Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26181 del 19/12/2016
Cassazione civile, sez. VI, 19/12/2016, (ud. 20/10/2016, dep.19/12/2016), n. 26181
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26699-2014 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI,
EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI giusta procura speciale a
margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
L.V.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 3768/2013 della CORTE D’APPELLO di LECCE del
15/10/2013, depositata il 05/11/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
20/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;
udito l’Avvocato Antonella Patteri (delega avvocato Mauro Ricci)
difensore del ricorrente che si riporta agli scritti.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio.
2. L.V. ha agito per il riconoscimento del diritto alla reversibilità della pensione di inabilità goduta dalla madre convivente deceduta, negato dall’INPS per insussistenza del requisito dello stato di inabilità.
3. L’INPS, costituendosi in giudizio, aveva eccepito l’insussistenza del requisito dell’inabilità al momento del decesso della congiunta e del requisito della vivenza a carico.
4. Il primo giudice riteneva sussistenti i requisiti della vivenza a carico e dello stato di inabilità e, per l’effetto, accoglieva la domanda.
5. La sentenza veniva gravata dall’INPS che contestava la sussistenza dello stato inabilitante.
6. La Corte d’appello di Lecce, aderendo alle conclusioni dell’ausiliare officiato in giudizio – nel senso della sussistenza di patologie invalidanti del 100 per cento e della sussistenza del beneficio reclamato dall’1.1.2011 (in tal senso le conclusioni del ctu) – e in considerazione della genericità delle osservazioni critiche dell’istituto appellato, accertava la sussistenza del requisito dell’inabilità e riconosceva il diritto dell’attuale è rimasto intimato con decorrenza dalla data indicata dall’ausiliare e, in sede di correzione della sentenza, dal 1^ ottobre 2006.
7. Avverso tale sentenza l’INPS ha proposto ricorso, affidato ad un articolato motivo, con il quale deduce la violazione di plurime disposizioni di legge.
8. L’intimato non ha resistito.
9. Secondo il costante orientamento di questa Corte, l’accertamento del requisito della “inabilità” (di cui alla L. n. 222 del 1984, art. 8) richiesto ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità ai figli superstiti del lavoratore o del pensionato, deve essere operato secondo un criterio concreto, ossia avendo riguardo al possibile impiego delle eventuali energie lavorative residue in relazione al tipo di infermità e alle generali attitudini del soggetto, in modo da verificare, anche nel caso del mancato raggiungimento di una riduzione del cento per cento dell’astratta capacità di lavoro, la permanenza di una capacità dello stesso di svolgere attività idonee nel quadro dell’art. 36 Cost. e tali da procurare una fonte di guadagno non simbolico (cfr. ex plurimis Cass. n. 12765/2004; Cass. 21425/2011).
10. Nella specie la Corte territoriale, mutuando conclusioni formulate dal consulente tecnico d’ufficio, puntualmente allegate al ricorso per cassazione (del tenore: “tutte le patologie sopra riportate sono sicuramente già presenti al momento del decesso della madre e pertanto meritevoli del riconoscimento della pensione di reversibilità”) ed estranee all’ambito del giudizio tecnico affidato all’ausiliare, non ha compiuto alcun accertamento sulle residue capacità lavorative dell’intimato e, dunque, nessuna verifica ha operato, in concreto, sulla permanenza o meno di una capacità del soggetto di svolgere un’attività tale da procurargli una fonte di guadagno che non fosse meramente simbolica e nel ritenere che l’interessato fosse totalmente inabile al lavoro.
11. Va anche ribadito che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in caso di morte del titolare di pensione di invalidità, la pensione di reversibilità spetta al coniuge e ai figli minorenni, mentre ai figli superstiti maggiorenni spetta soltanto se essi siano riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di quest’ultimo; l’inabilità al lavoro rappresenta, pertanto, un presupposto del diritto alla pensione di reversibilità del figlio maggiorenne e, quindi, un elemento costitutivo dell’azione diretta ad ottenerne il riconoscimento, con la conseguenza che la sussistenza di esso deve essere accertata anche d’ufficio dal giudice (tanto che a nulla rileva che l’istituto previdenziale non abbia tempestivamente eccepito la carenza del suddetto presupposto (v., ex multis Cass. n. 1367/98, Cass. n. 2204/81; da ultimo, Cass.sez.sesta-L nn. 11966/2015, 8023/2016).
12. In conclusione, all’accoglimento del ricorso segue la cassazione della sentenza impugnata e, per essere necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere rinviata alla stessa Corte d’appello, in diversa composizione, affinchè provveda a nuovo esame del gravame alla luce dei principi esposti e alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Lecce, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2016