Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26157 del 21/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 26157 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 25643-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lao rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente contro
CIRCOLO ARCI GOBLIN’S CLUB,
CARLO VANOTTI quale Presidente del Circolo Arci Goblin’s Club;

intimati

avverso la sentenza n. 110/27/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di MILANO del 29.1.2010, depositata il 24/09/2010;

Data pubblicazione: 21/11/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ENNIO

ATTIMO SEPE.

Ric. 2011 n. 25643 sez. MT – ud. 24-10-2013
-2-

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,
letti gli atti depositati

La CTR di Milano ha respinto l’appello dell’Agenzia ed accolto quello della parte
contribuente “Circolo Arci Goblin’s Club” -appelli proposti contro la sentenza
n.112/02/2007 della CTP di Sondrio che aveva solo parzialmente accolto il ricorso
della parte contribuente medesima- ed ha così integralmente annullato l’avviso di
accertamento per IVA-IRPEG 2002 con cui l’Agenzia, sulla scorta di un PVC della
GdF, aveva acclarato la natura commerciale dell’attività svolta dal predetto Circolo
ed aveva poi determinato un reddito di importo pari ad E 44.727,00 accertando pure
(nel medesimo importo imponibile) il volume d’affari da assoggettarsi ad IVA.
La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo -per quanto qui ancora rilevache fosse fondata la doglianza di parte contribuente di assoggettamento a tassazione
dei ricavi e non già del reddito: operando in sede di accertamento induttivo, infatti,
l’Amministrazione deve procedere alla ricostruzione della situazione reddituale anche
comprensiva dei costi (da determinare pure induttivamente ove non sia possibile
applicare altro metodo) pena la lesione del principio costituzionale di capacità
contributiva che vuole sia sottoposto a tassazione il profitto netto dai costi e non
quello lordo. La CTR, inoltre (dopo avere evidenziato che per mero lapsus calami la
CTP aveva determinato il reddito commerciale nella percentuale del 40% dei ricavi
dichiarati anzicchè di quelli accertati), ha rigettato l’appello con cui l’Agenzia si era
doluta del capo della sentenza di primo grado con cui erano stati quantificati i costi
nella misura del 60% dei ricavi senza alcuna specificazione dei criteri utilizzati per
raggiungere tale convincimento, e ciò perché la quantificazione dei costi in ragione
percentuale è frutto di un giudizio estimativo e non già dell’utilizzo del potere di

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Osserva:

equità sostitutiva, ciò che “attribuisce al giudice il potere di prescindere nella
fattispecie dal diritto positivo”.
L’Agenzia delle Entrate ha interposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi.
La parte contribuente non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere

Infatti, con il primo motivo di impugnazione (rubricato come:”Violazione e falsa
applicazione dell’art.39 del DPR 600/1973 e 75 del DPR 917/1986, in combinato
disposto, in relazione all’art.360 n.3 cpc”) e con il secondo motivo di impugnazione
(centrato sul vizio di motivazione) la ricorrente si duole in sostanza del fatto che il
giudice del merito —dopo avere erroneamente qualificato di genere induttivo un
accertamento operato con metodologia analitica ed anzicchè provvedere direttamente
all’accertamento dei costi che si reputava di dover sottrarre ai ricavi, ai fini di
determinare il reddito imponibile- aveva del tutto annullato l’accertamento, così
mandando totalmente esente da imposizione il reddito maturato nel periodo a favore
della parte contribuente.
I motivi, esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione, sono fondati e da
accogliersi.
Da un canto il giudicante ha qualificato come “induttivo” (senza fornire di questa
qualificazione la minima giustificazione argomentativa) l’accertamento che invece —
secondo quanto analiticamente ricostruito dall’Agenzia nel ricorso introduttivo di
questo grado- appare (per ciò che concerne le imposte sui redditi e diversamente da
quanto espressamente riferito —invece- alla ricostruzione del volume d’affari ai fini
IVA) incardinato sia su elementi positivi di reddito registrati sia su ricavi non
dichiarati ricostruiti a mezzo di un “procedimento di carico e scarico a quantità di
tutti gli articoli rappresentativi dell’attività svolta nei periodi di imposta 2001 e
2002″.
D’altro canto, il giudicante ha dato atto nella sentenza impugnata che l’Agenzia
avrebbe avuto l’onere di provvedere alla ricostruzione della situazione reddituale

