Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26172 del 21/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 26172 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

appalto

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:

MAVEL MAR di Alessandro Mavellia (P.I. 0121014990), in
persona del titolare Alessandro Mavellia, rappresentata e
difesa dall’Avvocato Aldo Petrelli per procura speciale a
margine del ricorso, domiciliata in Roma, Piazza Cavour,
presso la Cancelleria civile della Corte suprema di

Cassazione;
– ricorrente contro
PETROLIG s.r.1., in persona del legale rappresentante

tempore,

pro

rappresentata e difesa, per procura speciale in

calce al controricorso, dall’Avvocato Roberto Figura,
elettivamente domiciliata in Roma, via Prisciano n. 43,
presso lo studio dell’Avvocato Giuseppe Tufani;

– controricorrente –

1-594
-13

Data pubblicazione: 21/11/2013

avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 68
del 2012, depositata in data 19 gennaio 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 4 ottobre 2013 dal Consigliere relatore Dott.

sentito

l’Avvocato Francesco Pecora (per delega

Figura);
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Ignazio Patrone, che nulla osserva in ordine
alla relazione di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ.
Ritenuto che, con atto di citazione notificato in data
12 novembre 2002, la Mavel Mar di Mavellia Alessandro
conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Genova la
Petrolig s.r.1., per ottenere condanna della società
convenuta al pagamento del credito risultante dal contratto
di appalto stipulato tra le parti;
che la società attrice esponeva che tra le parti in
causa era stato stipulato un contratto di appalto mediante
il quale essa attrice si obbligava ad eseguire taluni
lavori di pulitura di pozzi e cisterne degli impianti della
Petrolig s.r.1.; che in esecuzione di un ultimo ordine di
lavoro emesso dalla Petrolig, essa attrice aveva rilevato
che l’opera era ben più complessa di quanto esposto
nell’ordine inviatole; che, conseguentemente, il prezzo era
diverso da quello indicato dalla Petrolig, sulla base

Stefano Petitti;

dell’apposito prezzario convenuto ab

origine dalle parti;

che essendo controverso l’ammontare del prezzo per tale
lavoro, a seguito di ispezione congiunta, le due società
addivenivano ad un accordo transattivo; che la Petrolig

secondo la ricostruzione di parte attrice, tale accordo
riferito ai lavori eseguiti dalla mavel Mar nella loro
interezza, bensì esclusivamente alla composizione della
controversa sorta per l’ultimo lavoro; che, quindi, la
somma pattuita nell’accordo

de quo era

da intendere non

come globale corrispettivo dovuto per l’appalto, ma solo
come differenza tra il prezzo originariamente pattuito e
quello dovuto a seguito della corretta determinazione
dell’obbligazione a carico della Petrolig per l’ultimo
lavoro di pulitura effettuato dalla Mavel Mar;
che il Tribunale di Genova, con sentenza n. 2055 del
2005, disattendendo le ricostruzioni di parte attrice,
rilevata la natura transattiva dell’accordo rispetto al
contratto di appalto tra le parti stipulato, rigettava la
domanda della Mavel Mar;
che l’originaria attrice, con atto di citazione
notificato in data 23 febbraio 2006, interponeva tempestivo
appello dinanzi alla Corte d’appello di Genova, chiedendo
l’integrale riforma della sentenza appellata;

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aveva frainteso la natura di detto accordo, non essendo,

che la Corte distrettuale, con sentenza depositata in
data 19 gennaio 2012, rigettava l’appello;
che per la cassazione di detta sentenza la Mavel Mar
ha proposto ricorso sulla base di quattro motivi;

della sentenza per violazione degli articoli 112, 134 cod.
proc. civ., per non avere la Corte d’appello riportato, tra
le conclusioni della appellante, le richieste di cui alla
lettera F dell’atto introduttivo, con conseguente omessa
pronunzia sulle relative domande di parte appellante;
che con il secondo la ricorrente denunzia vizio di
motivazione per omesso esame di atti e documenti, nonché la
violazione dell’articolo 1965 cod. civ., ai sensi dell’art.
360, n. 3 e 5, cod. proc. civ., per avere la Corte
d’appello erroneamente ritenuto la natura transattiva
dell’accordo stipulato dalle parti in data 18 aprile 2002;
che con il terzo

MAVEL MAR

denunzia vizio di

motivazione per omesso esame di atti e documenti, nonché la
violazione degli articoli 1975, comma 2 e 1677 cod. civ.,
ai sensi degli articoli 360, n. 3 e 5, laddove, pur
ammettendosi la natura transattiva della scrittura privata
datata 18 aprile 2002, la Corte distrettuale comunque
avrebbe errato nel non ritenerla efficace esclusivamente
rispetto ad un affare determinato;

che con il primo motivo la ricorrente deduce la nullità

che con il quarto motivo la ricorrente denunzia
l’omesso esame di atti e documenti nonché violazione degli
articoli 1671, 1677 cod. civ., per avere la Corte d’appello
mancato di riconoscere il recesso unilaterale della

periodiche sottoscritto dalle parti;
che ha resistito, con controricorso, la intimata
Petrolig s.r.l. eccependo l’infondatezza dei motivi del
ricorso;
che, essendosi ravvisate le condizioni per la
trattazione del ricorso in camera di consiglio è stata
redatta relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc.
civ., che è stata comunicata alle parti e al Pubblico
Ministero.
Considerato che il relatore designato ha formulato la
seguente proposta di decisione:
[(-) Il primo motivo di ricorso non è fondato.
Appare, preliminarmente, del tutto inconferente la
denunciata mancata menzione, nella sentenza impugnata,
delle conclusioni di cui alla lettera

