Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26158 del 16/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 16/10/2019, (ud. 17/05/2019, dep. 16/10/2019), n.26158

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso iscritto al numero 513 del ruolo generale dell’anno 2013,

proposto da:

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.R.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, n. 67/35/2012, depositata il 22 maggio

2012, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella udienza pubblica del 17

maggio 2019 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido

di Nocera;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale

Mastroberardino Paola;

che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

uditi per l’Agenzia delle dogane l’avv.to dello Stato Stefano Vitale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 67/35/2012, depositata il 22 maggio 2012, la Commissione tributaria regionale della Lombardia accoglieva l’appello proposto da T.R. nei confronti dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 38/31/2011 della Commissione tributaria provinciale di Milano che aveva rigettato il ricorso proposto dal suddetto contribuente avverso l’invito di pagamento n. (OMISSIS) n. (OMISSIS), notificato il 27 luglio 2009, con il quale l’Ufficio delle dogane aveva richiesto a T.R., dipendente della Pharco di (OMISSIS) – in solido con N.S., quale spedizioniere doganale e P.A., quale gestore delle società importatrici Ica s.r.l. e Tripharma s.r.l., Euro 58.337,05 a titolo di diritti doganali (Euro 22.114,45 per dazi e Euro 36.222,60 per Iva all’importazione), in relazione ad operazioni di importazione definitiva, risalenti agli anni 1989/1991, di prodotti, dichiarati in dogana nella voce di valore inferiore “reagenti di laboratorio” e risultati, a seguito di verifica a posteriori, in quella di valore superiore “vaccini per uso zootecnico”, privi della autorizzazione preventiva del Ministero della sanità. Secondo la prospettazione dell’Ufficio, il T., quale dipendente della Pharco, società farmaceutica di import-export con sede in (OMISSIS), aveva fornito la documentazione attestante la falsa natura dei prodotti importati.

1.1. Il giudice di appello, in punto di fatto, ha premesso che: 1) avverso l’avviso di pagamento n. (OMISSIS) n. (OMISSIS), notificato il 27 luglio 2009, T.R. aveva proposto ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano eccependo: a) la prescrizione della pretesa tributaria non applicandosi il differimento del termine prescrizionale D.P.R. n. 43 del 1973, ex art. 84, stante l’estinzione del reato di contrabbando per prescrizione; b) la mancanza di soggettività passiva non essendo egli nè rappresentante in dogana, nè importatore o proprietario della merce, ma semplice impiegato della Pharco; c) l’indipendenza di valutazione in sede penale e tributaria del comportamento del soggetto interessato, con estraneità della sua condotta ai fini tributari; 2) la CTP di Milano, con la sentenza n. 38/31/2011, aveva rigettato il ricorso, disattendendo l’eccezione di prescrizione e ritenendo il T., comunque, responsabile in solido, avendo egli operato in dogana con partecipazione cosciente e volontaria alla violazione tributaria; 3) avverso la sentenza di primo grado, aveva proposto appello il contribuente ribadendo le censure già formulate in prime cure; 4) aveva controdedotto l’Agenzia chiedendo la conferma della sentenza della CTP.

1.2. la CTR in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) stante l’applicabilità dell’art. 44 Reg. CEE 450/2008 all’invito di pagamento in questione notificato il 27 luglio 2009, T.R., quale mero nuncius ed esecutore materiale delle operazioni in dogana, non poteva essere considerato responsabile solidale delle assunte violazioni tributarie; 2) anche a volere escludere l’applicabilità dell’art. 44 cit., risalendo le operazioni di importazione al periodo 1989-1991, ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. n. 43 del 1973, il T. non poteva rispondere in solido, quale mero esecutore materiale delle operazioni in dogana; 3) ferma restando la autonomia dei due sistemi penale e tributario, era risultato che solo dal 30 settembre 1990 al 20 aprile 1991, la società aveva operato utilizzando il T.; 4) stante la mancata configurabilità di una responsabilità tributaria solidale in capo al T., la questione della prescrizione era assorbita ma, in ogni caso, in applicazione dell’art. 68 Reg. n. 450/2008 – in base al quale, in presenza di una obbligazione da atto perseguibile penalmente, il termine di prescrizione era portato a dieci anni – si doveva considerare maturata, risalendo i fatti in questione, come epoca più vicina, al 20 aprile 1991 ed essendo stato l’atto impositivo notificato il 27 luglio 2009.

2. Avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle dogane propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi; rimane intimato T.R..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 44, 68 e 188 Reg. CEE n. 450/2008, per avere la CTR ritenuto erroneamente immediatamente applicabili gli artt. 44 e 68 cit., ancorché, ai sensi dell’art. 188 cit., tali disposizioni non rientrassero tra quelle di immediata applicazione, necessitando di specifiche disposizioni “attuative” da parte della Commissione dell’Unione Europea.

1.1. Il motivo è fondato.

1.2.Fatta eccezione per le disposizioni richiamate nel Reg. CEE n. 450/2008, art. 188, comma 1, che sono applicabili a decorrere dal 24 giugno 2008, ai sensi dello stesso art., comma 2: “Tutte le altre disposizioni sono applicabili al momento dell’adozione delle disposizioni di applicazione sulla base degli articoli di cui al paragrafo 1. Le disposizioni di applicazione entrano in vigore non prima del 24 giugno 2009. Nonostante l’entrata in vigore delle disposizioni di applicazione, le disposizioni del presente regolamento di cui al presente paragrafo si applicano al più tardi il 1 novembre 2013”.

Invero, gli artt. 44 e 68 Reg. CEE n. 450/2008 non sono richiamati dal citato art. 188, comma 1, e, dunque, ai sensi dello stesso art., comma 2, sono entrati in vigore, in assenza, dell’emanazione di disposizioni di attuazione, a fare data dal 1 novembre 2013, per cui, nella specie, il detto regolamento non può trovare applicazione risalendo, peraltro, i fatti contestati al periodo 1989-1991. Invero, trattandosi di una novella non a carattere procedimentale (come in tema di interpello L. n. 212 del 2000, ex art. 6, comma 5, v. Cass. Sez. 5, n. 17829 del 09/09/2016,) o di una norma incidente sui presupposti dell’accertamento (v. Cass., n. 8854 del 2019, in tema di gravi incongruenze in tema di studi di settore), bensì di una norma che importa una “modificazione sostanziale della posizione soggettiva del contribuente” (prevedendo al comma 3, oltre che la responsabilità del “dichiarante”, anche quella in capo alla ” persona che ha fornito i dati necessari per la stesura della dichiarazione ed era, o avrebbe dovuto ragionevolmente essere, a conoscenza della loro erroneità”), ai fini dell’applicabilità della stessa, occorre avere riguardo alla vigenza di questa alla data del compimento dei fatti contestati e non già a quella della notifica dell’avviso di accertamento (peraltro, comunque anteriore in quanto risalente al 2009) – secondo la regola generale tempus regit actum, in assenza di una specifica norma transitoria di contenuto diverso -; il momento dell’accertamento, infatti, non potrebbe, per sua natura intrinseca, avere effetti modificativi dell’obbligazione tributaria, nè del contenuto della dichiarazione alla quale il contribuente è tenuto, e il cui parametro di legittimità è costituito dalla sua veridicità, incidendo l’accertamento esclusivamente sul controllo di quest’ultima (Sez. 5, Sentenza n. 11778 del 2001).

2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 44, 68 e 188 Reg. CEE n. 450/2008, per avere la CTR ritenuto erroneamente T.R. non responsabile solidalmente in quanto dipendente della Pharco, con ruolo di mero nuncius e di esecutore materiale, richiamando il primo capoverso del citato art. 44, comma 3 – peraltro non ancora applicabile – e non già l’ultimo capoverso che – con una norma che riporta essenzialmente il contenuto del Reg. n. 2913/92, art. 201, comma 3, u.p. -configura la responsabilità di colui che abbia fornito i dati necessari per la stesura della dichiarazione e che sia, o, avrebbe dovuto essere, a conoscenza della loro erroneità.

2.1. La fondatezza del primo motivo- concernente l’inapplicabilità alla fattispecie in esame degli art. 44 e 68 cit.- rende inutile la trattazione del secondo, con assorbimento dello stesso.

3. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 43 del 1973, art. 38 (T.U.L.D.) nonché degli artt. 2043 e 2055 c.c. per avere la CTR erroneamente ritenuto che, anche a volere escludere l’applicazione dell’art. 44 Reg. 540/08, T.R. non potesse, in ogni caso, quale mero esecutore materiale, essere considerato responsabile in solido ai sensi del D.P.R. n. 43 del 1973, art. 38, ancorché, in base a tale norma e agli artt. 2043 e 2055 c.c., fosse configurabile la sua responsabilità, avendo egli contribuito, secondo la prospettazione dell’Agenzia, alla introduzione irregolare della merce – vaccini zootecnici, privi dell’autorizzazione ministeriale- falsificando i dati e i documenti necessari all’importazione.

3.1. Il motivo è fondato per le ragioni di seguito indicate.

3.2. Occorre, invero, rilevare che, in materia doganale, obbligati al versamento dei dazi sono, non solo l’importatore (direttamente e/o quale soggetto per conto del quale è resa la dichiarazione) e, in via solidale, il di lui rappresentante indiretto, ma anche qualsiasi altro soggetto che, pur partecipando alle formalità doganali, non dichiari di agire, a tal riguardo, a nome o per conto di un terzo ovvero dichiari di agire a nome o per conto di un terzo senza disporre del relativo potere di rappresentanza; questi è considerato agire a suo nome e per proprio conto e, conseguentemente, risponde dell’obbligazione doganale quale sottoscrittore della dichiarazione o, comunque, “cooperante” al perfezionamento dell’operazione. In aderenza alla specifica finalità della norma doganale tesa a salvaguardare l’interesse pubblicistico all’adempimento dell’obbligazione daziaria, l’art. 201, comma 3, Reg. C.e.e. 2913/1992 precisa, infatti, che, quando una dichiarazione è resa in base a dati che determinano la mancata riscossione totale o parziale dei dazi dovuti per legge, le persone che hanno fornito i dati necessari alla stesura della dichiarazione e che erano od avrebbero dovuto essere a conoscenza della erroneità possono essere parimenti considerati debitori conformemente alle vigenti disposizioni doganali; e, in linea con la regolamentazione comunitaria, il D.P.R. n. 43 del 1973, art. 38 (T.U.L.D.), vincola all’obbligazione doganale, generalizzatamente, tutti coloro comunque ingeritisi nell’operazione (Cass. Sez. 5, n. 1574 del 2012; sulla coerenza tra la disciplina comunitaria di cui all’art. 201 C.D.C. e all’art. 38 T.U.L.D., v. anche Cass. n. 29585 del 2011). Peraltro, questa Corte, di recente, ha affermato il condivisibile principio secondo cui: “In materia di tributi doganali, ai sensi dell’art. 2 Regolamento CE n. 2144 del 1987 e degli artt. 3 e 4 Regolamento CE n. 1031 del 1988 (applicabili “ratione temporis”, le cui prescrizioni sono state successivamente recepite dagli artt. 201, comma 3 e 202, comma 3 Regolamento CE n. 2913 del 1992), sono tenuti all’adempimento non solo i soggetti che hanno sottratto la merce al controllo doganale, ma anche, in solido, quanti hanno concorso alla sottrazione della merce a tale controllo” (Cass. 31 gennaio 2019, n. 2860);

3.3. La CTR non si è attenuta ai suddetti principi avendo escluso ai sensi dell’art. 38 T.U.L.D., la responsabilità di T.R., dipendente della Pharco, in quanto “persona che materialmente aveva operato in dogana”, senza verificare se per l’attività svolta in dogana- di assunta falsificazione dei dati e dei documenti necessari all’importazione- risultasse comunque ingerito nelle operazioni doganali.

4. Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 68 Reg. CE n. 450/2008 e del D.P.R. n. 43 del 1973 (T.U.L.D.), art. 84, per avere la CTR ritenuto erroneamente, in ogni caso, prescritta la pretesa tributaria ex art. 68 cit., ancorché si trattasse di una norma non ancora applicabile, mentre, ex art. 84 T.U.L.D., la pretesa tributaria, avente causa da reato, non poteva considerarsi prescritta, decorrendo il termine di prescrizione quinquennale (poi ridotto a tre anni in forza della L. n. 428 del 1990, art. 29) dalla data in cui il decreto o la sentenza, pronunciati nel procedimento penale, erano divenuti irrevocabili.

4.1. Il motivo è inammissibile.

4.2. Invero è inammissibile, in sede di giudizio di legittimità, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta “ad abundantiam”, e pertanto non costituente una “ratio decidendi” della medesima. Infatti, un’affermazione siffatta, contenuta nella sentenza di appello, che non abbia spiegato alcuna influenza sul dispositivo della stessa, essendo improduttiva di effetti giuridici non può essere oggetto di ricorso per cassazione, per difetto di interesse (Cass. Sez. 1, n. 8755 del 10/04/2018).

Nella specie, il motivo è inammissibile per difetto di interesse, avendo la CTR svolto l’argomentazione relativa alla fondatezza dell’eccezione di prescrizione “in ogni caso” e dunque, ad abundantiam, senza che l’affermazione circa l’avvenuta prescrizione della pretesa tributaria costituisca una ratio decidendi della sentenza impugnata.

5. In conclusione, va accolto il primo e il terzo motivo; dichiarato inammissibile il quarto; assorbito il secondo; con cassazione della sentenza – in relazione ai motivi accolti – e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, affinché riesamini la vicenda alla luce dei principi sopra richiamati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il terzo motivo; dichiara inammissibile il quarto; assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata – in relazione ai motivi accolti – e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2019

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