Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26144 del 19/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 19/12/2016, (ud. 19/10/2016, dep.19/12/2016),  n. 26144

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16484/2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 227/1/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di FIRENZE del 30/01/2013, depositata il 18/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO MANZON.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Atteso che ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata e ritualmente comunicata la seguente relazione:

“Con sentenza in data 30 gennaio 2013 la Commissione tributaria regionale della Toscana respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 184/3/10 della Commissione tributaria provinciale di Arezzo che aveva accolto il ricorso della (OMISSIS) srl in liquidazione avverso l’avviso di accertamento IRIS 2006.

La CTR in particolare ribadiva che l’art. 101, comma 5, T.U.I.R., nel caso – quale quello di specie – di fallimento del debitore, dovesse interpretarsi nel senso che tale evento non implicasse necessariamente la “certezza” della perdita del credito relativo, sicchè la competenza di esercizio non coincideva con l’annualità di emissione della declaratoria fallimentare, bensì appunto con la maturata certezza della perdita stessa, quindi in ultima analisi al momento del deposito del piano di riparto.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo due motivi.

La contribuente non si è costituita.

Il primo motivo di ricorso si palesa assorbentemente fondato.

Con tale mezzo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’Agenzia delle entrate lamenta violazione dell’art. 101, comma 5 (già art. 66, comma 3), art. 109, T.U.I.R., osservando che a tenore di tali norme non possano esservi dubbi che, in caso di fallimento del debitore, la perdita del credito vada considerata di competenza dell’esercizio nel quale tale evento si verifica, posto che la prima delle due disposizioni sancisce in tal senso una presunzione legale.

Tale assunto è conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale ” In tema di imposte sui redditi d’impresa, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 66, comma 3, che prevede la deduzione delle perdite su crediti, quali componenti negative del reddito d’impresa, se risultano da elementi certi e precisi e, in ogni caso, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali, va interpretato nel senso che l’anno di competenza per operare la deduzione stessa deve coincidere con quello in cui si acquista certezza che il credito non può più essere soddisfatto, perchè in quel momento si materializzano gli elementi “certi e precisi” della sua irrecuperabilità. Diversamente, si rimetterebbe all’arbitrio del contribuente la scelta del periodo d’imposta più vantaggioso per operare la deduzione, snaturando la regola espressa dal principio di competenza, che rappresenta invece criterio inderogabile ed oggettivo per determinare il reddito d’impresa. La prova della sussistenza degli elementi suddetti non impone nè la dimostrazione che il creditore si sia attivato per esigere il suo credito, nè che sia intervenuta sentenza di fallimento del debitore, dovendo escludersi altresì che i patti inerenti le modalità di adempimento dell’obbligazione possano incidere circa il criterio di competenza” (tra le molte, Sez. 6-5, n. 18237 del 2012).

Si ritiene pertanto la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 375 c.p.c., per la trattazione del ricorso in camera di consiglio e se ne propone l’accoglimento quanto al primo motivo, con cassazione della sentenza impugnata e rigetto del ricorso della società contribuente, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto”.

Il Collegio condivide la relazione depositata, non senza rilevare che detto principio di diritto è stato ulteriormente confermato da Sez. 5, Sentenza n. 27296 del 23/12/2014.

Il ricorso va dunque accolto, la sentenza impugnata va cassata e, decidendosi nel merito non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, deve essere rigettato il ricorso della contribuente.

Spese del presente giudizio secondo soccombenza, compensate equamente quelle del merito.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso della contribuente; compensa le spese del giudizio di merito; condanna l’intimata al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 10.000, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2016

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