Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26152 del 17/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 17/11/2020, (ud. 25/06/2020, dep. 17/11/2020), n.26152

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 261-2020 proposto da:

K.G., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’Avvocato LIVIO NERI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

e contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI MILANO, in persona del legale rapp.te pt.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2455/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 05/06/2019 R.G.N. 1478/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/06/2020 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Milano, con la sentenza n. 2455 del 2019, ha confermato l’ordinanza emessa dal Tribunale della stessa sede con la quale era stato rigettato il ricorso, avverso il provvedimento di diniego delle richieste volte ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, avanzate in via gradata da K.G., cittadino (OMISSIS).

2. Il richiedente ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.

3. Il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

4. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 3, comma 1 e art. 5 e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (motivazione apparente), per avere la Corte territoriale violato ed applicato scorrettamente i criteri di accertamento dei fatti e delle circostanze di causa contenuti nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art.3, comma 5, lett. da a) ad e) e D.Lgs. n. 257 del 2008, art. 8, comma 3 non avendo ad esso ricorrente, pur essendo presente in udienza, chiesto chiarimenti in merito alle circostanze ritenute non sufficientemente circostanziate e la cui genericità aveva poi contribuito a determinare il rigetto delle domande: ciò con una motivazione solo apparente.

2. Con il secondo motivo si censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 1, lett. c) e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 per avere la Corte di merito, nel rigettare la domanda di protezione sussidiaria fatto riferimento ad un concetto di danno temuto di carattere personale, senza considerare che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 non vincola la rilevanza di timore di danno grave alla sussistenza o meno di motivi tipizzati e per essere La Corte incorsa in violazione di legge avendo confuso la “natura” del timore allegato con la “provenienza” perchè i responsabili di persecuzione e danno grave potevano essere anche i “soggetti non statuali” se quelli “statuali” non potevano o non volevano fornire protezione.

3. Con il terzo motivo il ricorrente si duole, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., della violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a) in relazione alla valutazione della situazione del Paese di origine del ricorrente ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) per non avere la Corte di appello indicato alcuna fonte a sostegno delle affermazioni secondo cui la condizione attuale della (OMISSIS), Paese d’origine, sarebbe stato sicuro ed esente da pericoli per esso ricorrente.

4. Con il quarto motivo si deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. c) e/o lett. a) e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 e art. 8 CEDU, per non avere la Corte di merito formulato in udienza, in cui esso ricorrente era presente, alcuna domanda sulla sua attuale e pregressa situazione socio-lavorativa in Italia, così violando il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. c) ed operando solo apparentemente la valutazione comparativa fra la condizione in cui il richiedente si trova in Italia e quella in cui sarebbe costretto a vivere in caso di forzato rimpatrio.

5. Con il quinto motivo il ricorrente lamenta, in ordine alla predetta doglianza, anche ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e/o art. 112 c.p.c., per omessa motivazione (motivazione apparente).

6. Il primo motivo non è fondato.

7. Premesso che si verte in tema di impugnazione D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 proposta avverso l’ordinanza del Tribunale emessa nel vigore del D.Lgs. n. 250 del 2011, art. 19 deve rilevarsi che la Corte territoriale non ha violato i criteri di accertamento dei fatti in quanto l’orientamento affermatosi nella giurisprudenza di legittimità è quello secondo cui l’omessa audizione del richiedente nel giudizio di appello relativo ad una domanda di protezione internazionale non costituisce violazione processuale sanzionabile a pena di nullità atteso che il rinvio, contenuto nel D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 13 al precedente comma 10 che prevede l’obbligo di sentire le parti, non si configura come un incombente automatico e doveroso, ma come un diritto della parte di richiedere l’interrogatorio personale, cui si collega il potere officioso del giudice di valutarne la specifica rilevanza (Cass. n. 3003/2018; Cass. n. 24544/2011).

8. Tale affermazione trova, peraltro, riscontro nella giurisprudenza comunitaria la quale, pronunciandosi in ordine alla interpretazione della direttiva 2013/32/CE del 26 luglio 2013, artt. 12, 14, 31 e 46, ha precisato che l’obbligo di consentire al richiedente di sostenere un colloquio personale, prima di decidere sulla domanda di protezione internazionale, grava esclusivamente sull’autorità incaricata di procedere all’esame della stessa, e non si applica pertanto, nei procedimenti di impugnazione, in quanto l’obbligo di procedere all’esame completo ed ex nunc degli elementi di fatto e di diritto, imposto al giudice competente dall’art. 46, par. 3 della direttiva deve essere interpretato tenendo conto della stretta connessione esistente tra la procedura di impugnazione e quella di primo grado che la precede, nel corso della quale deve essere consentito al richiedente di sostenere il colloquio personale, con la conseguenza che il giudice può decidere di non procedere all’audizione nel caso in cui ritenga di potere effettuare un esame siffatto in base ai soli elementi contenuti nel fascicolo, ivi compreso, se del caso, il verbale o la trascrizione del colloquio personale svoltosi in occasione del procedimento di primo grado (cfr. Corte di Giustizia UE 26 luglio 2017, in causa C-348/16, Moussa Sacko).

