Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26178 del 16/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 16/10/2019, (ud. 18/04/2019, dep. 16/10/2019), n.26178

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. D’OVIDIO Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 2031-2015 proposto da:

COMUNE DI USTICA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA E. MANFREDI

27, presso lo studio dell’avvocato MAZZA’SUSANNA, rappresentato e

difese dall’avvocato PELLEGRINO GIANCARLO;

– ricorrente –

contro

FRAMON HOTELS SPA, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA DEI FANTI

2, presso lo studi dell’avvocato PALMIERI GIOVANNI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CUVA ANGELO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1741/2014 della COMM. TRIB. REG. di PALERMO,

depositata il 23/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18’04/2C19 dal Consigliere Dott. D’OVIDIO PAOLA.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Palermo, la Framon Hotels s.p.a. impugnava una cartella di pagamento con la quale il Comune di Ustica le aveva richiesto il pagamento a titolo di TARSU, per l’anno 2005, dell’importo di Euro 6.560,88, in relazione ad un immobile adibito a struttura alberghiera sito nel territorio comunale.

La società ricorrente eccepiva, tra l’altro, l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo e della cartella di pagamento impugnata per violazione della normativa sul calcolo del tributo, di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68, per difetto assoluto di motivazione in ordine ai criteri di diversificazione delle tariffe tra alberghi e abitazioni, nonchè per esercizio arbitrario del potere regolamentare da parte della Giunta comunale, anzichè del Consiglio.

Il Comune di Ustica si costituiva contestando le avverse eccezioni e chiedendo il rigetto del ricorso.

2. Con sentenza n. 128/9/09 la Commissione tributaria provinciale adita respingeva il ricorso proposto dalla società e condannava quest’ultima al pagamento delle spese processuali.

3. Avverso tale pronuncia proponeva appello la Framon s.p.a. ribadendo le proprie contestazioni. Il Comune appellato presentava controdeduzioni.

4. Con sentenza n. 1741/35/15, depositata il 23 maggio 2014, non notificata, la Commissione tributaria regionale di Palermo, in accoglimento dell’appello, annullava la cartella di pagamento impugnata e compensava tra le parti le spese processuali.

5. Avverso tale sentenza il Comune di Ustica ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico articolato motivo.

Resiste con controricorso la Framon Hotels s.p.a..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con un unico articolato motivo il Comune di Ustica lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68, nonchè della L. n. 241 del 1990, art. 3 e della L.R. Sicilia n. 10 del 199, art. 3, per avere la CTR di Palermo ritenuto illegittima, in assenza di motivazione, l’applicazione agli alberghi di una tariffa Tarsu superiore a quella applicata alle case di civile abitazione.

2. Il ricorso è inammissibile.

Osserva il collegio che la struttura con cui il ricorrente ha inteso assolvere (nelle prime 83 pagine) al requisito di ammissibilità di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, concernente l’esposizione sommaria dei fatti della causa, si presenta del tutto inidonea allo scopo di integrare tale requisito.

2.1. Infatti, dopo una prima pagina nella quale sono state indicate le parti ed i loro difensori ed è stata individuata la sentenza impugnata (precisando che essa ha deciso l’appello avverso la sentenza di primo grado riguardante il ricorso proposto dalla società ricorrente per ottenere l’annullamento della cartella di pagamento n. (OMISSIS) riguardante la TARSU per l’anno 2005), il ricorso è costituito da ottanta pagine (da pagina 2 a pagina 82, a fronte di successive dodici pagine di illustrazione del motivo) in cui è stata pedissequamente trasfusa la integrale trascrizione degli atti di causa, e precisamente: – la integrale trascrizione dei motivi esposti nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado (da pag. 2 a pag. 13); – la integrale trascrizione dei motivi della memoria difensiva del Comune di Ustica (da pag. 13 a pag. 40); – la integrale trascrizione della motivazione della sentenza di primo grado (da pag. 40 a pag. 42); – la integrale trascrizione dei motivi dell’atto di appello (da pag. 42 a pag. 59); – la integrale trascrizione dei motivi contenuti nell’atto di controdeduzioni del Comune appellato (da pag. 59 a pag. 80); – la integrale trascrizione della motivazione della sentenza della CTR qui appellata (da pag 80 a pag. 83).

