Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26147 del 18/10/2018

Cassazione civile sez. VI, 18/10/2018, (ud. 27/09/2018, dep. 18/10/2018), n.26147

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19549/2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI

RIENZO 149, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO SPALMA,

rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICANTONIO ANGELONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 73/3/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di L’AQUILA, depositata il 30/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 27/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

l’Agenzia delle entrate de L’Aquila, mediante avviso di accertamento, recuperava a tassazione a fini IRPEF, nei confronti di C.F. il corrispettivo di Euro 21.375 Euro percepito dal contribuente nel periodo d’imposta 2011 a seguito degli atti da lui redatti in data 17 aprile 2009 e 15 luglio 2010 aventi per oggetto la costituzione, a partire dal 15 luglio 2010, del diritto reale di superficie su terreni agricoli di sua proprietà a favore della società “SRA01 s.r.l.” per la realizzazione di impianti fotovoltaici. Il contratto prevede una durata del diritto di superficie di trenta anni per un corrispettivo complessivo di 641.250 Euro ripartito in un canone annuo di 21.375 Euro.

Avverso il suddetto avviso di accertamento la contribuente ricorreva davanti alla Commissione Tributaria Provinciale de L’Aquila, eccependo la nullità dell’atto per violazione dell’art. 9, comma 5, e art. 67, comma 1, lett. B) del T.U.I.R. (D.P.R. n. 917 del 1986); la suddetta Commissione accoglieva il ricorso ritenendo che tali redditi non potessero rientrare nella previsione di cui all’art. 67, comma 1, lett. L), secondo cui sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, nè in relazione alla qualità di lavoratore dipendente i redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere.

La Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo respingeva l’appello dell’Ufficio: 1) richiamando e confermando la decisione di primo grado; 2) ritenendo che la fattispecie possa inquadrarsi nel combinato disposto di cui all’art. 9, comma 5, del T.U.I.R., secondo cui ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società e dell’art. 67, comma 1, lett. B), secondo cui costituiscono redditi diverse le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni; 3) richiamando la pronuncia della Cassazione n. 15333 del 2014.

Avverso detta sentenza l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per Cassazione, affidato ad un unico motivo; si costituiva con controricorso il contribuente chiedendo il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

con l’unico motivo d’impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, comma 1, lett. B) ed L), in combinato disposto con l’art. 53 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, non essendovi una definitiva compressione del diritto di proprietà, la concessione di un diritto reale di superficie per trenta anni produrrebbe effetti economici assimilabili a quelli derivanti da qualsiasi altra concessione di un diritto personale di godimento sullo stesso bene.

Il motivo è infondato. Infatti, ha affermato questa Corte che, in materia di imposta sui redditi, la plusvalenza derivante da cessione, effettuata dopo i cinque anni dall’acquisto dell’immobile, del diritto di superficie non è soggetta a tassazione come “reddito diverso” del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ex art. 67, comma 1, lett. B) o L), qualora abbia ad oggetto un terreno agricolo, atteso che, da un lato, la lett. B) è applicabile solo alle aree fabbricabili e, dall’altro, la generale equiparazione del trasferimento di un diritto reale di godimento al trasferimento del diritto di proprietà, prevista dall’art. 9, comma 5, dello stesso Decreto, non consente di ricondurre l’obbligo di concedere a terzi l’utilizzo di un terreno agli obblighi “di permettere”, di cui alla lett. L), che si riferiscono a diritti personali e non a diritti reali (Cass. 4 luglio 2014, n. 15333).

Peraltro la stessa Agenzia delle entrate, con circolare n. 6/E del 20 aprile 2018, ha riconosciuto la bontà della suddetta impostazione della Cassazione.

Ritenuto pertanto che il ricorso va respinto e che la condanna alle spese segue la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 2.500, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2018

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