Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26150 del 27/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 27/09/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 27/09/2021), n.26150

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20603-2019 proposto da:

A.M., D.B.M., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato NICOLA FABRIZIO SOLIMINI;

– ricorrenti –

contro

C. COSTRUZIONI EDILI SAS DI F. &

V.C. , in persona del legale rappresentante pro tempore,

C.F., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FRANCESCO VALESIO 1,

presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO PORTOGHESE, rappresentati

e difesi dagli avvocati GIANPIERO BALENA, PIETRO SINESI;

– controricorrenti –

contro

C.L.; C.V.

– intimati –

avverso la sentenza n. 164/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 24/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 13/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA

BESSO MARCHEIS.

 

Fatto

PREMESSO

CHE:

A.M. e D.B.M. ricorrono per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari, 24 gennaio 2019, n. 164, che ha rigettato l’appello contro la pronuncia di primo grado del Tribunale di Trani. Il Tribunale aveva respinto le domande dei ricorrenti di accertamento del grave inadempimento del venditore (i ricorrenti avevano acquistato nel 2001 da un imprenditore edile una villa da questi costruita, costituita da un piano interrato e da un piano terra), in quanto avevano scoperto in un processo risarcitorio per gravi difetti costruttivi dell’immobile che la villa era abitabile limitatamente ai locali siti al piano terra, e di condanna del convenuto al risarcimento del danno. Il Tribunale ha ritenuta fondata l’eccezione di prescrizione del convenuto, trattandosi di vendita di bene privo della qualità promessa, ma pur sempre corrispondente a quello descritto nell’atto di vendita, ed essendo la prima formale contestazione del vizio stata effettuata nel febbraio del 2007.

C. costruzioni edili s.a.s. e C.F. resistono con controricorso.

Gli intimati C.F. e C.L. non hanno proposto difese.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

I. Il ricorso è articolato in due motivi.

1. Il primo motivo lamenta “violazione degli art. 1218,1453 c.c. e art. 1477 c.c., comma 3, falsa applicazione degli artt. 1497 e 1495 c.c.”, per avere la Corte d’appello erroneamente escluso che nel caso in esame, a causa della inabitabilità dell’intero piano interrato dell’immobile venduto ai ricorrenti, ricorresse un’ipotesi di vendita di aliud pro alio.

Il motivo è inammissibile. La giurisprudenza di questa Corte è infatti concorde nel ricondurre la vendita di aliud pro alio alle ipotesi di difetto assoluto della licenza di abitabilità oppure alla insussistenza delle condizioni necessarie a ottenerla, sul presupposto che il difetto incida sulla commerciabilità del bene e sull’attitudine del medesimo ad assolvere la sua funzione economico-sociale (cfr., da ultimo, Cass. n. 17123/2020). Nel caso in esame, invece, l’immobile era munito di certificato di abitabilità del quale vi era stata menzione nell’atto di vendita, anche se poi – ha precisato la Corte d’appello – il certificato non era stato allegato all’atto. Nell’atto di vendita poi, ha ancora sottolineato la Corte d’appello, vi era una precisa e dettagliata descrizione dell’immobile, con la composizione sia del piano interrato che del sovrastante piano, con i rispettivi confini e gli estremi catastali di entrambi i piani (con la precisazione che mentre il piano terraneo era accatastato con categoria A7, quello interrato apparteneva alla categoria C/6), senza contare che la precedente concessione edilizia, specificamente menzionata nell’atto pubblico, conteneva la specifica destinazione a deposito del piano interrato. Correttamente, pertanto, il giudice d’appello ha escluso che la vendità dell’immobile potesse essere ricondotta all’ipotesi della vendita di aliud pro alio.

2. Il secondo motivo contesta “violazione degli artt. 112 e 306,91 e 92 c.p.c.”, in quanto la Corte d’appello avrebbe omesso di pronunciare sui due capi dell’appello incidentale erroneamente ritenendo implicitamente rinunciati i medesimi, non essendo le censure state riproposte nella comparsa conclusionale, omessa pronuncia che avrebbe avuto ripercussioni sul provvedimento relativo alle spese.

Il motivo è inammissibile. I ricorrenti si dolgono infatti dell’omessa pronuncia sui motivi e della valutazione di avvenuta rinuncia dell’appello incidentale delle controparti, vizi che – trattandosi appunto dell’appello delle controparti – non hanno interesse a far valere. Quanto alle ripercussioni sulle spese va, in ogni caso, rilevato che la considerazione da parte del giudice d’appello della proposizione delle rinunciate censure avrebbe potuto al più comportare la compensazione delle spese del grado e si precisa che il sindacato al riguardo di questa Corte “e’ diretto solamente ad evitare che possa risultare violato il principio secondo cui esse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa” (Cass. 26912/2020), il che non è avvenuto nel caso in esame.

II. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio a favore dei controricorrenti che liquida in Euro 6.200 di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta/seconda sezione civile, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2021

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