Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26162 del 19/12/2016


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Cassazione civile, sez. lav., 19/12/2016, (ud. 28/09/2016, dep.19/12/2016),  n. 26162

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9041-2011 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati MAURO RICCI, ANTONELLA PPTTERI, GIUSEPPINA GIANNICO,

CLEMENTINA PULLI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.F.I.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2558/2010 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 20/10/2010 R.G.N. 521/2009;

dita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/09/2016 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l’Avvocato PATTERI ANTONELLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 13/10 – 20/10/2010 la Corte d’appello di Lecce, in accoglimento dell’impugnazione proposta da M.F.I. avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale della stessa sede che le aveva respinto la domanda volta all’accertamento dell’irripetibilità dei ratei dell’assegno di invalidità riscossi nel periodo 1.12.2003 – 31.3.2004, ha dichiarato irripetibile la somma di Euro 1136,30 da parte dell’Inps nei confronti dell’appellante.

La Corte territoriale ha spiegato che occorreva far riferimento ai provvedimenti espressi che disponevano la soppressione della prestazione o che erano portati a conoscenza dell’interessato per poter stabilire il momento in cui l’ente previdenziale avrebbe potuto chiederne la ripetizione e non al verbale di visita della Commissione medica che restava un atto interno. Nella fattispecie, ha aggiunto la Corte, sia il D.M. 22 luglio 2004, sia il provvedimento dell’Inps del 18.8.2004 col quale era stata chiesta la restituzione dei ratei, erano successivi al periodo in cui l’indebito era maturato per effetto della soppressione della prestazione, con la conseguenza che gli stessi ratei erano divenuti irripetibili.

Per la cassazione della sentenza ricorre l’Inps con un solo motivo.

Rimane solo intimata M.F.I..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un solo motivo l’Inps deduce la violazione e falsa applicazione del D.L. 20 giugno 1996, n. 323, art. 4, comma 3 bis, convertito con L. 8 agosto 1996, n. 425, del D.P.R. 21 settembre 1994, n. 698, art. 5, comma 5, della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 52, comma 3, e dell’art. 2033 c.c., tutti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

La questione sottoposta all’esame di questa Corte riguarda la ripetibilità delle somme erogate a titolo di assegno mensile di assistenza in caso di revoca della stessa prestazione per carenza del requisito sanitario ed in particolare la ripetibilità delle somme percepite tra il momento della verifica della suddetta carenza, per effetto della visita medica all’uopo effettuata, ed il formale provvedimento di revoca della provvidenza comunicato dall’ente erogatore al soggetto interessato.

La Corte d’appello di Lecce ha sostenuto che solo il provvedimento espresso che dispone la soppressione o la sospensione dei pagamenti, portato a conoscenza dell’interessato, segna il limite della ripetibilità, rimanendo al contrario irripetibili le somme percepite fino alla comunicazione che segue alla visita medica di verifica della condizione sanitaria necessaria per il mantenimento del beneficio.

Al contrario, l’Inps reclama il diritto alla ripetizione delle somme erogate della prestazione, risultata indebita, sin dalla data della visita sanitaria di verifica e precisa che la mancata adozione in via immediata della sospensione della prestazione, con la conseguente formazione dell’indebito, non implica che la revoca operi da una data successiva a quella della stessa visita medica in cui è stata accertata l’insussistenza di una delle condizioni di legge per il diritto alla fruizione della provvidenza.

Il ricorso è fondato.

Invero, ha ragione l’Inps a sostenere che il diritto alla ripetizione delle somme erogate nel lasso di tempo trascorso tra la data della visita medica, in cui fu accertata l’insussistenza della condizione sanitaria, e quella del formale provvedimento di comunicazione della revoca della prestazione decorre dal momento di formazione dell’indebito (art. 2033 c.c.), coincidente con quello dell’accertamento sanitario comportante il venir meno di uno degli elementi costitutivi della domanda e non con quello della sua successiva comunicazione, come affermato dalla Corte d’appello in riforma della prima decisione.

Si è, infatti, statuito (Cass. sez. lav. n. 16260 del 29/10/2003) che “con riferimento alla revoca delle prestazioni assistenziali in favore degli invalidi civili, alla stregua della disciplina via via succedutasi nel tempo a partire dalla L. n. 537 del 1993, art. 11, comma 4, (D.L. n. 323 del 1996, art. 4, comma 3 ter, convertito in L. n. 425 del 1996, L. n. 448 del 1998, art. 37, comma 8) – disciplina alla quale rimane estranea la disposizione meramente “regolamentare” dettata dal D.P.R. n. 698 del 1994, art. 5, comma 5, avente ad oggetto l’articolazione del relativo procedimento – deve ritenersi che la ripetizione delle prestazioni previdenziali indebitamente erogate operi dalla data di accertamento amministrativo dell’inesistenza dei requisiti sanitari, senza che possa rilevare – in mancanza di una norma che disponga in tal senso – il mancato rispetto, da parte dell’amministrazione, dell’obbligo di sospendere i pagamenti e di emanare il formale provvedimento di revoca entro termini prefissati; nè il sistema normativo così interpretato può essere ritenuto non rispettoso dell’art. 38 Cost., essendo ragionevole che la data dell’accertamento amministrativo, ancorchè precedente il formale atto di revoca, determini la fine dell’affidamento dell’assistito nella definitività dell’attribuzione patrimoniale ricevuta.” (conf. a Cass. sez. lav. n. 6091 del 26/4/2002).

Infatti, il D.L. n. 323 del 1996, art. 4, comma 3 (verifica dello stato di invalidità civile), convertito con modificazioni dalla L. 8 agosto 1996, n. 425, prevede che in caso di accertata insussistenza dei requisiti sanitari, la Direzione generale dei servizi vari e delle pensioni di guerra del Ministero del Tesoro provvede, entro novanta giorni dalla data della visita di verifica o degli ulteriori accertamenti che si rendessero necessari, alla revoca delle provvidenze in godimento a decorrere dalla data della visita di verifica.

A tal riguardo questa Corte ha ribadito (Cass. Sez. 6 – L. Ordinanza n. 26096 del 23/12/2010) che “in tema di invalidità civile, la revoca dei relativi benefici assistenziali, ai sensi della L. 8 agosto 1996, n. 425, art. 4, comma 3 bis, (applicabile alla fattispecie “ratione temporis”), produce i suoi effetti, per espressa previsione normativa, “dalla data della visita di verifica”; e non dalla successiva data di comunicazione della revoca, restando irrilevante, altresì, la tardiva sospensione delle prestazioni; ne consegue che devono essere restituiti tutti i ratei maturati dopo la visita di verifica”.

Pertanto il ricorso va accolto e l’impugnata sentenza va cassata con rinvio del procedimento, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Bari che, nel provvedere in merito alla quantificazione delle somme ripetibili, si atterrà ai suddetti principi di diritto.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bari.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2016

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