Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2617 del 05/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 2617 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: D’AMICO PAOLO

SENTENZA
sul ricorso 12665-2008 proposto da:
SERESINI

ALESSANDRA

SRSLSN75T66D142Q,

SERESINI

DANIELE SRSDNL44B26D141I, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA P. BORSIERI 3, presso lo studio
dell’avvocato GATTEGNA RENZO, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MARASCHI ALBERTO
giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

CAZZALINI MARIA GRAZIA CZZMGR70T68D142J, CAZZALINI
GIOVANNI

CZZGNN63H05D142W,

GENNARI

1

FRANCESCA

Data pubblicazione: 05/02/2014

GNNFNC39D66B889M, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato
FRANZIN LUDOVICA, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato LUPO STANGHELLINI GIUSEPPE
giusta procura speciale del Dott. Notaio GIOVANNI

– controricorrentl

avverso la sentenza n. 171/2007 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 21/03/2007, R.G.N.
909/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/12/2013 dal Consigliere Dott. PAOLO
D’AMICO;
udito l’Avvncto GIAMPAOLO TORSELLT per delega;
udito

il P.M. in persona del

Sostituto

Procuratore

Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

2

BATTISTA DONATI in CREMA 25/11/2013, rep. n. 96.489;

Svolgimento del processo

Daniele Seresini, con dichiarazione autografa del 12
dicembre, si riconobbe debitore di Giuseppe Cazzalini per la
complessiva somma di E 87.000.000, per forniture di fieno
avvenute negli anni 1997-1998-1999.

Cazzalini comunicò al Seresini, ex art. 1264 c.c., che una parte
del proprio credito, pari a E 50.775.015, era stata ceduta alla
figlia Maria Grazia.
Con scrittura privata autenticata in data 9 dicembre 2002
Daniele Seresini cedette alla figlia Alessandra il 10% delle
quote della s.r.l. Immobiliare Ca’ de Vagni di cui era
intestatario.
Con atto di citazione del 25 febbraio 2003 Maria Grazia
Cazzalini convenne dinanzi al Tribunale di Crema Daniele e
Alessandra Seresini chiedendo che l’atto di cessione fosse
revocato ex art. 2901 c.c.
Si costituì Alessandra Seresini la quale eccepì che l’atto
di cessione non era revocabile in quanto era stato stipulato in
adempimento di un precedente preliminare, datato 19 dicembre
2001 (senza data certa) in base al quale il prezzo pattuito di £
160.000.000 sarebbe stato versato secondo le modalità che
sarebbero state convenute.
In data 23 giugno 2003 decedette Giuseppe Cazzalini.

3

Con atto notificato in data 22 febbraio 2002 Giuseppe

Con atto di intervento Maria Grazia e Giovanni Cazzalini e
Francesca Gennari intervennero nel predetto processo in corso e,
premettendo di essere creditori del Seresini della somma di C
18.714,64, in quanto eredi del defunto Giuseppe Cazzalini,
chiesero, da una parte che Daniele Seresini fosse condannato al

cessione del 9 dicembre 2002 fosse revocato anche nei loro
confronti.
Alessandra Seresini eccepì l’inammissibilità di tale
intervento.
Il Tribunale revocò l’atto di cessione sia nei confronti di
Maria Grazia Cazzalini che nei confronti degli intervenienti
Maria Grazia e Giovanni Cazzalini e Francesca Gennari; condannò
Daniele Seresini al pagamento, a favore dei suddetti
intervenienti, della somma di C 18.714,64.
Ritenne il Tribunale:
l) che l’intervento doveva ritenersi ammissibile in quanto
fra la causa introdotta da Maria Grazia Cazzalini e quella degli
intervenienti sussisteva una connessione o collegamento che
giustificava il simultaneus processus;
2) che il credito vantato dagli intervenienti nei confronti
di Daniele Seresini era pacifico ed incontestato;
3)

che doveva ritenersi sussistente sia

l’eventus damni

(costituito dalla diminuzione della consistenza patrimoniale di
Daniele Seresini già oggetto di diverse esecuzioni mobiliari),
4

pagamento della suddetta somma; dall’altro, che l’atto di

sia la

scientia damni

(desumibile tanto dalla circostanza che

Alessandra Seresini era figlia convivente del debitore, quanto
dal fatto che la medesima, dopo aver preso in affitto l’azienda
del padre, provvedeva a pagare i di lui debiti).
Avverso tale sentenza proposero appello Daniele e Alessandra

