Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26174 del 27/09/2021

Cassazione civile sez. I, 27/09/2021, (ud. 12/05/2021, dep. 27/09/2021), n.26174

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24473/2020 proposto da:

F.P., rappresentato e difeso dall’Avv. Davide Verlato,

domiciliato presso la Cancelleria della Corte;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappresentato e

difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato domiciliato in Roma, via

dei Portoghesi n. 12, costituito al solo fine di partecipare ex art.

370 c.p.c., comma 1, all’eventuale udienza di discussione della

controversia;

– resistente –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA n. 1721/20,

depositata il 2 luglio 2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/5/2021 dal Consigliere Dott. PIERPAOLO GORI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 1721 del 2020 pubblicata il 2 luglio 2020 nel processo iscritto al numero di registro 2163 del 2018 veniva rigettato l’appello proposto da F.P. contro l’ordinanza del Tribunale di Venezia la quale aveva dismesso l’opposizione avverso il decreto reiettivo della domanda di protezione internazionale e di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, emesso dalla Commissione territoriale di Verona sezione di Vicenza.

2. In particolare il richiedente, proveniente dalla Nigeria, riferiva di avere lasciato il Paese di origine per le minacce ricevute dagli appartenenti della setta degli (OMISSIS) dopo che si era rifiutato di subentrare al padre, deceduto, nelle funzioni di capo della setta nel suo villaggio, racconto ritenuto dal Tribunale di Venezia non credibile. Il giudice di prime cure, in assenza dei presupposti per la concessione anche della subordinata richiesta protezione umanitaria, inclusa la vulnerabilità, rigettava integralmente il ricorso e l’ordinanza veniva confermata dal giudice d’appello.

3. Contro tale decisione propone ricorso per Cassazione il richiedente per tre motivi mentre il Ministero dell’Interno ha depositato mera comparsa di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Con il primo motivo di ricorso – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – viene prospettata la violazione o falsa applicazione di legge con riferimento alle pagine nn. 6 7 8 9 e 10 della motivazione della sentenza impugnata, e dunque alla decisione sulla domanda di protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), dei principi elaborati in sede giurisprudenziale relativi alla materia istruttoria e di quelli contenuti nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, circa l’esame del richiedente asilo e la valutazione del materiale probatorio da utilizzare ai fini della decisione. Nel corpo del motivo viene lamentata la mancata acquisizione di adeguate informazione cerca la setta segreta degli (OMISSIS).

5. Il motivo è infondato. La Corte reitera che non sussiste un obbligo di cooperazione istruttoria con riferimento del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), allorquando, come nel caso di specie, alla ritenuta e motivata assenza di credibilità del dichiarante (cfr. Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 16122 del 28/07/2020) si aggiunga il fatto che le censure non sono individualizzate.

6. Con il secondo motivo – senza individuazione del pertinente paradigma processuale comunque individuabile nell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione, quanto alle pagine 7 8 9 e 10 della motivazione della sentenza impugnata, perché non sarebbe stata fatta corretta, esaustiva, oggettiva e imparziale applicazione dei criteri relativi alla materia istruttoria ai fini della concessione della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c), in particolare per la mancata reale indagine sulla situazione politica interna attualmente esistente in Nigeria.

7. Il motivo è infondato. La Corte d’appello ha assolto agli obblighi di cooperazione istruttoria con riferimento alle condizioni del Paese di origine (Nigeria, Edo State) quanto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), attraverso la puntuale e aggiornata ricostruzione socio politica del Paese, con citazione di numerose autorevoli fonti conoscitive internazionali a pag. 11 della sentenza, nell’ambito della quale è stata presa in carico l’allegazione di violazione dei diritti inviolabili dell’uomo e di situazione di instabilità socio-politica del Paese, vagliata e non condivisa. Tale statuizione è argomentata, con riferimenti circostanziati al racconto del richiedente.

8. Orbene, gli accertamenti in fatto operati dalla Corte d’appello e sopra riassunti, che implicano anche l’esercizio di reperimento di informazioni d’ufficio, adempimento esercitato già in primo grado e ribadito dalla sentenza impugnata nel quadro dei poteri devolutivi del giudice di appello, non sono superati dalle deduzioni contenute nel motivo in esame ma, in sintesi, alle statuizioni in fatto adottate dal giudice di appello viene semplicemente contrapposta una ricostruzione opposta secondo cui vi sarebbero serie compressioni di diritti fondamentali a danno del richiedente, deduzioni tuttavia non supportate da allegazioni in fatto circostanziate.

