Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26154 del 18/10/2018

Cassazione civile sez. II, 18/10/2018, (ud. 18/04/2018, dep. 18/10/2018), n.26154

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 539/2015 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IMERA 16,

presso lo studio dell’avvocato PIETRO TOPPETA, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

VAMA APPALTI SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO

36-B, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO SCARDIGLI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIA VITTORIA MARCHI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6094/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/04/2018 dal Consigliere ELISA PICARONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Oggetto di ricorso è la sentenza della Corte d’appello di Roma, depositata in data 13 ottobre 2013, che ha accolto l’appello proposto da Vama Appalti s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 6458 del 2006 e nei confronti di P.M..

1.1. Il Tribunale aveva rigettato la domanda della società Vama di pagamento dell’importo di Euro 3.821,80 per l’attività di mediazione finalizzata alla vendita di un appartamento di proprietà del P.. Secondo il Tribunale, la clausola contrattuale che riconosceva al mediatore la somma pari al 4% del corrispettivo della vendita, in caso di mancata accettazione da parte del proprietario di una proposta conforme alle indicazioni, era vessatoria.

2. La Corte d’appello ha riformato la decisione. Qualificato il contratto come mandato ed esclusa la vessatorietà della clausola, la Corte territoriale ha ritenuto che la proposta di acquisto reperita dalla mandataria fosse corrispondente alle richieste del P., ed anzi più vantaggiosa, con la conseguenza che il rifiuto di concludere l’affare era privo di giustificazione e ciò rendeva operativa la clausola che obbligava il mandante al pagamento della percentuale del 4% sul prezzo.

3. P.M. ricorre per la cassazione della sentenza, sulla base di due motivi. Resiste Vama Appalti srl con controricorso anche illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato.

1.2. Con il primo motivo è denunciata omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, e si lamenta che la Corte d’appello non avrebbe esaminato la questione se il rifiuto del P. ad accettare la proposta d’acquisto fosse conforme al contratto e alla legge.

2. La doglianza è inammissibile.

2.1. Come affermato dalla giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte (ex plurimis, Cass. 29/09/2016, n. 19312; Cass. Sez. U 07/04/2014, n. 8053), alla quale si deve dare continuità, dopo la modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ad opera del D.L. n. 82 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità è circoscritto alla carenza assoluta della motivazione, sotto il profilo materiale-grafico ovvero logico, della impossibilità di individuare la ratio decidendi della decisione impugnata, tale da integrare la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, rimanendo esclusa la verifica sulla sufficienza e razionalità della motivazione.

2.3. Quanto alla deducibilità dell’omesso esame, la giurisprudenza richiamata ha anche chiarito che l’omesso esame deve riguardare un fatto storico – non un punto o un profilo giuridico – che emerga dalla sentenza o comunque sia stato acquisito al processo, il cui omesso esame risulti decisivo, nel senso cioè che costituisca il “tassello mancante” alla plausibilità delle conclusioni cui è pervenuta la sentenza rispetto a premesse date nel quadro del sillogismo giudiziario.

Il motivo in esame non risponde ai requisiti indicati, giacchè non indica fatti storici il cui esame sia stato pretermesso dalla Corte d’appello, lamentando in realtà la valutazione dei fatti operata dalla stessa Corte con riferimento alla legittimità del rifiuto del P. ad accettare la proposta.

3. Con il secondo motivo si contesta l’esclusione della vessatorietà della clausola contrattuale azionata dalla società Vama, in contrasto con i principi sanciti dal Codice del consumatore, e prima ancora dagli artt. 1469 c.c. e segg., nonchè dell’orientamento giurisprudenziale in team (è richiamata Cass. 03/11/2010, n. 22357).

3.1. La doglianza è inammissibile perchè muove dal presupposto che il rapporto contrattuale oggetto di controversia fosse di mediazione, mentre la Corte d’appello lo ha qualificato in termini di mandato, e tale qualificazione neppure è specificamente censurata. Le argomentazioni svolte dal ricorrente risultano, di conseguenza, inidonee a confutare la ratio decidendi della sentenza impugnata.

4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2018

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