Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26182 del 19/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 19/12/2016, (ud. 20/10/2016, dep.19/12/2016),  n. 26182

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1355-2015 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVID1NZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LIDIA

CARCAVALLO, LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 318/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI

dell’1/10/2014, depositata il 14/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA PAGETTA;

udito l’Avvocato Antonella Patteri difensore del ricorrente che si

riporta ai motivi scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con sentenza n. 318/2014 la Corte d’appello di Cagliari ha respinto l’appello dell’INPS avverso la sentenza con la quale il giudice del lavoro del Tribunale di Cagliari aveva condannato l’istituto previdenziale a corrispondere a D.L. la rivalutazione contributiva per esposizione ultradecennale ad amianto, prevista dalla L. n. 257 del 1992, art. 13.

Il giudice di appello, sul presupposto che l’INPS si fosse doluto della mancata applicazione alla fattispecie in esame del disposto di cui al D.L. n. 98 del 2011, art. 38, lett. d) convertito con modificazioni dalla L. n. 111 del 2011, il quale aveva statuito che le decadenze previste dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 trovavano applicazione anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito, preso atto della declaratoria di incostituzionalità di tale previsione (Corte cost. n. 69 del 2014), ha respinto il gravame.

Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’INPS sulla base di un unico motivo. La parte intimata non ha svolto attività difensiva.

Il Consigliere relatore, nella relazione formulata ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Il Collegio condivide tale valutazione.

Con l’unico motivo di ricorso l’istituto previdenziale, ha dedotto violazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 e falsa applicazione del D.L. n. 98, art. 38, lett. d) conv. nella L. n. 111 del 2011.

Premesso che con l’atto di gravame aveva censurato la sentenza di primo grado in punto di applicabilità alla fattispecie in esame della decadenza triennale D.P.R. n. 639 del 1970, ex art. 47 ha dedotto l’errore del giudice d’appello per non avere considerato che la domanda di rivalutazione contributiva, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, non aveva ad oggetto il ricalcolo di un trattamento in godimento bensì un beneficio previdenziale distinto ed autonomo rispetto alla pensione; dalla possibilità di richiedere in via giudiziale detto beneficio controparte era decaduta, atteso che il ricorso giudiziale era stato depositato il 9 marzo 2009, quando già era maturato il termine di decadenza triennale ex art. 47 D.P.R. cit., termine decorrente dalla istanza amministrativa presentata all’INPS il 30 marzo 2005.

Il ricorso è manifestamente fondato. Questa Corte ha, infatti, da tempo affermato, anche con riferimento alle domande giudiziarie avanzate da soggetti già pensionati, che con la domanda intesa al riconoscimento della rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto, ai sensi della L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, e successive modificazioni ed integrazioni ciò che si fa valere non è il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge “ai fini pensionistici” e ad essi, quindi, strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) – in base ai criteri ordinari – il diritto al trattamento pensionistico.

E’ stato così innanzitutto chiarito che “dal sistema è ricavabile l’onere degli interessati di proporre all’istituto gestore dell’assicurazione pensionistica la domanda di riconoscimento del beneficio per esposizione all’amianto, nonostante incertezze lessicali del legislatore (cfr. Cass. n. 15008/2005)”. E’ stato, poi, precisato che “nel caso di specie si tratta di rivalutare non già l’ammontare di singoli ratei bensì i contributi previdenziali necessari a calcolare la pensione originaria” – Cass. 11.12685 del 2008; Cass. n. 7527 del 2010; Cass. n. 8926 del 2011; Cass. n. 6331 del 2014; Cass. n. 7934 del 2014; Cass. n. 13578 del 2014 – ed anche specificato che neppure è validamente invocabile il principio di imprescrittibilità del diritto a pensione, in quanto “tale particolarissimo regime non si estende a tutte le singole azioni relative alla costituzione della posizione contributiva. E del carattere sostanzialmente costitutivo del procedimento amministrativo e dell’azione in giudizio diretta al riconoscimento del beneficio contributivo per esposizione ad amianto sembra non potersi dubitare, stanti i vincoli sostanziali, temporali e procedurali posti dalla legislazione in materia” – cfr. Cass. n. 1629 del 2012; id. Cass. n. 11400 del 2012; Cass. n. 14531 del 2012; Cass. n. 14472 del 2012; Cass. nn. 20031 e 20032 del 2012; Cass. n. 27148 del 2013; Cass. n. 4778 del 2014). Consequenziale alla configurazione della rivalutazione contributiva come beneficio autonomo rispetto alla prestazione pensionistica è l’applicabilità alla relativa domanda del regime decadenziale di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 ripetutamente affermata dalla giurisprudenza di questa Corte a partire dalla sentenza n. 12685 del 2008 (v., nel senso dell’applicabilità di tale regime decadenziale, con effetto preclusivo della proposizione di ulteriori domande giudiziali. Fra le altre, Cass. nn. 3605, 4695 e 6382 del 2012; ord. nn. 7138, 8926, 12052 del 2011, n. 1629 del 2012, ord. n.7964 del 2014).

Le pronunce richiamate non hanno introdotto alcuna nuova e imprevedibile regola processuale, in contrasto con enunciati precedenti, ma hanno semplicemente esercitato l’ordinaria funzione dichiarativa, tipica dell’interpretazione giurisprudenziale, esplicitando una regola già propria dell’ordinamento, avente carattere di generalità in relazione alla materia delle prestazioni previdenziali.

L’applicabilità alla domanda di rivalutazione contributiva del regime decadenziale richiamato comporta che la domanda giudiziale dell’originario ricorrente deve essere dichiarata inammissibile per intervenuta decadenza, posto che tra la data di presentazione della istanza amministrativa (30 marzo 2005) e quella di deposito del ricorso giudiziale (9 marzo 2009) è intercorso un termine superiore ai tre anni decorrenti dal termine complessivo di trecento giorni prescritto per l’esaurimento del procedimento amministrativo (centoventi giorni per la formazione del silenzio rifiuto L. n. 533 del 1973, ex art. 7 + novanta giorni per la proposizione del ricorso amministrativo al comitato provinciale L. n. 88 del 1989, ex art. 46, comma 5 + novanta giorni per la decisione del ricorso L. n. 88 del 1989, ex art. 46, comma 6).

A tanto consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della decisione. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, la causa può essere decisa con declaratoria di inammissibilità della originaria domanda.

Il consolidarsi solo in epoca recente dell’orientamento di legittimità che qui si conferma costituisce giusto motivo per compensare tra le parti le spese processuali del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile la originaria domanda. Compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2016

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