Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26153 del 27/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 27/09/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 27/09/2021), n.26153

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35112-2019 proposto da:

U.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato VINCENZO GUIDA;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO ISMEA – ISTITUTO DI SERVIZI PER IL MERCATO AGRICOLO

ALIMENTARE, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA SAN BERNARDO 101, presso

lo studio dell’avvocato ANGELO PIAZZA, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3073/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 9/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 13/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA

BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

CHE:

U.A. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3073/2019, che ha rigettato l’appello contro la decisione del Tribunale di Roma n. 19977/2016. Il Tribunale di Roma aveva pronunciato la risoluzione del contratto di compravendita di un comprensorio di fondi rustici, stipulato con l’Istituto di servizi per il mercato agricolo (ISMEA), per grave inadempimento del ricorrente, condannandolo a rilasciare i fondi in favore dell’Istituto.

Resiste con controricorso ISMEA.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

I. Il ricorso è articolato in un motivo che denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 1453 e 1456 c.c.. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”: con l’atto introduttivo del processo, ISMEA ha dichiarato di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto e solo con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, ha proposto la domanda di risoluzione per inadempimento, domanda accolta dal Tribunale, così che la Corte d’appello ha errato nel ritenere che si trattasse di una modifica consentita dalla giurisprudenza di questa Corte.

Il motivo è inammissibile. La Corte d’appello ha correttamente rigettato la doglianza del ricorrente di “tardività della domanda” di risoluzione del contratto per inadempimento, così come formulata nella memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1 correttamente applicando i principi enunciati dalla pronuncia delle sezioni unite n. 12310/2015 (cfr. le pp. 5 e 6 della sentenza impugnata).

II. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio a favore del controricorrente che liquida in Euro 7.200 di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2021

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