Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26162 del 18/10/2018

Cassazione civile sez. II, 18/10/2018, (ud. 22/05/2018, dep. 18/10/2018), n.26162

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20426/2017 proposto da:

R.C., C.M. in proprio e nella qualità di

genitore esercente patria potestà di R.R. (minore

R.P., R.G., rappresentati e difesi dall’avvocato

FERNANDO COSIMO SCARAMOZZA;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

24/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/05/2018 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

Con ricorso L. n. 89 del 2001, ex artt. 2 e 3, C.M., in proprio e quale esercente la potestà genitoriale nei confronti di R.R., R.C., R.G. e R.P., adiva la Corte d’Appello di Roma per chiedere il riconoscimento di un equo indennizzo per la non ragionevole durata di un procedimento civile, definito con ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo, emessa dal Tribunale di Benevento in data 5.11.2014.

La Corte d’Appello, in accoglimento dell’opposizione del Ministero della Giustizia, revocava il decreto opposto e rigettava la richiesta di equo indennizzo, per essere stata proposta in assenza del requisito di definitività del provvedimento.

Avverso detto decreto propone ricorso C.M., in proprio, e quale esercente la potestà genitoriale nei confronti di R.R., R.C., R.G. e R.P..

Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del combinato disposto della L. n. 89 del 2001, artt. 4 e 5 ter, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per aver dichiarato l’inammissibilità del ricorso, per mancanza di definitività del provvedimento che aveva definito il procedimento presupposto, definitività che era peraltro sopraggiunta in corso di causa.

Il motivo è fondato.

La Corte territoriale ha affermato l’inammissibilità della domanda di equa riparazione per essere stata presentata in assenza del requisito di “definitività” del provvedimento di definizione del procedimento presupposto, in quanto al momento del deposito del ricorso non era ancora decorso il termine entro il quale le parti avrebbero potuto riassumere la causa, dopo l’emissione del provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo.

Si osserva peraltro che la Corte costituzionale, con la recente sentenza n. 88/2018 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 4 – come sostituito dal D.L. n. 83 del 2012, art. 55, comma 1, lett. d), conv. con modificazioni nella L. n. 134 del 2012 – nella parte in cui non prevede che la domanda di equa riparazione, una volta maturato il ritardo, possa essere presentata in pendenza del procedimento presupposto.

Da ciò discende che la definitività del provvedimento che ha definito il procedimento presupposto non costituisce condizione di proponibilità della domanda, e detta domanda può essere presentata, qualora sia già maturato il ritardo, in pendenza del procedimento nel cui ambito la violazione della ragionevole durata si assume essersi verificata.

Considerata l’immediata applicabilità delle pronunce della Corte costituzionale ai procedimenti pendenti il Decreto impugnata, che ha affermato l’inammissibilità del ricorso per carenza di definitività del procedimento presupposto, va dunque cassata e la causa va rinviata per nuovo esame alla Corte d’Appello di Roma, che provvederà sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, la causa, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Roma.

Così deciso in Roma, il 22 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2018

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