Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26159 del 06/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 06/12/2011, (ud. 15/11/2011, dep. 06/12/2011), n.26159

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 24510-2007 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

G.V.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 196/2005 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 20/06/2006;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/11/2011 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;

preso atto che il P.G. non ha formulato osservazioni sulla relazione

ex art. 380 bis c.p.c. notificatagli.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il consigliere nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c. ha depositato la seguente relazione, comunicata alle parti, che non hanno fatto pervenire osservazioni:

“L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza con la quale la CTR di Bologna ha accolto la domanda di rimborso dell’lrap versata dal medico di base ASL G.V. per gli anni 1998/2001. Il contribuente non si è difeso.

La causa può decidersi con ordinanza, in camera di consiglio, ex art. 375 c.p.c., n. 5.

Il ricorso denuncia “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 15 dicembre 17, n. 446, artt. 2 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” e “motivazione insufficiente su un punto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 30 c.p.c., n. 5”.

Il primo motivo è inammissibile perchè si conclude con un quesito di diritto generico, che riproduce un principio affermato in materia da questa corte ma non evidenzia i dati processuali che ne avrebbero dimostrato la violazione nella fattispecie, e non ne chiarisce il contrasto con l’interpretazione della norma fornita dalla CTR. Trascura invero di considerare che – a fronte della affermazione di principio criticata (la quale sembra individuare il presupposto impositivo dell’irap “in quella organizzazione autonoma rispetto al lavoro professionale capace di fornire, come struttura a sè stante, la stessa prestazione professionale che connota l’attività tipica del professionista”) – la CTR ha evidenziato elementi di giudizio che non contraddicono la lettura della norma che il ricorrente assume corretta (“il contribuente ha svolto la propria attività di medico di base convenzionato ASL solo personalmente in via diretta ed esclusiva, senza l’apporto di dipendenti e/o collaboratori, di capitali e con l’utilizzo di beni strumentali minimi”).

Il secondo motivo è infondato nella parte in cui afferma che il contribuente “aveva ammesso di essersi avvalso dell’apporto di lavoro altrui”, perchè la CTR ha viceversa accertato che egli utilizzava soltanto “altri medici esclusivamente per le sostituzioni nei casi di ferie, malattia o altri impedimenti”; è inammissibile nella parte in cui critica il giudizio di impiego di beni strumentali minimi sul rilievo che “l’intimato non aveva neppure precisato quali fossero i beni strumentali utilizzati”, perchè non mette questa corte in grado di verificare il fondamento della doglianza riproducendo il testo del ricorso del contribuente; è infondato nella parte in cui lamenta che la CTR abbia “omesso di considerare il dato pacifico che l’attività veniva svolta in studio medico”, giacchè questa corte ha riconosciuto “in tema di IRAP, la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate nell’art. 22 dell’Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, rientrando nell’ambito del “minimo indispensabile” per l’esercizio dell’attività professionale, ed essendo obbligatoria ai fini dell’instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di personale dipendente, il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo” (Cass. 1024/2010).

Il ricorso va dunque respinto”.

Il collegio condivide la relazione. La causa va decisa in conformità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2011

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