Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26160 del 18/10/2018

Cassazione civile sez. II, 18/10/2018, (ud. 09/05/2018, dep. 18/10/2018), n.26160

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11332-2014 proposto da:

C.G., rappresentato e difeso dall’Avvocato MICHELE

ROCCHETTI, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.

Nicoletta Mercati, in ROMA, VIA ALFREDO CASELLA 43;

– ricorrente –

contro

B. CAMINETTI s.r.l., in persona del legale rappresentante

pro-tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4607/13 della CORTE DI APPELLO di MILANO,

pubblicata il 17/12/2013;

letta la requisitoria scritta del P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. MISTRI CORRADO, che ha concluso per il

rigetto del ricorso;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/05/2018 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato in data 28.6.2000, C.G. proponeva opposizione contro il decreto ingiuntivo n. 462/2000, emesso dal Tribunale di Como in favore di B. CAMINETTI S.R.L. per la somma di Lire 6.720.000, che la ricorrente assumeva dovutale per la fornitura e posa in opera di un caminetto. La convenuta opposta si costituiva in giudizio, contestando sotto ogni profilo la fondatezza dell’opposizione, di cui chiedeva il rigetto.

Nel corso dell’istruttoria era concessa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo; a seguito della querela di falso proposta dall’opponente in relazione alla proposta di commissione e all’autorizzazione alla sua presentazione, svolta l’istruttoria e precisate le conclusioni, il Tribunale, in composizione collegiale, con la sentenza n. 1016/2006, depositata il 7.8.2006, respingeva sia la querela di falso sia l’opposizione a decreto ingiuntivo.

Avverso detta sentenza proponeva appello C.G., eccependone in primo luogo la nullità, avendo il Giudice deciso in composizione collegiale oltre che sulla querela di falso anche sull’opposizione a decreto ingiuntivo, essendo invece quest’ultima riservata al Tribunale in composizione monocratica; nel merito l’appellante deduceva l’erroneità della decisione sia con riguardo alla querela di falso che all’opposizione a decreto. L’opposta appellata si è costituita contestando tutti i motivi dell’impugnazione e chiedendone il rigetto.

Con sentenza n. 4607/2013, depositata il 17.12.2013, la Corte d’Appello di Milano respingeva l’appello e condannava l’appellante C.G. alle spese del grado di appello.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione C.G. sulla base di tre motivi, illustrati da memoria. L’intimata B. Caminetti s.r.l. non si è costituita.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la “violazione e falsa applicazione degli artt. 50 bis, 50 ter e 50 quater c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, eccependo la nullità della sentenza del Tribunale di Como, avendo il Giudice deciso, in composizione collegiale, anche sull’opposizione a decreto ingiuntivo, riservata al Giudice in composizione monocratica; vizio dedotto come motivo di appello ma rigettato dalla Corte di merito.

1.1. – Il motivo non è fondato.

1.2. – L’art. 50 quater c.p.c. prevede espressamente che “le disposizioni di cui agli artt. 50 bis e 50 ter non si considerano attinenti alla costituzione del giudice” e che “alla nullità derivante dalla loro inosservanza si applica l’art. 161 c.p.c., comma 1”, norma quest’ultima che, nel sancire a sua volta il principio generale della conversione dei motivi di nullità in motivi di impugnazione, si riconnette all’art. 354 c.p.c. che prevede espressamente i casi di nullità che comportano la rimessione degli atti al primo giudice (Cass. n. 9615 del 2010; Cass. n. 24684 del 2013).

