Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26172 del 27/09/2021

Cassazione civile sez. I, 27/09/2021, (ud. 12/05/2021, dep. 27/09/2021), n.26172

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21863/2020 proposto da:

O.B.U., alias U.B., rappresentato e

difeso dall’Avv. Andrea Diroma, domiciliato presso la Cancelleria

della Corte;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappresentato e

difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato domiciliato in Roma, via

dei Portoghesi n. 12, costituito al solo fine di partecipare ex art.

370 c.p.c., comma 1, all’eventuale udienza di discussione della

controversia;

– resistente –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA n. 1660/20,

depositata il 1 luglio 2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/5/2021 dal Consigliere Dott. PIERPAOLO GORI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con sentenza numero 1660 del 2020 pubblicata il 1 luglio 2020 nel processo iscritto al numero di registro 2154 del 2018 la Corte d’appello di Venezia rigettava l’appello di O.B.U., alias U.B., avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia depositata il 9 maggio 2018 con cui era stata disattesa l’opposizione al decreto reiettivo della protezione internazionale e del rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, da parte della Commissione territoriale di Verona sezione di Padova.

2. In particolare il richiedente riferiva di provenire dall’Imo State in Nigeria e di aver lasciato il suo paese dopo gravi attentati di (OMISSIS) e per il timore di essere arrestato quale appartenente al movimento (OMISSIS) per la liberazione del Biafra. Il narrato veniva ritenuto non credibile dal Tribunale di Venezia e il richiedente privo anche dei requisiti di vulnerabilità per la concessione della protezione umanitaria, decisione confermata dalla Corte d’appello.

3. Avverso tale decisione propone ricorso il richiedente per tre motivi mentre il Ministero dell’Interno deposita mera comparsa di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. Con il primo motivo di ricorso viene prospettata – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e dunque la nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione e motivazione apparente oltre che – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – il vizio motivazionale per mancato esame di fatti decisivi al fine di valutare la credibilità delle richiedente, avendo la Corte d’appello utilizzato non le COI depositate con l’appello, ma altre relative a diversa regione di provenienza e comunque relative agli anni dal 2015 al 2018 e quindi non aggiornate.

5. Con il secondo motivo di ricorso – ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – viene dedotta la violazione dell’art. 116 c.p.c., comma 1, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3. Viene così censurata la decisione della Corte d’appello nella parte in cui avrebbe affermato in modo apodittico la non credibilità del ricorrente negando ogni valore indiziario all’atteggiamento complessivo del ricorrente e non utilizzando la documentazione allegata.

6. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi e sono infondati. Innanzitutto non vi è spazio per l’accoglimento della denuncia di motivazione apparente, in quanto l’esposizione del fatto, dei principali snodi processuali e delle prospettazioni delle parti non è omessa in sentenza. In motivazione viene anche identificata la domanda su cui la Corte d’appello è stata chiamata a pronunciarsi, e il giudice d’appello espone con adeguata precisione il narrato riferito dal richiedente e, in generale, articola una motivazione controllabile nel suo iter logico (cfr Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 2014) tale da soddisfare la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6 (cfr., per tutte, Cass. n. 9105/2017).

7. In riferimento alla prospettata violazione di legge perché la Corte d’appello avrebbe mancato di esercitare la cooperazione istruttoria, a differenza di quanto ritenuto dal richiedente in ricorso, la Corte d’appello ha assolto agli obblighi di cooperazione istruttoria con riferimento alle condizioni del Paese di origine (Imo State, Nigeria), richiamando quanto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), una puntuale e aggiornata ricostruzione socio-politica dello Stato e della regione di provenienza e 9 recenti report a suo sostegno. In buona sostanza la Corte d’appello prende in carico l’allegazione di violazione dei diritti inviolabili dell’uomo e di situazione di instabilità socio-politica del Paese, vagliandola e non condividendola.

8. Tale statuizione è argomentata, con riferimenti circostanziati al racconto del richiedente, anche avuto riguardo tanto alla richiesta di protezione umanitaria. Ne’ sussiste un pari obbligo di cooperazione con riferimento alle lett. a) e b) del della previsione normativa da ultimo citata allorquando, come nel caso di specie, alla ritenuta e motivata assenza di credibilità del dichiarante (cfr. Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 16122 del 28/07/2020) si aggiunga il fatto che le censure non sono individualizzate.