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definito ai sensi dell’art.375 cpc.

complessiva del contribuente, ivi considerando anche gli aspetti dei costi
effettivamente o presuntivamente sostenuti, e sulla questione si è limitato a
laconicamente concludere che l’omissione di siffatto onere doveva considerarsi causa
di annullamento del provvedimento di accertamento. Da ciò non ha tratto però le
debite conseguenze circa la necessità di sostituire la propria valutazione a quella

espressamente provvedendo sull’implicita domanda della parte pubblica volta ad
ottenere un positivo accertamento dell’ammontare dell’imposta dovuta, ciò che è
oggetto dei poteri del giudice tributario oltre che suo preciso dovere istituzionale.
In termini giova richiamare l’insegnamento di questa Corte altre volte espresso (per
tutte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15825 del 12/07/2006) in fattispecie consimili:” Dalla
natura del processo tributario – il quale non è annoverabile tra quelli di
“impugnazione-annullamento”, ma tra i processi di “impugnazione-merito”, in quanto
non è diretto alla sola eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma alla pronuncia
di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che
dell’accertamento dell’ufficio – discende che ove il giudice tributario ritenga invalido
l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può
limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa
tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla
alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte. (Nella specie, la
sentenza impugnata – a fronte dell’avvenuta rideterminazione dell’imponibile da parte
dell’ufficio, in occasione della costituzione in giudizio, in somma minore di quella già
determinata in sede di accertamento sintetico del reddito – si era limitata ad annullare
l’avviso di accertamento impugnato, sul rilievo che non fosse compito dei giudici
tributari procedere “alla liquidazione delle imposte e delle relative penalità”.
Enunciando il principio in massima, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione,
osservando come la rideterminazione dell’imponibile operata dall’ufficio costituisse
una semplice diminuzione della maggiore pretesa tributaria contenuta nell’atto

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dell’Amministrazione in ordine alla soluzione della questione liquidatoria, e perciò

impugnato e, dunque, una mera riduzione del “quantum” oggetto del contendere tra le
parti, sul quale il giudice avrebbe dovuto comunque giudicare)”.
Dunque, non è chi non veda che (per un verso e per l’altro) l’intiero procedimento
logico di ricostruzione della base imponibile effettuata dal giudicante sia da rinnovare
(rinnovo nel quale resta coinvolto anche l’apprezzamento della base imponibile ai fini

espressamente intitolato ad omessa pronuncia sulla censura a ciò relativa) ai quali fini
necessita senz’altro cassare la decisione e restituire la controversia al giudice di
appello, in funzione di giudice del rinvio.
Restano invece infondati e da disattendersi i motivi terzo e quarto di impugnazione (il
primo centrato sulla nullità della sentenza per inosservanza dell’art.7 del
D.Lgs.546/1992 e dell’art.112 cpc; il secondo centrato sul vizio di motivazione) con i
quali la parte ricorrente si duole di omessa pronuncia ovvero di motivazione
insufficiente sulla censura proposta da essa Agenzia e concernente la determinazione
percentuale dei costi effettuata dalla Commissione di primo grado: per quanto sia
sinteticamente espresso il convincimento della CTR (circa la natura di giudizio
estimativo di un tale apprezzamento) non è possibile assumere che un convincimento
manchi o che ne sia inintelligibile il fondamento logico.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza del primo e secondo motivo (con assorbimento del quinto),
onde appare poi necessario il rinvio del processo al giudice del merito per il rinnovo
dell’indagine ad esso demandata
Roma, 25 marzo 2013

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;

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IVA, con conseguente assorbimento del quinto motivo di impugnazione,

che le spese di lite possono essere regolate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla CTR
Lombardia che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese di lite del
presente grado.

Così deciso in Roma il 24 ottobre 2013.

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