Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26149 del 19/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 19/12/2016, (ud. 20/10/2016, dep.19/12/2016),  n. 26149

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5107/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.A., nella sua qualità di legale rappresentante della

EXTREME di P. & C. s.n.c. (cessata), elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO GUARDAVACCARO, giusto

mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1741/29/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di emessa il 07/07/2014 e depositata il 22/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO MANZON;

udito l’Avvocato Francesco Guardavaccaro, per il controricorso, che

si riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.

Con sentenza in data 7 luglio 2014 la Commissione tributaria regionale della Toscana respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 255/1/12 della Commissione tributaria provinciale di Grosseto che aveva accolto il ricorso proposto da Extreme di P. A. & C. sas – cessata – contro il diniego di rimborso IVA 2005. La CTR osservava in particolare che la mancata compilazione/presentazione del modello VR non poteva considerarsi ostativo del rimborso in oggetto.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un motivo unico.

Resiste con controricorso il socio accomandatario della cessata società contribuente.

Con l’unico mezzo dedotto – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’Agenzia fiscale ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 30, 38 bis, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, ribadendo la necessità della compilazione del modello VR ai fini della sussistenza del credito di rimborso IVA de quo.

In via preliminare deve rilevarsi d’ufficio la non integrità “originaria” del contraddittorio processuale.

Risulta invero per tabulas che la società contribuente è cessata ed è proprio per tale causa che se ne è originato il credito IVA in oggetto.

Vanno dunque ribaditi due principi:

– che “Dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. n. 6 del 2003, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale: a) l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, “pendente societate”, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorchè azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto) un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo” (Sez. U, Sentenza n. 6070 del 12/03/2013, Rv. 625323);

– che “La cancellazione della società di persone dal registro delle imprese ne determina l’estinzione, (nella specie, conseguente alla venuta meno della pluralità dei soci ex art. 2272 c.c., comma 1, n. 4 e art. 2308 c.c.) e la priva della capacità di stare in giudizio, operando un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti “pendente societate”, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente. Ne consegue che, in tale evenienza, i soci, subentrano anche nella legittimazione processuale già in capo all’ente estinto, determinandosi una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale. (Principio reso dalla S.C., con cassazione dell’impugnata sentenza e dichiarazione di nullità dei giudizi di merito e rinvio al giudice di primo grado, poichè fin dall’inizio il giudizio era stato instaurato da un solo socio)” (Sez. 5, Sentenza n. 24955 del 06/11/2013, Rv. 628572).

Ne consgue che la sentenza impugnata va cassata con rinvio al primo giudice.

PQM

La Corte pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria provinciale di Grosseto, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2016

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