La Corte d’appello di Brescia ha confermato l’impugnata
sentenza.
Propongono ricorso per cassazione Daniele e Alessandra
Seresini con due motivi.
Resistono con controricorso Maria Grazia e Giovanni
Cazzalini e Francesca Gennari.
Motivi della decisione

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano «Violazione
dell’art. 105, c. l, c.p.c. per inammissibilità dell’intervento
spiegato dagli eredi del signor Cazzalini Giuseppe.»
Sostengono i Seresini che l’intervento litisconsortile, per
essere ammissibile, deve essere individuato con riferimento
all’oggetto o alla

causa petendi

e non già limitato ad una

generica comunanza degli interessi di riferimento in relazione
al quale si fanno valere le contrapposte pretese delle parti.
Nel procedimento promosso ai sensi dell’art. 2901 c.c.,
proseguono i ricorrenti, deve negarsi l’ammissibilità
ad adiuvandum

dell’intervento di terzi, sia

(posto che il

creditore intervenuto riduce la possibilità di soddisfacimento
5

Seresini.

integrale del creditore da parte dell’attore), sia in via
autonoma, ove si consideri che tale procedimento, avendo natura
personale e non reale, si limita ad accertare l’efficacia
dell’atto impugnato fra coloro che l’hanno posto in essere e la
parte che lo contrasta, la quale fa valere un diritto di credito

termini, si afferma, l’azione revocatoria, giovando solo al
creditore che la esercita, ammette un unico intervento
litisconsortile, vale a dire quello del creditore autonomo o
solidale dell’attore, il cui interesse alla pronuncia di
inefficacia è giuridicamente qualificato dalla condizione di
sussidiarietà o di contitolarità del diritto di credito azionato
dall’attore (nella specie Maria Grazia Cazzalini).
Il motivo è infondato.
Attraverso l’intervento adesivo si verifica infatti un
cumulo di domande cha dà luogo ad un litisconsorzio facoltativo
successivo con conseguente applicazione della relativa
disciplina.
La ratio di questo tipo di intervento, coincide infatti con
quella classicamente indicata a proposito del litisconsorzio
facoltativo, ossia l’esigenza di evitare un possibile contrasto
di giudicati e di osservare il principio di economia
processuale.
Secondo

la

giurisprudenza

di

questa

Corte,

per

l’ammissibilità dell’intervento di un terzo in un giudizio
6

suo proprio non estensibile a rapporti diversi. In altri

pendente fra altre parti è sufficiente che la domanda
dell’interveniente presenti una connessione o un collegamento
implicante l’opportunità di un simultaneus processus.
In particolare, la facoltà di un intervento in giudizio, per
far valere nei confronti di tutte le parti o di alcune di esse,

dedotto in causa, deve essere riconosciuta, indipendentemente
dall’esistenza o meno nel soggetto che ha instaurato il
giudizio, della

legitimatio ad causam,

attenendo questa alle

condizioni dell’azione e non ai presupposti processuali (Cass.,
28 dicembre 2009, n. 23398).
Nella specie i terzi Maria Grazia e Giovanni Cazzalini e
Francesca Gennari, quali eredi di Giuseppe Cazzalini, che in
precedenza non erano parti in causa, proposero una domanda che
si affiancò a quella già proposta dalla stessa Maria Grazia
Cazzalini in proprio.
Tale domanda, che si rivolse nei confronti di Alessandra e
Daniele Seresini, bene avrebbe potuto essere proposta
cumulativamente sin dal principio.
Sussistevano infatti tutti i presupposti perché le due
azioni revocatorie venissero trattate contestualmente, dovendosi
ritenere che, ai sensi dell’art. 105 c.p.c., gli altri creditori
potevano anch’essi esperire l’azione revocatoria, posto che
entrambe le azioni erano connesse sotto il profilo soggettivo,
per l’oggetto e per la

