Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26159 del 21/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 26159 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 25742-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lao rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente contro
SAUPOT SRL;

– intimata] avverso la sentenza n. 187/08/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di CAGLIARI – Sezione Staccata di SASSARI del 21.5.2010,
depositata il 23/08/2010;

Data pubblicazione: 21/11/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ENNIO

ATTILIO SEPE.

Ric. 2011 n. 25742 sez. MT – ud. 24-10-2013
-2-

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva:
La CTR di Cagliari ha respinto l’appello dell’Agenzia -appello proposto contro la
sentenza n.54/05/2006 della CTP di Sassari che aveva solo parzialmente accolto il
ricorso della parte contribuente “Saupot srl”- ed ha così annullato (per quanto di
ragione) gli avvisi di accertamento relativi ad IRPEG-ILOR per gli anni 1997-1998,
avvisi fondati sull’assunto di omessa contabilizzazione di ricavi (per entrambi gli
anni) e di indebita deduzione di costi (per ragioni differenti a proposito di ciascun
anno).
La predetta CTR ha motivato la decisione (per quanto qui ancora rileva) nel senso di
ritenere corretta la determinazione del primo giudice nella parte in cui era stata
individuata la percentuale di ricarico da applicare in quella pari al 35% prevista dalla
Tabella A punto 25 della legge n.17/85 (tabella peraltro non direttamente applicabile
alle imprese operanti in contabilità ordinaria come la Saupot srl, contabilità la cui
regolarità non era stata contestata in alcun modo): in tal modo la Commissione aveva
“individuato una percentuale di ricarico applicabile molto vicina a quella media
ponderata che è stata calcolata dalla società e allegata alle controdeduzioni ed
elaborata nella logica dei dati trascritti dai verificatori negli allegati n.11 e 12”. La
Commissione d’appello ha poi anche chiarito analiticamente le ragioni per le quali
l’impostazione del rilevamento di questi dati doveva considerarsi erronea, in termini
tali da averne “alterato la stessa applicabilità”.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
La parte contribuente non si è difesa.

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letti gli atti depositati

Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere
definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Con il primo motivo di ricorso (improntato da un canto alla violazione dell’art.39
primo comma DPR n.600/1973 e della legge n.1711985 , e d’altro canto al vizio di
motivazione, vizi dei quali solo il secondo è adeguatamente sviluppato nel contesto

contesto di un motivo di impugnazione articolato su plurime censure degne di
autonoma articolazione- che il giudice del merito abbia trascurato i rilievi esposti nel
PVC (per dare conto dei quali la parte ricorrente si è limitata a riprodurre in atto, per
fotocopia, lo stesso PVC dianzi menzionato), rilievi dai quali appariva
“assolutamente inattendibile” la percentuale di ricarico del 30,77% desumibile dai
dati contabili della società, alla luce sia della vantaggiosa ubicazione dei punti
vendita, sia del numero dei dipendenti; inattendibilità confermata dal fatto che per i
contribuenti di modeste dimensioni (forfettari) la tabella allegata alla legge n.17 del
1985 prevedeva un ricarico medio del 54%, così convalidando l’assunto riferito
dall’Agenzia alla società contribuente (operante in contabilità ordinaria). D’altronde
la GdF aveva effettuato la ricostruzione sulla base di dati direttamente acquisiti in
verifica, così computando un “ricarico medio ponderato” che non avrebbe dovuto
essere disatteso dalla CTR se non sulla base di elementi probatori contrari, mai
addotti dalla parte contribuente che si era limitata a mere affermazioni.
La parte ricorrente lamenta pure che la motivazione sia inadeguata anche per altro
profilo, e cioè per il fatto che sia stata erroneamente valutata “la percentuale di
ricarico indicata nella tabella A della legge n.17/1985”, percentuale che corrisponde
al 54%mentre la CTR l’aveva ritenuta pari al 35%.
Il motivo in esame appare per più versi inammissibilmente formulato:
da un canto (in relazione all’ultimo profilo di censura menzionato), non avendo la
parte ricorrente in maniera idonea chiarito la rilevanza ai fini del giudicare del fatto
indicato come “misura della percentuale prevista nella menzionata tabella A della
legge n.1711985”, misura con riferimento alla quale il giudicante sarebbe caduto in

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delle argomentazioni formulate in atto di ricorso) la parte ricorrente lamenta —nel

errore, atteso che è la stessa parte ricorrente a chiarire che detta percentuale è prevista
per le imprese di modeste dimensioni (forfettarie) e perciò non applicabile in
relazione alla specie di causa ed atteso che è la stessa parte ricorrente ad affermare
che la percentuale di ricarico applicata ai fini della determinazione della base
imponibile era stata nella specie di causa direttamente determinata dalla GdF a mezzo

vi sarebbe motivo per fare riferimento alla percentuale normativamente prevista;
d’altro canto (in relazione al primo profilo di censura menzionato) la parte ricorrente
non si limita a chiedere a questa Corte un controllo circa la coerenza o la sufficienza
dell’iter argomentativo utilizzato dal giudice del merito ma chiede —invece- la
rinnovazione del giudizio comparativo —già adeguatamente espletato dal giudice di
appello- in ordine al materiale probatorio dedotto in atti, con inammissibile
sovrapposizione del giudizio di questa Corte ai poteri propri ed esclusivi del giudice
del merito.
Ed infatti è ius receptum che:”Il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito
dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., non equivale alla revisione del “ragionamento
decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una
determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione, in
realtà, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in
una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento
al giudice di legittimità; ne consegue che risulta del tutto estranea all’ambito del vizio
di motivazione ogni possibilità per la Corte di Cassazione di procedere ad un nuovo
giudizio di merito attraverso l’autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti
di causa. Nè, ugualmente, la stessa Corte realizzerebbe il controllo sulla motivazione
che le è demandato, ma inevitabilmente compirebbe un (non consentito) giudizio di
merito, se – confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie – prendesse di
ufficio in considerazione un fatto probatorio diverso o ulteriore rispetto a quelli
assunti dal giudice del merito a fondamento della sua decisione, accogliendo il

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della elaborazione dei dati concretamente rilevati, sicché non —apparentemente- non

ricorso “sub specie” di omesso esame di un punto decisivo” (Cass. Sez. L, Sentenza
n. 3161 del 05/03/2002).
Si propone pertanto la decisione in camera di consiglio per inammissibilità del
ricorso.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa
non si è costituita.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma il 24 ottobre 2013

Delando avicatim

Roma, 20 ottobre 2012

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