Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26171 del 17/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 17/11/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 17/11/2020), n.26171

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19036-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

A.G., con domicilio eletto in ROMA PIAZZA CAVOUR presso

la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato GIUSEPPE DI PRIMA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 96/2013 della COMM. TRIB. REG. di PALERMO,

depositata il 31/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/07/2.020 dal Consigliere Dott. MONDINI ANTONIO.

 

Fatto

PREMESSO

che:

1. In data 21 settembre 2006, l’Agenzia delle Entrate notificava a A.G. avviso di liquidazione di maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale, in rettifica dei valori dichiarati dei beni di cui all’atto di trasferimento registrato il 26 novembre 2004;

2. in data 9 novembre 2006, il contribuente presentava istanza di accertamento con adesione, ai sensi del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 6, alla quale non faceva seguito alcun invito a comparire;

3. il contribuente, senza impugnare l’avviso, rinnovava l’istanza il 26 gennaio, l’11 marzo e il 21 marzo 2008;

4. nel frattempo, impugnava la cartella di pagamento notificatagli dall’Agenzia in relazione all’avviso e ne chiedeva l’annullamento assumendone l’illegittimità in ragione del silenzio mantenuto dalla medesima Agenzia sulle istanze predette;

5. l’adita commissione provinciale di Agrigento accoglieva il ricorso “in considerazione del comportamento omissivo dell’ufficio sul procedimento di accertamento con adesione”;

6. la commissione tributaria regionale della Sicilia, con sentenza 31 maggio 2013, n. 96, rigettava l’appello dell’Agenzia dichiarando di condividere la motivazione della sentenza di primo grado;

7. per la cassazione di tale sentenza, l’Agenzia ha proposto ricorso su due motivi;

8. il contribuente ha deposito controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il due motivi di ricorso, l’Agenzia lamenta, rispettivamente, violazione del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 6, e violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 19 e 21, e dell’art. 112 c.p.c.. Sostiene che la convocazione del contribuente che abbia presentato istanza di definizione non è obbligatoria, che la mancata convocazione non inficia il provvedimento impositivo nè la cartella di pagamento, che quest’ultima resta impugnabile solo per vizi propri (nel caso di specie mai dedotti);

2. i motivi, suscettivi di esame congiunto in quanto connessi, sono fondati. Ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, commi 2 e 3 (nella versione applicabile ratione temporis), il contribuente nei cui confronti sia stato notificato avviso di accertamento o di rettifica, non preceduto dall’invito di cui all’art. 5 (a comparire per la definizione dell’accertamento dell’imposta di registro, dell’imposta ipotecaria e dell’imposta catastale), “può formulare, anteriormente all’impugnazione dell’atto innanzi la commissione tributaria provinciale, istanza in carta libera di accertamento con adesione” e in tal caso “il termine per l’impugnazione è sospeso per un periodo di novanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza”. La Corte, con sentenze 31472 del 3 dicembre 2019 e 28051 del 30 dicembre 2009, ha statuito: “In tema di accertamento con adesione, la presentazione di istanza di definizione da parte del contribuente, ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, non comporta l’inefficacia dell’avviso di accertamento, ma solo la sospensione del termine di impugnazione per un periodo di 90 giorni, decorsi i quali, senza che sia stata perfezionata la definizione consensuale, l’accertamento diviene comunque definitivo, in assenza di impugnazione, anche se sia mancata la convocazione del contribuente, che costituisce per l’Ufficio non un obbligo, ma una facoltà, da esercitare in relazione ad una valutazione discrezionale del carattere di decisività degli elementi posti a base dell’accertamento e dell’opportunità di evitare la contestazione giudiziaria”. Ne consegue che, trascorso il termine d’impugnazione così prorogato, l’avviso non può essere messo ulteriormente in discussione. Nel caso di specie, la commissione regionale ha dunque errato nel confermare la decisione di primo grado e nel disattendere l’eccezione sollevata dall’Agenzia ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 21, di inammissibilità del ricorso avanzato dal contribuente contro la cartella di pagamento non per vizi propri di quest’ultima ma per un vizio (peraltro inesistente) dell’avviso presupposto;

3. il ricorso deve essere accolto, la sentenza deve essere cassata e, non essendo necessario alcuna accertamento in fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso;

5. le spese dei giudizi di merito devono essere compensate in ragione dello sviluppo della vicenda processuale;

6. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decide la causa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente;

compensa le spese dei giudizi di merito;

condanna il contribuente a rifondere alla Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.200,00, oltre alle eventuali spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale effettuata da remoto, il 1 Luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020

 

 

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