9. Inoltre, va osservato che il vizio ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 sussiste solo quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, nè alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito: ipotesi, queste, non ravvisabili nel caso di specie ove la Corte ha chiaramente specificato, con valutazione che costituisce accertamento di fatto non sindacabile in cassazione, le ragioni circa la vaghezza della ricostruzione dei fatti fornita dal richiedente che escludeva l’attivazione di ogni potere ufficioso da parte della Corte di merito.

10. Per motivi di pregiudizialità logico-giuridica deve ora esaminarsi il terzo motivo.

11. Il dato processuale da cui partire è quello costituito dall’accertamento dei giudici di seconde cure circa la non credibilità delle dichiarazioni del richiedente, limitatamente, però, alle ragioni che lo hanno determinato a lasciare il proprio Paese e non alla individuazione dello stesso ((OMISSIS)).

12. Orbene, è stata già rappresentata, in altre pronunce di legittimità, l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale presso questa Corte in ordine alla rilevanza della “non credibilità” delle dichiarazioni del richiedente ai fini dell’accertamento officioso, attraverso la consultazione e la indicazione specifica delle fonti, circa la situazione socio-politica del paese di origine, per la domanda di protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c).

13. Vi è, infatti, da un lato, un indirizzo favorevole alla rilevanza, nel senso che il giudizio di attendibilità, se negativo, in ogni caso preclude ogni accertamento di ufficio D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) (cfr. Cass. n. 33096 del 2018; Cass. n. 4892 del 2019; da ultimo Cass. n. 15794 del 2019) e, dall’altro, un diverso indirizzo che reputa, invece, che il giudizio di attendibilità non entri in gioco, salvo che non sia controversa la stessa provenienza del richiedente da un’area geografica interessata da una situazione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato interno o internazionale (cfr. tra le altre Cass. n. 14823/2019; Cass. n. 8819/2020; Cass. n. 2954/2020; Cass. n. 3016/2019).

14. Questo Collegio ritiene di aderire a tale ultimo orientamento richiamando le argomentazioni ivi svolte perchè, nella sola fattispecie di cui all’art. 14, lett. c), l’esistenza di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria non è subordinata alla condizione di una prospettazione personale del rischio.

15. Ciò implica che la protezione sussidiaria, nel caso in esame, vada accordata per il solo fatto che il richiedente provenga dal territorio interessato dalla menzionata situazione di violenza indiscriminata. Situazione in cui, come è stato affermato dal citato precedente di legittimità, il livello di conflitto armato in corso è tale che l’interessato, rientrando in quel Paese o in quella regione, correrebbe, per la sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia (Corte di Giustizia 17.2.2009 C-465/07 Elgafaji; Corte di Giustizia 30.1.2014 C-285/12 Diakitè; Cass. n. 13858/2018; Cass. n. 25083/2017).

16. Inoltre, è stato affermato -come argomento a sostegno di tale posizione- che la valutazione di credibilità, in tema di revoca della protezione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 18 per non essere trasfigurata da strumento di valutazione della prova in giudizio sulla lealtà processuale, deve riguardare i fatti esclusivi dell’avvenuto riconoscimento della protezione e non quindi fatti diversi su cui è fondata la protezione riconosciuta ovvero una qualsiasi altra falsità, mentre, con riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. e) essa deve consistere in una “generale attendibilità” del richiedente (cfr. Cass. n. 8819 del 2020).

17. Tale posizione non trova neanche il limite nell’obbligo di cooperazione del giudice, in relazione ai fatti prospettati dal richiedente perchè, in questa ipotesi, l’obbligo deve essere commisurato all’oggetto delle singole domande: nell’ipotesi della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. c) D.Lgs. citato esso è costituito unicamente dall’accertamento di una situazione oggettiva di indiscriminata e generalizzata violenza che metta in pericolo l’incolumità del richiedente in caso di rimpatrio nel Paese di origine.

18. Ciò premesso, atteso che la Corte territoriale doveva comunque svolgere gli accertamenti in merito alla situazione socio-politica della (OMISSIS) e che tale accertamento, sia pure ad abundantiam secondo la propria impostazione decisionale, ha effettuato, deve tuttavia darsi atto che, nella fattispecie, essa Corte si è limitata a richiamare, per escludere ogni ipotesi prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e per ritenere che la condizione attuale della (OMISSIS), Paese di origine del richiedente, non fosse interessata da un conflitto armato interno o internazionale, unicamente i “dati al momento accessibili”, senza alcuna altra precisazione.

19. Nell’assolvere all’onere imposto dalla legge i giudici di seconde cure erano, però, tenuti a spiegare in base a quali specifiche fonti avessero ritenuto inesistente il pericolo di persecuzione ovvero il rischio di subire gravi danni, paventati dal ricorrente, onde dare conto della puntualità e attualità della propria verifica e fare così in modo che la motivazione assumesse carattere effettivo.

20. E’ principio ormai consolidato, nella giurisprudenza di legittimità, quello secondo cui il riferimento operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 alle “fonti informative privilegiate” deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del paese di provenienza del richiedente la protezione (Cass. n. 13449 del 2019; Cass. n. 13897 del 2019).

21. La censura è, pertanto, meritevole di accoglimento.

22. La trattazione degli altri motivi resta, conseguentemente, assorbita.

23. La sentenza impugnata dovrà, quindi, essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il terzo motivo, rigettato il primo ed assorbiti gli altri; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020

 

 

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