2.2 Ciò premesso in fatto, vale osservare che l’art. 366 c.p.c. richiede tra i requisiti previsti a pena di inammissibilità del ricorso l’esposizione sommaria dei fatti della causa.

Si tratta, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, dei fatti della controversia, sia sostanziali sia processuali, i quali vanno esposti, peraltro, solo in quanto rilevanti per la decisione di legittimità e, in ogni caso, in modo sommario, ossia riassuntivo. Vanno narrate, cioè, ma con adeguata sintesi, le domande introduttive, le vicende del primo grado e della decisione d’appello: il tutto, quale premessa per l’esposizione dei motivi del ricorso.

Il citato art. 366 c.p.c. è difatti posto a tutela dell’imprescindibile esigenza di chiarezza espositiva e completezza del ricorso, che deve contenere quanto occorre al giudice di legittimità per comprendere la questione di diritto portata al suo esame.

Questa Corte ha peraltro puntualizzato che tale ratio, consistente nell’obiettivo di attribuire rilevanza allo scopo del processo costituito dalla tendente finalizzazione ad una decisione al cd. fondo delle questioni, è rivolta al duplice fine di assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa della parte (artt. 24 e 111 Cost., art. 6 CEDU), nonchè di evitare di gravare sia lo Stato che le parti di oneri processuali superflui: di qui la necessità di adempimento, da parte del difensore, del preciso dovere processuale, il cui mancato rispetto espone il ricorrente alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione.

In tale prospettiva, si è pertanto affermato che l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, nel prescrivere che il ricorso per cassazione deve essere corredato dall’esposizione “sommaria” dei fatti di causa, implica che la stessa deve contenere il necessario e non il superfluo, sicchè è inammissibile il ricorso con il quale il ricorrente, senza una sintesi riassuntiva finale, si limiti a trascrivere il testo integrale di tutti gli atti di causa, rendendo particolarmente complessa l’individuazione della materia del contendere e contravvenendo lo scopo della disposizione, la cui finalità è agevolare la comprensione della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, in immediato coordinamento con i motivi di censura (cfr. Cass., sez. 1, 27/10/2016, n. 21750, Rv. 642634 – 01: nella specie, la S.C. ha ritenuto inammissibile il ricorso che conteneva la trascrizione integrale di tutti gli atti di parte e dei provvedimenti del giudice, nonchè, nello svolgimento del processo, la pedissequa indicazione delle attività processuali espletate in ciascuna udienza).

Si è in proposito altresì precisato che il ricorso per cassazione redatto per assemblaggio, cioè attraverso la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale, contenuto degli atti processuali, è carente del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3), e che tale requisito non può, a fronte dell’utilizzo di tale tecnica, neppure essere desunto, per estrapolazione, dall’illustrazione del motivo, o dei motivi (cfr. Cass., sez. 6-3, 22/02/2016, n. 3385, Rv. 638771 – 01).

Ciò nel solco di una pregressa consolidata giurisprudenza secondo la quale, ai fini del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso (cfr., tra le tante, Cass., SU, 11/04/2012, n. 5698, Rv. 621813 – 01; Cass., sez. 6-3, 11/01/2013, n. 593, Rv. 624990 – 01; Cass., sez. 6-5, Se 6 – 5, 9/07/2013, n. 17002, Rv. 627181 – 01).

2.3. In base a tale consolidato principio di diritto, condiviso dal Collegio, il ricorso appare inammissibile per palese inosservanza dell’art. 366 c.p.c., n. 3, dato che la sua struttura nella parte preposta all’assolvimento del requisito richiesto da tale norma risulta priva di qualsivoglia sommaria esposizione del fatto sostanziale e processuale.

Le spese seguono la soccombenza.

Poichè il presente ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis.

P.Q.M.

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna il ricorrente a pagare alla controparte le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200,00 per compensi, oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori fiscali e previdenziali di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis.

Così deciso in Roma, dalla 5 sezione civile della Corte di Cassazione, il 18 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2019

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