9. Inoltre il ricorrente non ha allegato COI aggiornate e attendibili dimostrative dell’esistenza, nella regione di provenienza, di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, di indicarne gli estremi e di riassumerne (o trascriverne) il contenuto, al fine di evidenziare che, se il giudice ne avesse tenuto conto, l’esito della lite sarebbe stato diverso, non potendo altrimenti la Corte apprezzare l’astratta rilevanza del vizio dedotto e, conseguentemente, valutare l’interesse all’impugnazione ex art. 100 c.p.c., dell’accertamento sfavorevole operato dalla Corte territoriale (Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 21932 del 09/10/2020, Rv. 659234 – 01).

10. Con il terzo motivo di ricorso – formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – viene prospettato l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione alle richieste contenute nel ricorso di primo grado di concessione di un permesso per la protezione sussidiaria e per motivi umanitari. Viene inoltre dedotta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b) e c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, la mancata applicazione del giudizio di comparazione richiesto dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione con riferimento all’accertamento di vulnerabilità del richiedente e la possibile violazione anche dell’art. 8 CEDU e dell’art. 19, comma 1 e comma 1.1 TU Immigrazione.

Nel corpo del motivo il richiedente fa nuovamente riferimento anche al rigetto della richiesta di protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) e all’assenza di adeguata istruttoria da parte della Corte d’appello la quale avrebbe da un lato basato la propria decisione esclusivamente sulla scarsa credibilità del ricorrente da un lato e, dall’altro, avrebbe escluso l’ipotesi sub lett. c) del D.Lgs. n. 251 del 2007, senza valutare comparativamente la vulnerabilità personale del richiedente anche ai fini della richiesta subordinata di protezione umanitaria attraverso una motivazione apodittica e sostanzialmente omessa con riferimento all’attività lavorativa svolta in Italia.

11. Il motivo è infondato. Con riferimento alla riproposizione della mancata attività istruttoria quanto alla richiesta di protezione sussidiaria valgono le considerazioni già sopra svolte in dipendenza del primo e secondo motivo. Quanto alla protezione umanitaria, il Collegio osserva che il dovere di cooperazione istruttoria del giudice è sì disancorato dal principio dispositivo e libero da preclusioni e impedimenti processuali, ma presuppone l’assolvimento da parte del richiedente dell’onere di allegazione dei fatti costitutivi della sua personale esposizione a rischio. Solo a seguito di tale adempimento opera il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, e in quali limiti, nel Paese di origine del richiedente si verifichino fenomeni tali da giustificare l’applicazione della misura richiesta, non potendosi considerare fatti di comune e corrente conoscenza quelli che vengono via via ad accadere nei Paesi estranei alla Comunità Europea (cfr. quanto alla protezione umanitaria, Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 14548 del 09/07/2020, Rv. 658136 – 01), al fine di contrastare gli specifici accertamenti in fatto a sé sfavorevoli operati dalla Corte d’appello. Nel caso di specie manca tale presupposto ed è carente l’allegazione circostanziata con riferimento tanto a profili di vulnerabilità personali quanto generali e, su questo presupposto e con questi limiti, la Corte territoriale ha tenuto conto del profilo della valutazione comparativa tra il Paese di accoglienza e quello di provenienza (Nigeria, Edo State).

In tale contesto, rettamente la corte di merito ha ritenuto, conformandosi alla consolidata interpretazione giurisprudenziale di legittimità, che l’inserimento sociale in Italia – peraltro non precisato nel grado di intensità raggiunto – possa di per sé rendere doveroso il rilascio del permesso umanitario (cfr. Sez. 6-1, n. 420/2012, Rv. 621178-01; Sez. 6-1, n. 359/2013; Sez. 6-1, n. 15756/2013).

13. In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato e, in assenza di svolgimento delle difese effettive da parte del Ministero, nessuna statuizione dev’essere adottata sulle spese di lite.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza allo stato dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2021

 

 

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