Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26160 del 27/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 27/09/2021, (ud. 05/03/2021, dep. 27/09/2021), n.26160

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35639-2019 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.P., PA.MA.GR., A.C.,

V.S., S.S., C.S., M.G., in

proprio e quale coerede del coniuge Mi.Ad., MI.IV.,

MI.GI., G.G., CO.RO., GR.SE.,

AC.NA., R.V., mi.so., mi.si.,

D.O.P., in proprio e quale coerede di D.O.M.,

D.O.F., anche lui quale coerede di D.O.M., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA OSLAVIA 14, presso lo studio dell’avvocato

MARCO BARBERA, rappresentati e difesi dall’avvocato SILVIO MAROZZI;

– controricorrenti –

avverso il decreto n. cronol. 3593/2019 della CORTE D’APPELLO di

ANCONA, depositato il 03/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 05/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FALASCHI

MILENA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte di appello di Ancona, con decreto n. 3593/2019, in parziale accoglimento dell’opposizione proposta dal Ministero della giustizia L. n. 89 del 2001 ex art. 5-ter, avverso il provvedimento di accoglimento della domanda legge cit. ex art. 2 bis, formulata da P.P., Ac.Na., A.C., C.S., Co.Ro., D.o.F., D.O.P., G.G., Gr.Se., M.G., Mi.Gi., Mi.Iv., mi.si., mi.so., Pa.Ma.Gr., R.V., S.S. e V.S., condividendo le argomentazioni del Consigliere designato quanto alla tempestività del ricorso, ridotti gli importi riconosciuti a titolo di indennizzo al “valore degli interessi in gioco”.

Avverso il decreto della Corte di appello di Ancona il Ministero propone ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo, cui resistono tutte le parti intimate con unico controricorso.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della Camera di Consiglio.

Atteso che:

– con l’unico motivo l’Amministrazione ricorrente lamenta la violazione e/o la falsa applicazione della L. fallimentare, art. 119, nonché della L. n. 89 del 2001, art. 4, in relazione all’art. 327 c.p.c. ratione temporis applicabile per avere la Corte di merito erroneamente calcolato il termine per la proposizione della domanda L. n. 89 del 2001 ex art. 2 bis.

La censura è destituita di fondamento e con essa il ricorso.

Deve ritenersi pacifico che nella fattispecie debba farsi applicazione del previgente disposto di cui alla L. fallimentare, art. 119, nella versione che ha preceduto la novella di cui di cui al D.Lgs. n. 5 del 2006 ed al D.Lgs. n. 169 del 2007, che hanno introdotto la previsione secondo cui il termine per il reclamo va determinato in base a quanto disposto della medesima L. fallimentare, art. 26.

Tuttavia, in relazione alla norma previgente di cui alla L. fallimentare, art. 119, la Corte Costituzionale, con la sentenza del 23 luglio 2010 n. 279 (in Gazz. Uff., 28 luglio, n. 30), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 2 del presente articolo, nella parte in cui fa decorrere, nei confronti dei soggetti interessati e già individuati sulla base degli atti processuali, il termine per il reclamo avverso il decreto motivato del tribunale di chiusura del fallimento, dalla data di pubblicazione dello stesso nelle forme prescritte dalla stessa L. fallimentare, art. 17, anziché dalla comunicazione dell’avvenuto deposito effettuata a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento ovvero a mezzo di altre modalità di comunicazione previste dalla legge.

Questa Corte ha ritenuto che per le procedure di reclamo relative a procedure concorsuali cui non si applica la novella, deve in ogni caso trovare applicazione la regola generale di cui all’art. 327 c.p.c., che prevede il termine lungo di un anno per l’impugnazione.

In tal senso si è pronunziata Cassazione 25 marzo 2009, n. 7218, che ha affermato che in tema di reclamo avanti al tribunale fallimentare dei decreti del giudice delegato aventi natura decisoria (nella specie, in materia di liquidazione dell’attivo), qualora il provvedimento impugnato non sia stato comunicato, non opera il termine di cui alla L. fall., art. 26, bensì quello annuale, decorrente dalla pubblicazione, ai sensi dell’art. 327 c.p.c., conseguendone l’inammissibilità del reclamo stesso ove proposto oltre tale scadenza (in maniera conforme, in motivazione, si veda anche Cass. n. 9321/2013).

Pertanto, laddove sia stata omessa la comunicazione del decreto di chiusura del fallimento, il medesimo diviene definitivo solo decorso un anno dalla sua pubblicazione (oltre sospensione feriale dei termini).

Di siffatta giurisprudenza la Corte dorica ha fatto corretto governo nel caso di specie.

In conclusione, il ricorso va respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza.

Non vi è l’obbligo di pagamento del doppio contributo unificato (v. D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10 e Cass., Sez. Un., 28 maggio 2014 n. 11915).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

condanna l’Amministrazione alla rifusione delle spese di legittimità in favore della parte controricorrente che vengono liquidate in complessivi Euro 2.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie e gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della VI-2^ Sezione Civile, il 5 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2021

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