Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26164 del 19/12/2016

Cassazione civile, sez. lav., 19/12/2016, (ud. 05/10/2016, dep.19/12/2016),  n. 26164

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26368-2011 proposto da:

Q.R., QRTRFL73H26F839Y, domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNA PAGNOZZI, RENATO

ANGELONE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO

RICCI, CLEMENTINA PULLI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, C.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 6809/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 15/11/2010 R.G.N. 7367/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/10/2016 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l’Avvocato ANGELONE RENATO;

udito l’Avvocato CAPANNOLO EMANUELA per delega verbale RICCI MAURO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 18.10 – 15.11.2010 la Corte d’appello di Napoli, in parziale accoglimento dell’impugnazione incidentale dell’Inps e rigettando quella principale di Q.R., quale tutore del fratello Qu.Ro., ha parzialmente riformato la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale della stessa sede, che aveva riconosciuto a quest’ultimo solo la prestazione dell’indennità di accompagnamento decorrente dal mese successivo alla proposizione della domanda amministrativa dell’aprile del 2002 e non anche quella della pensione di invalidità, ed ha dichiarato esclusivamente il diritto del medesimo a fruire dell’indennità di accompagnamento a decorrere dal 1 maggio 2002, condannando l’istituto previdenziale al pagamento dei soli ratei della prestazione maturati dal 1 agosto al 30 ottobre del 2009, periodo in cui la prestazione era stata sospesa, mentre ha compensato interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Nel respingere l’impugnazione principale dell’assistito, diretta al riconoscimento dell’ulteriore prestazione della pensione di inabilità ed al pagamento dei relativi ratei maturati unitamente agli accessori di legge dal 4.4.2002, la Corte di merito ha spiegato che quest’ultimo non aveva fornito la prova del requisito reddituale per il conseguimento di tale provvidenza, dovendo escludersi che a fronte di un nuovo accertamento sanitario favorevole all’interessato questi fosse manlevato dall’onere di provare anche il requisito socio-economico, mentre era da considerare nuova la domanda di accertamento negativo dell’indebito generato dal provvedimento del Comune di Napoli, sulla scorta del quale l’Inps aveva agito per il recupero dei ratei corrisposti a titolo di pensione di invalidità.

D’altra parte, nell’accogliere parzialmente l’appello incidentale dell’Inps, la Corte territoriale ha chiarito che, pur dovendosi ribadire la sussistenza del diritto alla fruizione, da parte del Q., dell’indennità di accompagnamento dal maggio del 2002, l’istituto previdenziale doveva essere condannato unicamente al pagamento dei ratei per il periodo (agosto, settembre e ottobre 2009) in cui ne aveva ingiustificatamente sospeso l’erogazione.

Per la cassazione della sentenza ricorre Q.R., nella sua qualità di tutore del fratello Qu.Ro., con due motivi.

Resiste con controricorso l’Inps. Rimane solo intimato il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 118 del 1971, artt. 12, 13 e segg., nonchè degli artt. 421, 442 e 100 c.p.c., unitamente al vizio di motivazione contraddittoria, assumendo che in considerazione della persistenza del rapporto assistenziale l’accertamento dell’ulteriore requisito socioeconomico, preteso dalla Corte di merito, risultava irrilevante.

2. Col secondo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione degli artt. 421 e 437 c.p.c., della L. n. 118 del 1971, artt. 12 – 13 e segg. e art. 38 Cost., il ricorrente lamenta che, a fronte della revoca delle prestazioni assistenziali avvenuta solo nel corso del procedimento di secondo grado, la Corte territoriale avrebbe avuto il potere-dovere di rimettere le parti in termini o di acquisire d’ufficio la documentazione socioeconomica in possesso dell’Inps o sollecitare parte appellante a produrla, non essendo la stessa incorsa in alcuna decadenza o preclusione.

Osserva la Corte che i due motivi, che per ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.

Invero, come questa Corte ha già avuto occasione di chiarire (Cass. sez. lav. n. 392 del 12.1.2009) “nel giudizio che abbia ad oggetto la contestazione di un provvedimento di revoca del beneficio assistenziale basato esclusivamente sulla sopravvenuta insussistenza del requisito sanitario, deve essere verificata la permanenza di tutti i requisiti “ex lege” richiesti, non già soltanto di quelli la cui sopravvenuta insussistenza sia posta a fondamento della revoca, giacchè la domanda di ripristino della prestazione, al pari di quelle concernenti il diritto ad ottenere per la prima volta prestazioni negate in sede amministrativa, non dà luogo ad un’impugnativa del provvedimento amministrativo di revoca, ma riguarda il diritto del cittadino ad ottenere la tutela che la legge gli accorda; conseguentemente, il giudice è chiamato ad accertare se sussista, o meno, il diritto alla prestazione, verificandone le condizioni di esistenza alla stregua dei requisiti richiesti “ex lege”, con riguardo alla legislazione vigente al momento della nuova domanda, trattandosi del riconoscimento di un nuovo diritto del tutto diverso, ancorchè identico nel contenuto, da quello estinto per revoca. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, nell’accogliere la domanda dell’assicurato di ripristino dell’assegno di invalidità, aveva ritenuto che non fosse a tal fine necessario alcun accertamento in ordine al requisito socio economico).”

Più di recente questa Corte (Cass. sez. lav. n. 3688 del 24.2.2015) ha ribadito che “la domanda giudiziale di ripristino della prestazione assistenziale, al pari di quelle concernenti il diritto ad ottenere per la prima volta prestazioni negate in sede amministrativa, non dà luogo ad un’impugnativa del provvedimento amministrativo di revoca, ma riguarda il diritto del cittadino ad ottenere la tutela che la legge gli accorda, sicchè il giudice è chiamato ad accertare se sussista, o meno, il diritto alla prestazione, verificandone le condizioni di esistenza alla stregua dei requisiti richiesti dalla legge, vigente al momento della nuova domanda, trattandosi del riconoscimento di un nuovo diritto del tutto diverso, ancorchè identico nel contenuto, da quello estinto per revoca”.

Orbene, la Corte d’appello di Napoli ha dimostrato di essersi attenuta esattamente a tali principi nel momento in cui ha posto in evidenza che, a fronte di una revoca fondata unicamente su un nuovo accertamento sanitario, il ricorrente era egualmente onerato della prova del requisito socio-economico e che, pertanto, l’Inps non poteva essere condannato al pagamento dei ratei di pensione di inabilità non avendo l’interessato fornito neppure un principio di prova in ordine alla sussistenza del requisito reddituale.

Nè può sottacersi che il Q. non ha affatto censurato la parte della motivazione in cui la Corte partenopea ha posto seriamente in dubbio che nel giudizio di primo grado fosse stata introdotta una rituale domanda di condanna al ripristino anche della prestazione di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 12.

Infatti, la Corte di merito ha rilevato che nel ricorso di primo grado il Q. aveva allegato unicamente la sua condizione di “non ricovero a carico dello Stato”, mentre non aveva espressamente richiesto la condanna dell’Inps al pagamento dei ratei della pensione di inabilità.

Pertanto, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo nei confronti dell’Inps. Non va, invece, adottata alcuna statuizione in ordine alle spese nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze che è rimasto solo intimato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese nei confronti dell’Inps nella misura di Euro 1600,00, di cui Euro 1500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al ed accessori di legge. Nulla per le spese nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2016

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