., poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di rilevare che la data certa opponibile alla creditrice pignorante era data dal dedotto inoltro telematico all’Agenzia delle entrate, anteriore al pignoramento, che a sua volta attribuiva data certa anche alle scritture contabili che la riportavano: la prova in questione, infatti, poteva essere offerta anche per presunzioni, e sul punto era stata articolata anche prova per testi, immotivata mente rigettata dal giudicante di merito;

con il nono motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2943 c.c. e ss., in uno all’omesso esame di un fatto decisivo e discusso, poichè il Tribunale avrebbe errato escludendo immotivatamente la prescrizione successivamente all’anno 2009, in ragione dell’efficacia interruttiva della stessa attribuita all’atto di pignoramento presso terzi che, invece, non avrebbe potuto spiegarla provenendo da soggetto estraneo al rapporto obbligatorio, tanto più dopo la novella legislativa apportata nel 2012 agli artt. 548 e 549 c.p.c., che aveva soppresso la struttura di piena cognizione prima propria del giudizio per l’accertamento dell’obbligo del terzo:

ciò posto, il pignoramento non avrebbe potuto ragionevolmente escludere il decorso ulteriore della prescrizione;

con il decimo motivo si prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso rappresentato dal mancato vaglio della censura in ordine all’erronea attribuzione degli incrementi ISTAT dei canoni del contratto di affitto aziendale, effettuata nel silenzio dei patti negoziali;

Rilevato che:

il secondo motivo di ricorso, da esaminare prioritariamente per ragioni logiche, è infondato;

questa Corte (Cass., 17/10/2019, n. 26329) ha chiarito che nell’accertamento dell’obbligo del terzo, il debitore esecutato è litisconsorte necessario, in quanto interessato all’accertamento del rapporto di credito oggetto di pignoramento, ancorchè la pronuncia non faccia stato nei suoi confronti, e tale principio deve essere mantenuto fermo anche dopo le modifiche apportate agli artt. 548 e 549 c.p.c., qui applicabili “ratione temporis”, che hanno trasformato il giudizio in parola in un accertamento incidentale con rito camerale, devoluto alla cognizione funzionale diretta del giudice dell’esecuzione. Infatti, il giudizio è pur sempre rivolto all’accertamento dell’esistenza di un rapporto di dare/avere intercorrente fra il terzo pignorato e il debitore esecutato e quindi interessa anche quest’ultimo, sebbene la pronuncia non faccia stato nei suoi confronti. Tuttavia, l’esigenza di tutelare l’integrità del contraddittorio si avverte solamente nel caso in cui il terzo pignorato proponga opposizione agli atti esecutivi, nei casi previsti dall’art. 548 c.p.c., u.c. e dall’art. 549 c.p.c., giacchè nella fase sommaria il debitore esecutato già partecipa al processo di espropriazione;

nel caso, l’opposizione agli atti è avvenuta a contraddittorio integro;

il primo motivo è invece fondato;

la decisione giurisdizionale può essere motivata “per relationem” ad altra pronuncia decisoria, purchè il giudice dia conto, sia pure sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione alle domande e dell’identità delle questioni prospettate rispetto a quelle già esaminate nel diverso grado o fase, sicchè possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la Corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia già adottata in modo acritico, senza esplicitare alcuna valutazione autonoma sulle questioni dirimenti (Cass., 25/10/2018, n. 27112, Cass., 05/08/2019, n. 20883);

nella fattispecie, il Tribunale ha affermato (a pag. 1), in specie, che “sulla nullità dee procedimento e sugli effetti della risoluzione per mutuo dissenso è sufficiente richiamare quanto già motivato dal Collegio in sede di reclamo il quale, con particolare riferimento alla seconda delle due questioni, ha osservato come la volontà espressa dalle parti sia stata quella di conferire al contratto solutorio efficacia “ex nunc””;

inoltre, con riguardo alla prescrizione ha concluso statuendo che “in riferimento al suddetto rapporto contrattuale si ritiene di condividere l’accertamento compiuto in fase esecutiva per cui sarebbero prescritti i crediti maturati fino a giugno 2009” (pag. 2);

è di palmare evidenza che non sono neppure sintetizzate le ragioni della ricostruzione della volontà negoziale e della perimetrazione della prescrizione, cui si è detto di voler aderire e che, dunque, non sono decifrabili in alcun modo, palesando un’obiettiva carenza nell’indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, mancando qualunque trasparenza, anche indiretta, dei contenuti propri del percorso argomentativo seguito (cfr., Cass., 14/02/2020, n. 3819);

spese al giudice del rinvio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il secondo motivo, accoglie il primo, assorbiti gli altri, cassa in relazione la decisione impugnata e rinvia al Tribunale di Padova perchè, in diversa composizione, pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020

 

 

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