F

dell’atto di

citazione in appello della Mavel Mar, giacché, come pure
l’odierna ricorrente ricorda, secondo l’orientamento della
Corte di legittimità, “la mancata trascrizione delle
conclusioni delle parti non costituisce di per sé motivo di
nullità, occorrendo che a tal fine l’omissione abbia in

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Petrolig s.r.l. dal contratto di appalto a prestazioni

concreto inciso sull’attività del giudice nel senso di
avere determinato o una mancata pronuncia sulle domande o
sulle eccezioni oppure un difetto di motivazione in ordine
a punti decisivi prospettati” (Cass. n. 12036 del 2000).

pronunzia su una delle domande poste dalle parti, a
prescindere dalla mancata trascrizione di alcune delle
conclusioni.
Tanto premesso, non colgono nel segno le censure di parte
ricorrente, dal momento che non sussistono le omissioni
lamentate, giacché la mancata trascrizione delle
conclusioni di cui alla lettera F dell’atto di citazione in
appello non ha determinato alcuna omessa pronunzia da parte
dei giudici del gravame. Invero, nella sentenza impugnata,
la Corte distrettuale ha dato conto delle ragioni per cui
ha ritenuto di condividere le statuizioni del giudice di
primo grado, nel senso di ritenere che la scrittura privata
datata 18 aprile 2002 avesse efficacia transattiva nei
confronti di tutto il rapporto contrattuale intercorso tra
le parti in causa. La declaratoria di intervenuta
transazione in merito all’intero schema contrattuale
intervenuto tra le parti in causa determina l’assorbimento
delle singole vicende che hanno cadenzato l’appalto tra le
due società, ivi inclusa quella concernente l’esecuzione
dei lavori descritti nella nota 22 maggio 2002, richiamati

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Quindi può assumere rilevanza esclusivamente l’omessa

nella lettera F dell’atto di citazione in appello. La
conferma della sentenza di primo grado che ha dichiarato
transatto l’intero rapporto contrattuale assorbe ogni
questione concernente le esecuzioni che hanno composto

Il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso sono
inammissibili, dal momento che parte ricorrente chiede a
questa Corte un nuovo esame del merito della causa,
inammissibile nel giudizio di legittimità.
Va, preliminarmente, osservato come la tecnica di redazione
dei tre motivi di ricorso in esame sia la medesima e
censuri il vizio di motivazione della sentenza impugnata
dipendente dal mancato esame di documenti. Parte ricorrente
non illustra in maniera adeguata le lacune ovvero le
contraddizioni nelle quali si sostanzierebbe il vizio di
motivazione, dolendosi solo del mancato (o non corretto)
esame di taluni documenti.
A proposito va in primo luogo affermato che il mancato
esame di documenti avrebbe dovuto formare oggetto di
autonoma impugnativa, non potendo la Corte pronunziarsi su
eventuali vizi della sentenza in base a mere asserzioni,
contenute, tra l’altro, in motivi che, almeno stando alla
rubrica degli stessi, intendono censurare per altri aspetti
la sentenza impugnata.

l’appalto de quo.

In secondo luogo, in materia di scelta di quali prove porre
a fondamento della decisione, l’orientamento della Corte di
cassazione è consolidato nel senso di ritenere che “la
scelta tra le varie risultanze istruttorie, di quelle

controversia, sono rimesse al giudice del merito e sono
sindacabili in cassazione solo sotto il profilo della
adeguate congrua motivazione che sostiene la scelta
nell’attribuire valore probatorio ad un elemento emergente
dall’istruttoria piuttosto che ad un altro” (Cass. n. 14972
del 2006). Parte ricorrente non svolge censure puntuali
alla motivazione della sentenza impugnata, limitandosi a
lamentare l’ingiustizia della decisione di conferma della
sentenza di primo grado, chiedendo un nuovo (o diverso)
esame di alcuni documenti. Sicché, anche sotto questo,
ulteriore e conclusivo profilo, deve essere esclusa
l’ammissibilità delle censure sollevate col secondo, terzo
e quarto mezzo.
In base alle ragioni testé esposte, si ritiene sussistano i
presupposti di cui all’art. 375, n. 5, cod. proc. civ., per
la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi
dell’art. 380 bis cod. proc. civ., perché il ricorso possa
ivi essere rigettato»;

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ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della

che il Collegio condivide la proposta di decisione,
alla quale, del resto, non sono state rivolte critiche di
sorta;
che il ricorso va quindi rigettato, con conseguente

della soccombenza, al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al

pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che
liquida in complessivi euro 3.000,00 per compensi, oltre ad
euro 200,00 per esborsi e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Sesta Sezione Civile – 2 della Corte suprema di Cassazione,
il 4 ottobre 2013.

condanna della ricorrente, in applicazione del principio

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