Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26151 del 17/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 17/11/2020, (ud. 25/06/2020, dep. 17/11/2020), n.26151

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 217-2020 proposto da:

F.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AUGUSTO RIBOTY,

23, presso lo studio dell’Avvocato VALERIA GERACE, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso

i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

e contro

COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI SALERNO, in persona del legale rapp.te pt.;

– intimata –

avverso il decreto del TRIBUNALE di SALERNO, depositato il

05/11/2019, R.G.N. 129/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/06/2020 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con decreto emesso il 15.10.2019 il Tribunale di Salerno, rigettando il ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis proposto avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale notificato il 6.12.2018, ha respinto le istanze volte al riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, avanzate in via gradata da F.N., cittadino della (OMISSIS).

2. Il richiedente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

3. Il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione. La Commissione territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Salerno non ha svolto attività difensiva.

4. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione della Convenzione di Ginevra del 28.7.1951 nonchè del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 in relazione all’esigenza di accordare una forma gradata di protezione o altre forme residuali, per avere il Tribunale, in contrasto con i principi desumibili dalle suddette disposizioni, escluso la protezione ad esso istante sulla base del fatto che non aveva subito persecuzione diretta e che la situazione in (OMISSIS) era sicura, senza però valutare i rischi che avrebbe corso in caso di rimpatrio e in discordanza con le notizie reperibili sulla situazione del paese d’origine che rendevano le condizioni di vita di esso ricorrente totalmente inadeguate in re ipsa.

3. Con il secondo motivo si censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame della storia del ricorrente in relazione alla situazione di violazione dei diritti umani in (OMISSIS).

4. Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della Direttiva Europea 2004/83/CE del Consiglio del 29.4.2004 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 in relazione all’onere probatorio, per avere il Tribunale, violando il principio della valorizzazione dei poteri officiosi in tema di richieste di protezione internazionale, ritenuto non credibili e coerenti le dichiarazioni di esso ricorrente che, invece, erano in linea con il suo livello culturale e per non avere incentrato la sua indagine sul livello di pericolosità del paese d’origine, come invece avrebbe dovuto.

5. Il primo ed il terzo motivo, da trattarsi congiuntamente per connessione, presentano profili di inammissibilità e di infondatezza.

6. Giova premettere che il Tribunale ha ritenuto vago e non adeguatamente articolato il racconto fornito dal F., perchè le dichiarazioni apparivano contraddittorie e poco plausibili.

7. Il richiedente ha riferito, infatti, di avere lavorato in una fabbrica di tappezzeria nella città di (OMISSIS) e di essere partito perchè il suo datore di lavoro si era reso responsabile di un furto, appropriandosi di cinque milioni di (OMISSIS), a danno dei suoi clienti che lo avevano denunciato alla Polizia ed egli, per timore di essere accusato di complicità nel furto, senza rivolgersi alla Polizia, unitamente agli altri sei dipendenti della predetta fabbrica, aveva lasciato il Paese ove si trovavano ancora la moglie e la figlia.

8. E’ opportuno precisare che: a) la ritenuta non credibilità del racconto del ricorrente integra un apprezzamento di fatto rimesso al giudice di merito (ex art. 3, comma 5, lett. c) D.Lgs. n. 251 del 2007) e, quindi, censurabile in cassazione solo nei rigorosi limiti attualmente prescritti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella specie, come detto, non rispettati (Cass. n. 3340/2019); b) l’inattendibilità delle dichiarazioni del richiedente esclude l’attivazione dei poteri istruttori officiosi ai fini della tutela D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b) salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dalla impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. n. 8819 del 2020; Cass. n. 4892/2019; Cass. n. 16925/2018) in quanto il dovere di cooperazione istruttoria officiosa incombente sul giudice presuppone una affidabile allegazione dei fatti da accertare (Cass. n. 33096/2018; Cass. n. 28862/2018); c) l’accertamento della sussistenza di una violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, ai fini della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) – da interpretare anche in conformità alle fonti normative e giurisprudenziali Euro-unitarie (direttive 2004/83/CE e 2011/95/UE; Corte Giust. 30.1.2014, Diakitè) – implica un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito, parimenti censurabile nei richiamati limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

9. Le dedotte violazioni di legge, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, di cui ai motivi, sono poi insussistenti in difetto degli appropriati requisiti di erronea sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta regolata dalla disposizione di legge, mediante specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (Cass. n. 16038/2013; Cass. n. 3010/2012).

10. In realtà, quindi, tutte le doglianze formulate, ivi comprese quelle volte a denunciare la esigenza di accordare una forma gradata di protezione al ricorrente o altre forme residuali, si risolvono in un improprio tentativo di ottenere una rivisitazione di apprezzamenti di fatto con i quali i giudici di merito hanno plausibilmente escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale in ordine a tutti gli aspetti prospettati (status rifugiato, protezione sussidiaria e protezione umanitaria), con la conseguenza che le stesse non possono essere accolte.

11. Il secondo motivo è infondato.

12. La disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 – come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv. nella L. n. 134 del 2012 – ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo allo omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass. n. 8053 del 2014).

13. Nella fattispecie, il Tribunale ha compiutamente e adeguatamente valutato la situazione della (OMISSIS) (da pag. 7 a pag. 10 della sentenza), indicando specificamente le fonti di conoscenza ed escludendo, sulla base delle risultanze da esse desunte, che vi fossero sia il rischio attuale di atti di persecuzione, ad opera dei soggetti indicati dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 5, sia i fondati motivi di ritenere che, se il ricorrente fosse rientrato nel paese di origine, avrebbe corso un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14. Analogamente, poi, il Tribunale ha escluso la ricorrenza dei presupposti per la concessione della protezione umanitaria, non risultando essere stata dedotta una particolare condizione di vulnerabilità del ricorrente e considerato che la famiglia di quest’ultimo ancora risiedeva in patria, specificando, altresì, correttamente (cfr. Cass. n. 4455 del 2018) che il mero radicamento del richiedente sul territorio nazionale desumibile dalla sola presenza di un contratto di lavoro non fosse a tal fine sufficiente.

14. La situazione socio-politica nel paese di origine è stata, pertanto, a differenza di quanto sostiene il ricorrente, esaminata in relazione a tutte le istanze avanzate e ciò esclude il vizio denunciato ex art. 360 c.p.c., n. 5.

15. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.

16. Nulla va disposto in ordine alle spese di lite non avendo le Amministrazioni resistenti svolto attività difensiva.

17. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali (Cass. Sez. Un. 4315/2020), come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020

 

 

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