Peraltro, va rimarcato come, nella presente fattispecie ribadito il principio secondo cui la differente composizione del Tribunale, monocratica o collegiale, non attiene alla competenza, ma soltanto ad una ripartizione interna all’ufficio -, la Corte distrettuale abbia rilevato che, in quanto la rimessione al collegio per la decisione e la successiva sentenza pronunciata in primo grado aveva ad oggetto sia l’opposizione a decreto ingiuntivo (di competenza monocratica), che la querela di falso proposta in corso di causa (di competenza collegiale), fosse applicabile l’art. 281 nonies c.p.c. (secondo cui, “in caso di connessione tra cause che debbono essere decise dal tribunale in composizione collegiale e cause che debbono essere decise dal tribunale in composizione monocratica, il giudice istruttore ne ordina la riunione e, all’esito dell’istruttoria, le rimette, a norma dell’art. 189, al collegio, il quale pronuncia su tutte le domande, a meno che disponga la separazione a norma dell’art. 279, comma 2, n. 5”). Sicchè, conclude correttamente la Corte, “una volta rimessa per la decisione la causa relativa alla querela di falso in via incidentale al Tribunale in composizione collegiale, al quale è attribuita per legge, ex art. 50 bis c.p.c., nulla osta che esso decida anche sulla causa originaria, instaurata dinanzi al medesimo Tribunale, ma in composizione monocratica”; e ciò, del tutto coerentemente, “ben potendosi ritenere sotteso il provvedimento ex art. 281 nonies c.p.c. di riunione e rimessione delle due cause al collegio” (sentenza impugnata pag. 7).

2.1. – Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2702 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; fondatezza in fatto e in diritto dell’istanza incidentale di querela di falso; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della contraria declaratoria. Travisamento della prova”, nella parte in cui la Corte d’appello non ha accolto il gravame proposto dall’odierno ricorrente, che si doleva del rigetto contra ius dell’istanza di querela di falso della scrittura privata.

2.2. – Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la “violazione e falsa applicazione dell’art. 1326 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; mancata conclusione tra le parti del contratto di compravendita de quo; omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della contraria declaratoria. Travisamento delle prove”, là dove la Corte di merito ha evidenziato che, trattandosi di un manufatto costruito in serie, una preventiva ispezione dei luoghi ai fini dell’installazione non poteva considerarsi, salvo diversa ed esplicita pattuizione, un elemento essenziale del negozio, tale che, senza di esso, non sarebbe sorto l’accordo negoziale di vendita.

2.3. – In considerazione delle identiche censure mosse dal ricorrente, i due motivi vanno esaminati congiutamente. Essi non sono fondati.

3. – Entrambi i motivi (riferiti al rigetto della querela di falso ed alla conclusione del contratto de quo) appaiono diretti ad affermare altrettante violazioni di legge, bensì a contestare la decisione impugnata. Essi veicolano, infatti, censure di carattere meramente motivazionale, afferenti a questioni relative alla contestazione della valutazione del compendio probatorio, in partibus quibus, così riproponendo apprezzamenti di fatto e valutazioni espresse, onde determinare una rivisitazione dei giudizi di merito (Cass. n. 1885 del 2018), inammissibile seppure effettuata con asserito riferimento alla congruenza sul piano logico e giuridico del procedimento seguito per giungere alla soluzione adottata dalla Corte distrettuale e contestata dal ricorrente. Con ciò obliterando, tuttavia, che rientra nelle prerogative del giudice del merito – nell’ambito dell’esame del materiale istruttorio acquisito nell’incarto processuale selezionare le prove ritenute pertinenti e rilevanti ai fini del decidere. Invero, l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito. Il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. n. 16056 del 2016; nonchè, in tal senso, Cass. n. 15927 del 2016).

3.1. – Inoltre, va rilevato che, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012 (Cass. n. 23940 del 2017; Cass. n. 24434 del 2016). Infatti, in seguito a tale riformulazione (applicabile alla fattispecie ratione temporis), non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione (non configurabile nel caso di specie) del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. n. 14014 e n. 9253 del 2017).

4. – Il ricorso va, dunque, rigettato. Nulla per le spese, in ragione del mancato svolgimento di attività difensiva della parte intimata non costituita. Va emessa altresì la dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2018

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