Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26161 del 21/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 26161 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 29207-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (06363391001) in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lao rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente contro
TRAPUNTEX SRL;

– intimata avverso la sentenza n. 75/10/2011 della Commissione Tributaria
Regionale di L’AQUILA – Sezione Staccata di PESCARA del 3.3.2011,
depositata 11 25/03/2011;

8(45P

Data pubblicazione: 21/11/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ENNIO

ATTILIO SEPE.

Ric. 2011 n. 29207 sez. MT – ud. 24-10-2013
-2-

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
11 relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva:
La CTR di L’Aquila ha accolto l’appello della “Trapuntex srl” -appello proposto
contro la sentenza n.28/04/2009 della CTP di Pescara che aveva respinto il ricorso
della contribuente contro provvedimento di revoca del credito di imposta per l’anno
2003 (in relazione alle nuove assunzioni effettuate nel corso di detto anno e per la
parte eccedente la somma limite di € 100.000,00) dell’ulteriore credito di imposta ai
sensi dell’art.7 comma 10 della legge n.388/2000.
La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che alla richiesta di
riconoscimento dell’ulteriore credito di imposta non si applica la disciplina degli
“aiuti di stato”, siccome trattasi di semplici misure di carattere generale, volte a
promuovere l’occupazione, che non falsano né minacciano la concorrenza, sicchè il
contributo spetta senza i limiti della regola comunitaria “de minimis”.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La parte intimata non si è difesa.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il primo motivo di censura (improntato alla violazione del dianzi
menzionato articolo di legge) l’Agenzia ricorrente si duole del fatto che il giudice di
appello ha trascurato che il comma 10 dell’art.7 stabilisce espressamente
l’applicazione della regola “de minimis”, secondo cui il beneficio non può essere
goduto oltre il predetto limite, con conseguente legittimità del coerente
provvedimento di diniego adottato dall’Agenzia.

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letti gli atti depositati

Il motivo è fondato e da accogliersi.
Il comma 10 dell’art.7 or ora citato prevede infatti espressamente che: “All’ulteriore
credito di imposta di cui al presente comma si applica la regola de minimis di
cui alla comunicazione della Commissione delle Comunita’ europee 96/C68/06,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita’ Europee C68 del 6 marzo

predetta comunicazione purche’ non venga superato il limite massimo di lire 180
milioni nel triennio”.
Non vi è ragione per ritenere che la disciplina in questione sia da disapplicarsi nella
specie di causa, non ravvisandosi alcun contrasto con la disciplina comunitaria, che
non impone al legislatore nazionale di escludere limiti alla concessione del beneficio,
siccome è stato appunto previsto con la norma sopra trascritta, nell’esercizio della
legittima discrezionalità che compete al legislatore italiano. Nel medesimo senso si è
di recente pronunciata la sezione quinta di questa Corte (Cass. Sentenza n. 21797 del
20/10/2011) che, nel fare applicazione della disciplina di proroga della predetta
previsione di legge, ha ritenuto che:”In tema di agevolazioni fiscali, è illegittima la
disapplicazione da parte del giudice nazionale della norma dell’art. 63, comma 1,
della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nella parte in cui, rinnovando il regime di
incentivi alle assunzioni, mantiene ferma la disposizione di cui all’art. 7, comma 10,
della legge 23 dicembre 2000, n. 388 che circoscrive il riconoscimento del credito di
imposta nei limiti della regola “de minimis” – e cioè nell’importo di Euro 100.000 nel
triennio, quale limite quantitativo al di sotto del quale gli aiuti di stato non incorrono
nel divieto di cui all’art. 92 (poi 87) del Trattato CE – sul presupposto che il beneficio
in questione non configuri un aiuto di Stato, in quanto incorre nella violazione della
normativa comunitaria il legislatore soltanto se concede aiuti di Stato in misura
eccedente alla regola “de minirnis” e non se circoscrive, nell’ambito dei suoi legittimi
poteri discrezionali, benefici fiscali entro soglie predefinite, anche individuate “per
relationem” rispetto a norme dell’ordinamento comunitario”.

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1996, e ad esso sono cumulabili altri benefici eventualmente concessi ai sensi della

La pronuncia impugnata non ha fatto dunque corretta applicazione della norma
nazionale e merita cassazione.
In definitiva, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza, con conseguente facoltà per la Corte di decidere nel merito,
respingendo il ricorso introduttivo di parte contribuente.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio (e dato atto che
per mero errore nella relazione si dice che la parte contribuente si è difesa, mentre
invece quest’ultima ha omesso di costituirsi in giudizio), condivide i motivi in fatto e
in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della soccombenza.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
rigetta il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo. Condanna la
parte contribuente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in €
2.500,00 oltre spese prenotate a debito e compensa tra le parti le spese dei gradi di
merito.
Così deciso in Roma il 24 ottobre 2013.

Roma, 30 marzo 2013

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