Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26152 del 06/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 06/12/2011, (ud. 17/11/2011, dep. 06/12/2011), n.26152

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11440-2007 proposto da:

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI e PUGLISI LUCIA,

che lo rappresentano e difendono giusta procura notarile in atti;

– ricorrente –

contro

D.C.V.;

– intimato –

sul ricorso 16192-2007 proposto da:

D.C.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA

DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato MAFFEI ROSA, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI e PUGLISI LUCIA,

che lo rappresentano e difendono giusta procura notarile in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1008/2006 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 25/01/2007 R.G.N. 395/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/11/2011 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato LUCIANA ROMEO per delega LA PECCERELLA LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, rigetto dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza dei 23.11.2006 – 25.1.2007 la Corte d’Appello dell’Aquila, in adesione alle conclusioni del CTU del grado, confermative di quelle adottate dal CTU di prime cure, rigettò il gravame proposto dall’Inail nei confronti di D.C.V. avverso la pronuncia del Tribunale di Chieti, che, in relazione all’infortunio sul lavoro verificatosi il 15.4.1982, aveva riconosciuto al rassicurato, con decorrenza dal 7.5.2003, una rendita (pari ad un gradiente di invalidità del 27%) superiore a quella (22%) riconosciuta dall’Istituto a seguito di visita collegiale de 19.12.1995 (in aumento di quella – 18% – originariamente fissata con il provvedimento di costituzione del 20.11.1989), e successivamente confermata, con parere discorde, all’esito della collegiale medica del 14.12.2000.

Avverso tale sentenza della Corte territoriale, l’Inail ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi. L’intimato D.C. V. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria, proponendo a sua volta ricorso incidentale condizionato fondato su un motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, siccome proposti avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).

2. Il ricorrente principale, denunciando violazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 83 (primo motivo) e vizio di motivazione (secondo motivo), sì duole che la Corte territoriale non abbia tenuto conto, omettendo peraltro di motivare al riguardo, dell’avvenuto decorso del cosiddetto termine di cristallizzazione della rendita per infortunio, stante l’intervenuto decorso, alla data della riconosciuta spettanza del maggior gradiente di invalidità, de decennio dalla data di costituzione della rendita stessa.

3. Il controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso principale, sul rilievo che l’eccezione di violazione del termine decennale sarebbe stata sollevata dall’Inail per la prima volta in grado d’appello.

La censura è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza del controricorso per cassazione, non essendo stati riportati in tale atto i passi della memoria di costituzione di primo grado dell’Inail da cui dovrebbe desumersi, secondo l’assunto, la mancata proposizione dell’eccezione.

Anche in disparte da tale pur assorbente rilievo, deve comunque rilevarsi che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la sopravvenienza della diminuzione di attitudine al lavoro entro il decennio fa parte della stessa fattispecie costitutiva de diritto, implicando una presunzione assoluta per effetto della quale devono ritenersi definitivamente stabilizzate le condizioni fisiche; con a conseguenza che l’osservanza di tale termine deve essere accertata dal giudice di merito, indipendentemente da qualsiasi eccezione di parte (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 7935/1987; 11052/1992).

4.1 Come testè ricordato, la giurisprudenza di questa Corte ha reiteratamente affermato che il termine decennale di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 83, entro il quale si può procedere, a domanda dell’assicurato o per disposizione dell’istituto, alla revisione della rendita da infortunio sul lavoro, non è nè di prescrizione, nè di decadenza, non incidendo sull’esercizio, ma sull’esistenza del diritto, ed avendo solo la funzione di delimitare l’ambito temporale di rilevanza dell’aggravamento o dei miglioramento delle condizioni dell’assicurato, poichè la legge collega al trascorrere del tempo una presunzione assoluta per effetto della quale devono ritenersi definitivamente stabilizzate le condizioni fisiche; con la conseguenza che l’attivazione del procedimento di revisione e l’accertamento medico legale possono aver luogo oltre il termine decennale se relativi a modifiche intercorse entro il suddetto limite temporale (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 11051/1992, cit.; e, più recentemente, Cass., nn. 16270/2005; 20994/2010; 3870/2011).

Il tenore testuale del dato normativo (“Trascorso il quarto anno dalla data di costituzione della rendita, la revisione può essere richiesta o disposta solo due volte, la prima alla fine di un triennio e la seconda alla fine del successivo triennio”, D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 83, comma 7), che in termini specifici ed inequivoci ricollega il decorso del termine alla “data di costituzione della rendita”, rende quindi irrilevante ai fini de quibus, contrariamente all’avviso del controricorrente, l’intervenuta variazione, medio tempore, della rendita originariamente fissata.

Essendo pacifico che la rendita venne costituita con provvedimento del 20.11.1989, la decorrenza del maggior gradiente di invalidità, ritenuta dal CTU e, quindi, dalla sentenza impugnata che ha aderito alle conclusioni dell’ausiliario, dal 7.5.2003, si colloca evidentemente oltre il decennio.

Il primo motivo del ricorso principale va dunque accolto, essendo stata la pronuncia assunta in violazione di norma di legge (appunto il D.P.R. n. 1124 del 1965, ridetto art. 83).

4.2 Il secondo motivo del ricorso principale è invece inammissibile, poichè il vizio di motivazione denunciabile come motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, può concernere esclusivamente l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini del giudizio, ma non anche l’interpretazione e l’applicazione delle norme giuridiche (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 261/2003; Cass., SU, n. 21712/2004).

5. Con l’unico motivo il ricorrente incidentale denuncia violazione di norme di legge (D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 83 e 137), nonchè vizio di motivazione, deducendo che la Corte territoriale non aveva valutato quanto dedotto con l’appello incidentale in relazione alla circostanza che l’infezione tetanica patita dall’assicurato, pur se indotta da causa violenta, aveva determinato il cronicizzarsi dei postumi ad evoluzione peggiorativa, per cui l’infermità risultava caratterizzata da un andamento lento, i cui esiti andavano considerati come malattia professionale, con conseguente applicabilità del termine di 15 anni previsto dal D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 137.

Il motivo, e con esso il ricorso incidentale che sul medesimo si fonda, è inammissibile, vertendo su questione, implicante accertamento di fatto, non esaminata nella sentenza impugnata, siccome implicitamente assorbita dal ritenuto (ancorchè giuridicamente erroneo) riconoscimento del maggior gradiente invalidante quale postumo dell’infortunio sul lavoro.

6. In definitiva il ricorso principale va accolto nei limiti sopra indicati, mentre quello incidentale va dichiarato inammissibile.

La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione alla doglianza accolta, con rinvio al Giudice designato in dispositivo, che procederà a nuovo esame conformandosi agli indicati principi di diritto e provvederà altresì sulle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara inammissibile il secondo motivo e il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello dell’Aquila in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2011

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