Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26165 del 18/10/2018

Cassazione civile sez. II, 18/10/2018, (ud. 22/05/2018, dep. 18/10/2018), n.26165

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26622/2017 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12,presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.B., G.E., G.D.,

GL.BE., tutti quali eredi di G.A.;

– intimati –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il

03/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/05/2018 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

Con ricorso depositato in data 24.4.2012 G.B., G.E., G.D. e Gl.Be., quali eredi di G.A., adivano la Corte d’appello di Roma per ottenere la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento di un equo indennizzo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, per l’eccessiva durata di una causa civile instaurata innanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere dal proprio dante causa, deceduto nel corso del giudizio di primo grado, definita con in primo grado con sentenza del 22.7.2005 ed impugnata dagli eredi, e successivamente definita in via definitiva con sentenza del 31.8.2011 emessa dalla Corte d’appello di Napoli.

La Corte territoriale, con decreto del 3.10.2017, riconosceva in favore dei ricorrenti l’indennizzo, nella misura pari ad Euro 5.250,00, per i 5 anni e 6 mesi di superamento del limite ragionevole del processo iure hereditatis, nonchè l’indennizzo iure proprio, nella misura di Euro 2.250,00, per i 3 anni di superamento della durata complessiva in relazione al procedimento di secondo grado, nel quale i ricorrenti si era costituiti quali eredi di G.A..

Per la cassazione di tale decreto il Ministero della Giustizia propone ricorso affidato a tre motivi.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo mezzo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), deducendo la tardività del ricorso ex L. n. 89 del 2001, avuto riguardo alla data di deposito della decisione di primo grado: poichè G.A., dante causa degli odierni ricorrenti, è deceduto in data 20.11.2004, allorchè era ancora pendente il giudizio di primo grado, tale decesso, intervenuto in corso di procedimento, avrebbe determinato l’anticipazione del dies ad quem, dovendo il de cuius considerarsi privo della qualità di parte dopo l’esaurimento della relativa fase di giudizio.

Di qui, la tardività della richiesta di indennizzo a titolo ereditario, formulata dai ricorrenti.

Il motivo è infondato.

E’infatti vero che, come questa Corte ha già affermato, ai fini dell’ equa riparazione per la non ragionevole durata del processo, è irrilevante la continuità della posizione processuale dell’erede rispetto a quella del suo dante causa, prevista dall’art. 110 c.p.c., (ex multis, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 13803, del 23/06/2011), in quanto l’erede ha diritto all’indennizzo iure proprio solo per l’irragionevole durata del giudizio successivo alla propria costituzione, mentre l’indennizzo iure hereditatis gli compete per la sola frazione di durata irragionevole verificatasi nel giudizio presupposto, fino alla morte del de cuius.

Ciò non importa, peraltro, una diversa decorrenza del termine di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4, per azionare le rispettive pretese di indennizzo, le quali, pur distinte, trovano origine nell’unico procedimento, dalla cui definitività decorre il su menzionato termine semestrale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4.

Dalla data di definitività dell’unico procedimento presupposto decorre dunque il termine per l’instaurazione del procedimento ex L. n. 89 del 2001, che nel caso di specie è stato dunque rispettato.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia “motivazione perplessa” su un fatto decisivo della controversia, con riferimento al parametro costituzionale dell’art. 111 Cost., comma 2, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), in relazione all’indennizzo complessivamente liquidato.

Il motivo è infondato.

La Corte territoriale ha infatti indicato, in modo del tutto adeguato, il parametro di liquidazione adottato (750,00 Euro per i primi tre anni; 1.000,00 Euro per quelli successivi) ed il periodo di tempo non considerato, in quanto dovuto a rinvii imputabili alla parte: nell’ambito della durata dei rinvii ha peraltro precisato di aver scomputato un lasso di tempo (pari alla metà), che, in considerazione della eccessiva lunghezza di detti rinvii, ha ritenuto ascrivibile a disfunzioni organizzative del sistema giudiziario.

Con il terzo ed ultimo motivo il Ministero denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), deducendo che l’impugnato decreto sarebbe affetto da vizio di ultra petizione, in relazione alla liquidazione dell’indennizzo effettuata dalla Corte territoriale pro quota a fronte della domanda di indennizzo formulata in via cumulativa dai ricorrenti.

Il motivo è infondato.

La circostanza che il giudice abbia liquidato l’indennizzo attribuendolo pro quota a fronte di una richiesta unitaria non integra ultra petizione, ex art. 112 c.p.c., laddove, come nel caso di specie, non venga alterata la corrispondenza tra la pretesa, che, pur fatta valere unitariamente dalla pluralità di ricorrenti sia sostanzialmente scindibile, e la statuizione della sentenza, resa in relazione a ciascuna situazione soggettiva, ma fondata sull’unico fatto costitutivo, comune ai diversi ricorrenti, ed indicato in domanda;

si tratta, in tal caso, di scelta che rientra nella discrezionalità del giudice e non altera gli elementi sostanziali della materia del contendere delineati dalla dialettica processuale parti.

Il ricorso va dunque rigettato e, considerato che gli intimati non hanno svolto attività difensiva, non deve provvedersi sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2018

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