9. Orbene, gli accertamenti in fatto operati dalla Corte d’appello e sopra riassunti, che implicano anche l’esercizio di reperimento di informazioni d’ufficio, adempimento esercitato già in primo grado e ribadito dalla sentenza impugnata nel quadro dei poteri devolutivi del giudice di appello non sono stati utilmente censurati con i due motivi in disamina. In sintesi, alle statuizioni in fatto adottate dal giudice di appello viene semplicemente contrapposta una ricostruzione diversa secondo cui vi sarebbero serie compressioni di diritti fondamentali a danno del richiedente, deduzioni tuttavia non supportate da allegazioni in fatto circostanziate.

10. Anche la deduzione secondo la quale la Corte d’appello avrebbe fatto uso di COI non sufficientemente recenti e comunque non quelle invocate dal ricorrente, oltretutto estrapolandone contenuti parziali e distorsivi delle reali condizioni del Paese di origine, è generica e non decisiva. Infatti, non solo la Corte ben poteva fare uso di COI aggiornate anche se non le più recenti, motivando adeguatamente come ha fatto ma, a ben vedere, non sono neppure stati riprodotti in ricorso i passaggi delle COI in questione ritenuti rilevanti. Così facendo il ricorrente non ha posto il Collegio nelle condizioni di valutare la decisività del fatto e, anzi, non è nemmeno con precisione individuato il fatto decisivo e contrario oggetto di discussione tra le parti, ma solo l’elemento di prova (COI inteso come documento anziché il suo contenuto rilevante) che non sarebbe stato considerato, in contrasto con il dettato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

11. Con il terzo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – viene prospettata la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 8 CEDU e così l’errata valutazione della credibilità e l’erroneo mancato riconoscimento della protezione umanitaria.

Ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, viene quindi prospettato il mancato esame di fatti decisivi al fine del riconoscimento della protezione umanitaria in ragione dell’art. 8 CEDU.

Inoltre – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, viene denunciata la nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione e motivazione solo apparente nella parte in cui la Corte d’appello avrebbe rigettato la domanda di protezione umanitaria semplicemente sulla base del rigetto della protezione internazionale senza un’autonoma valutazione dei presupposti per l’umanitaria.

12. Il motivo, unicamente incentrato sulla protezione umanitaria, è infondato. Per la motivazione apodittica ed apparente vale quanto sopra già considerato con riferimento al primo motivo e la giurisprudenza ivi richiamata secondo cui va esclusa la nullità della sentenza che soddisfa ampiamente il minimo costituzionale quale è il caso di specie, né la Corte d’appello ha basato la sua decisione circa la protezione umanitaria unicamente sulla non credibilità del racconto, come si legge a pag. 13 della sentenza impugnata ove – precisato che nessuna condizione personale di vulnerabilità, diversa da quelle inapprezzabili derivanti dalla non credibile vicenda personale, risultava allegata – la Corte stessa non ha mancato di evidenziare la situazione familiare del richiedente nel Paese di origine, la cui attuale situazione geo-politica è stata peraltro valutata.

13. Per il resto va ribadito come il dovere di cooperazione istruttoria del giudice è sì disancorato dal principio dispositivo e libero da preclusioni e impedimenti processuali, ma presuppone l’assolvimento da parte del richiedente dell’onere di allegazione dei fatti costitutivi della sua personale esposizione a rischio, a seguito del quale opera il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, e in quali limiti, nel Paese di origine del richiedente si verifichino fenomeni tali da giustificare l’applicazione della misura richiesta, non potendosi considerare fatti di comune e corrente conoscenza quelli che vengono via via ad accadere nei Paesi estranei alla Comunità Europea (cfr. quanto alla protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 11096 del 19/04/2019 e, quanto all’umanitaria, Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 14548 del 09/07/2020, Rv. 658136 – 01), al fine di contrastare gli specifici accertamenti in fatto a sé sfavorevoli operati dalla Corte d’appello. Nel caso di specie manca tale presupposto ed è carente l’allegazione circostanziata di parte.

15. In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato e, in assenza di svolgimento di difese effettive da parte del Ministero, nessuna statuizione dev’essere adottata sulle spese di lite.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza allo stato dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA