Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26157 del 27/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 27/09/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 27/09/2021), n.26157

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 37672-2019 proposto da:

CLEAR CHANNEL HOLDING ITALIA SRL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

REGINA MARGHERITA 46, presso lo studio dell’avvocato FRASCAROLI

ANDREA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ANAS SPA, UTG GOVERNO DI ROMA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 21502/2019 del TRIBUNALE di ROMA depositata

l’8/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FALASCHI

MILENA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Roma respingeva l’appello contro la sentenza n. 10452/2011 del giudice di pace di Roma che aveva rigettato l’opposizione proposta da Clear Channel Affitalia s.r.l. contro la sanzione amministrativa irrogata dall’ANAS s.p.a., per violazione dell’art. 23 C.d.S., commi 7 e 13 per avere posto impianto pubblicitario abusivamente in vista dell’autostrada Roma Fiumicino.

Per la cassazione della sentenza Clear Channel Affitalia s.r.l. ha proposto ricorso affidato a due motivi, con i quali, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si censura tale specifico contenuto della decisione.

L’Anas e l’UTG di Roma sono rimasti intimati.

Ritenuto che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata al difensore della parte ricorrente, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Atteso che:

con il primo motivo la società ricorrente lamenta la violazione e/o la falsa applicazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 23, commi 4 e 7, nonché della L. n. 689 del 1981, art. 3 e dell’art. 24 Cost. per avere ritenuto visibile il cartello nonostante la vegetazione lo coprisse, andando di contrario avviso rispetto alle pronunce del Tar Lazio n. 5459/2014 e del Tribunale di Roma n. 4324/2015 relative al medesimo impianto e passate in giudicato.

Il motivo è priva di pregio per essere la statuizione del Tribunale conforme alla costante giurisprudenza di questa Corte sulla base della quale il giudice del gravame ha effettuato l’accertamento in esame.

Premessa la competenza del giudice ordinario a conoscere della controversia per la sanzione de qua (e non già del giudice amministrativo: cfr Cass., Sez. Un., n. 15170 del 2010) per cui non si pone alcun conflitto con diverso accertamento, si deve considerare che la nonna di cui all’art. 23 C.d.S., comma 1, prevede che “Lungo le strade o in vista di esse è vietato collocare insegne, cartelli, manifesti, impianti di pubblicità o propaganda, segni orizzontali reclamistici, sorgenti luminose, visibili dai veicoli transitanti sulle strade, che per dimensioni, forma, colori, disegno e ubicazione possono ingenerare confusione con la segnaletica stradale, ovvero possono renderne difficile la comprensione o ridurne la visibilità o l’efficacia, ovvero arrecare disturbo visivo agli utenti della strada o distrarne l’attenzione con conseguente pericolo per la sicurezza della circolazione; in ogni caso, detti impianti non devono costituire ostacolo o, comunque, impedimento alla circolazione delle persone invalide. Sono, altresì, vietati i cartelli e gli altri mezzi pubblicitari rifrangenti, nonché le sorgenti e le pubblicità luminose che possono produrre abbagliamento. Sulle isole di traffico delle intersezioni canalizzate è vietata la posa di qualunque installazione diversa dalla prescritta segnaletica”.

Un’insegna di esercizio, un cartello o altro mezzo pubblicitario può essere, dunque, installato solo dopo avere ottenuto la prescritta autorizzazione da parte dell’Ente proprietario della strada e può essere mantenuto nei limiti -anche temporali – di cui all’autorizzazione medesima, e in ogni caso, il concreto posizionamento del cartello o altro mezzo pubblicitario deve rispettare quanto previsto dal Regolamento di attuazione del Codice della strada circa divieti e distanze, con conseguenza che l’accertamento delle violazioni (art. 23 C.d.S., comma 11) viene fatto sia con riferimento al regime vincolistico (autorizzazione), sia con riferimento al posizionamento in concreto del mezzo pubblicitario (divieti e distanze previste dal Regolamento C.d.S.) e risponde al principio dell’integrale valutazione giuridica del fatto, come tale non censurabile in sede di legittimità per essere stata la verifica della visibilità effettuata dal giudice del gravame con motivazione idonea avendo considerato la copertura di parte del cartello pubblicitario solo stagionale, legata alla rigogliosa vegetazione, rendendo il taglio della stessa visibile l’impianto e per l’effetto pericolosa la circolazione.

Ne’ vi è prova che la sentenza del Tribunale di Roma invocata dalla ricorrente, la n. 4324/2015 si riferisca al medesimo cartello, indicato in detta decisione come collocato in vista dell’autostrada Roma Fiumicino al km. 1+951, mentre quello in questione è posto all’altezza del km 1+400 lato sinistro;

– con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. sulla ripartizione dell’onere della prova, nonché della L. n. 689 del 1981, artt. 3 e 22, oltre che del D.Lgs. n. 150 del 2001, art. 6, commi 10 e 11 e’art. 7 per avere il giudice di appello -in assenza di una valida attività istruttoria e probatoria di parte opposta ed in presenza di specifiche e documentali deduzioni dell’opponente – rigettato l’impugnazione.

Il secondo mezzo è inammissibile in quanto censura una erronea applicazione del principio di ripartizione dell’onere probatorio quanto alla visibilità dell’impianto pubblicitario, pur avendo il giudice del gravame positivamente accertato detto dato sulla base degli elementi di giudizio acquisiti.

Del resto, sotto il profilo della necessità di istruttoria, la Corte non può che ribadire il principio per cui rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative di quelle già espletate, di sentire a chiarimenti il consulente tecnico di ufficio ovvero di disporre addirittura la rinnovazione delle indagini, con la conseguenza che l’esercizio di un tale potere (così come il mancato esercizio) non è censurabile in sede di legittimità (Cass. n. 859 del 2016; Cass. n. 8355 del 2007) tanto più in un caso, come quello di specie, nel quale il giudice di merito ha accertato che, alla luce della fotografia prodotta, il cartello era stato installato abusivamente con visibilità dello stesso dall’autostrada Roma Fiumicino, trattandosi peraltro di cartello privo della prescritta autorizzazione.

In conclusione il Collegio reputa che il ricorso sia inammissibile per essere la pronuncia impugnata conforme ai principi affermati da questa Corte.

Nessuna pronuncia sulle spese processuali di legittimità in mancanza di difese da parte degli enti intimati.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma bis dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2021

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