Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26148 del 27/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 27/09/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 27/09/2021), n.26148

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3052-2019 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato TUFANO SABATO;

– ricorrente –

contro

CELOTTO SNC, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SICILIA 49, presso lo studio

dell’avvocato NAPOLITANO LUIGI, rappresentata e difesa dall’avvocato

D’ALESSIO CLAUDIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5688/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. BESSO

MARCHEIS CHIARA.

 

Fatto

PREMESSO

Che:

1. La società Celotto s.n.c., lamentando la presenza di macchie di umidità all’interno dei propri locali, agiva in giudizio chiedendo al Tribunale di Torre Annunziata di condannare I.M. alla rimozione di una fioriera posta in adiacenza al muro di confine tra gli immobili delle parti e di un vetro apposto all’esterno di una finestra di proprietà dell’attrice, nonché al risarcimento del danno conseguente. La convenuta, costituendosi, chiedeva il rigetto delle domande dell’attrice e proponeva domanda riconvenzionale per “ottenere l’adeguamento” della luce, a suo avviso irregolare, o la sua chiusura nel caso l’apertura costituisse una veduta. Deceduta la convenuta, il processo veniva riassunto e si costituiva l’attuale ricorrente.

Il Tribunale di Torre Annunziata, in accoglimento delle domande attoree, condannava la convenuta alla eliminazione della fioriera, ovvero alla immissione di strati isolanti e impermeabilizzanti tra la fioriera e la muratura di confine, e al pagamento di Euro 1.670 a titolo di risarcimento del danno; in accoglimento della domanda riconvenzionale della convenuta condannava l’attrice alla rimozione della luce irregolare.

2. Avverso la sentenza del Tribunale proponeva appello la società Celotto s.n.c., censurando la possibilità, concessa alla convenuta, di procedere alla immissione di strati isolanti in alternativa alla rimozione, la quantificazione del risarcimento del danno e la chiusura della luce irregolare. Costituitasi in giudizio, M.C. chiedeva il rigetto dell’appello e – così la sentenza impugnata – “in comparsa conclusionale formulava appello incidentale in relazione alla somma liquidata dal giudice in Euro 1.670, a titolo di risarcimento del danno”.

Con sentenza 10 dicembre 2018, n. 5688, la Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma della decisione impugnata, “fermo l’accoglimento della domanda riconvenzionale”, condannava Celotto s.n.c. alla regolarizzazione della luce in luogo della sua chiusura e M.C. alla rimozione del vetro-pannello apposto a chiusura della luce irregolare; dichiarava inammissibile l’appello incidentale proposto da quest’ultima “in comparsa conclusionale”.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione M.C..

Resiste con controricorso la società Celotto s.n.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in due motivi.

1) Il primo motivo denuncia “violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; violazione o falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”; la richiesta di ripristino avanzata dall’appellante sarebbe da considerare nuova perché proposta per la prima volta in appello, cosicché la Corte d’appello non poteva riformare il capo della sentenza con il quale era stata disposta la chiusura della luce irregolare, essendosi formato il giudicato interno sulla statuizione (la decisione di primo grado di disporre la chiusura della luce irregolare non era infatti stata impugnata dalla ricorrente che aveva così rinunziato alla domanda alternativa della stessa).

Il motivo è inammissibile. La ricorrente, vittoriosa in primo grado, non era ovviamente legittimata a impugnare il capo della sentenza che l’aveva vista vittoriosa, ma ciò non ha significato il passaggio in giudicato della decisione, in quanto tale decisione è stata impugnata dalla soccombente, e proprio in accoglimento di tale impugnazione la Corte d’appello ha disposto la regolarizzazione della luce ai sensi dell’art. 902 c.c.

2. Il secondo motivo lamenta “violazione o falsa applicazione dell’art. 343 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3″, violazione o falsa applicazione dell’art. 113 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, per avere la Corte d’appello dichiarato inammissibile l’appello incidentale della ricorrente di riforma della sentenza laddove l’aveva condannata a pagare Euro 1.670 invece che Euro 450, essendo la richiesta stata tempestivamente proposta nella comparsa di risposta d’appello e non come ha invece affermato la Corte d’appello – nella comparsa conclusionale.

Il motivo è inammissibile. Fissata l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il Collegio aveva rilevato che il vaglio di questo motivo comportava la verifica dell’originale della comparsa di risposta in appello depositata da parte C., stante l’esistenza tra gli atti disponibili di due diverse versioni della medesima, e ha così rinviato la causa a nuovo ruolo.

Esaminato il fascicolo del secondo grado di giudizio, il Collegio constata che nell’originale della comparsa di risposta depositato in appello dalla ricorrente non vi è proposizione di gravame incidentale, così che correttamente il giudice d’appello ha dichiarato inammissibile la richiesta di riforma della sentenza di primo grado.

II. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio a favore della controricorrente che liquida in Euro 3.300 di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2021

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