causa petendi.
7

Era invece del tutto

un proprio diritto relativo all’oggetto o dipendente dal titolo

secondario che il credito fatto valere nei confronti del
debitore fosse diverso.
Con il secondo motivo si denuncia «Falsa applicazione, nel
caso di specie, dell’art. 2901, c. 1, cod. civ.»
Sostengono i ricorrenti che la corte di merito ha errato nel

alla considerazione che il preliminare di vendita del 10% delle
quote della s.r.l. Immobiliare Ca’ De Vagni, non avendo data
certa, non sarebbe idoneo a provare che le somme pattuite per la
cessione di quote siano state proprio quelle utilizzate
dall’acquirente Alessandra Seresini per pagare terzi creditori
di Daniele Seresini.
Ad avviso di Alessandra e Daniele Seresini, invece, i
pagamenti effettuati dalla prima ai creditori del padre, in
ragione delle pattuizioni contenute nel contratto preliminare di
vendita, sono un dato certo e non contestato talché, attesa la
loro natura solutoria, va applicato il principio
giurisprudenziale secondo il quale non può assoggettarsi ad
azione revocatoria ordinaria, ex art. 2901 c.c., l’alienazione
di un bene a titolo oneroso, da parte del debitore, il cui
corrispettivo venga versato dal compratore ai suoi creditori per
estinguere debiti scaduti. Ciò non comporta infatti alcuna
diminuzione del patrimonio netto dello stesso debitore e non è
quindi in grado di arrecare danno agli altri creditori.
Il motivo è infondato.
8

ritenere sussistenti i presupposti della revocatoria in base

L’art.

2901 c.c. pone le condizioni per l’esercizio

dell’azione revocatoria e le indica nelle seguenti:

a)

l’esistenza di un valido rapporto di credito, come elemento
costitutivo della fattispecie e come presupposto dell’azione,
tra il creditore che agisce in revocatoria e il debitore

della garanzia patrimoniale del credito conseguente al
compimento da parte del debitore dell’atto traslativo; c) la
ricorrenza in capo al creditore ed eventualmente al terzo della
consapevolezza che, con l’atto di disposizione, il debitore sta
diminuendo la consistenza del suo patrimonio e, quindi, le
garanzie spettanti ai creditori secondo la previsione dell’art.
2740 c.c. (Cass., 2004/3546).
Dall’impugnata sentenza, non contestata l’esistenza di un
valido rapporto di credito fra Daniele Seresini e Giuseppe
Cazzalini, emerge in primo luogo

l’eventus damni,

costituito

dalla diminuzione della consistenza del patrimonio dell’attuale
ricorrente a seguito della vendita del 10% delle quote della
s.r.l. Immobiliare Ca’ De Vagni; quindi la consapevolezza, da
parte della figlia, del danno conseguente a tale cessione.
Non vi è invece alcuna prova che la somma pretesamente
pagata da Alessandra Seresini, quale corrispettivo della
cessione delle quote, sia stata effettivamente versata ai terzi
creditori di Daniele Seresini, affermando la stessa, in maniera
generica, di aver pagato questi ultimi.
9

disponente; b) l’effettività del danno, inteso come lesione

Del pari, in difetto di data certa, non è stata provata la
pretesa anteriorità del preliminare rispetto al sorgere del
credito.
Per tutte le ragioni che precedono il ricorso deve essere in
conclusione rigettato, con condanna di parte ricorrente alle

dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle
spese del giudizio di cassazione che liquida in C 4.700,00 di
cui C 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Roma, 5 dicembre 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in

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