Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26143 del 19/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 19/12/2016, (ud. 19/10/2016, dep.19/12/2016),  n. 26143

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25548/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

R.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2710/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di PALERMO, depositata il 24/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO MANZON.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Atteso che ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata e ritualmente comunicata la seguente relazione:

“Con sentenza in data 21 gennaio 2014 la Commissione tributaria regionale della Sicilia rigettava gli appelli principale ed incidentale rispettivamente proposti dall’Agenzia delle Entrate, ufficio locale, e da R.A. avverso la avverso la sentenza n. 270/5/09 della Commissione tributaria provinciale di Palermo che aveva parzialmente accolto il ricorso del contribuente contro l’avviso di accertamento IVA, IRPEF, IRAP 2004.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo due motivi.

Il resistente non si è costituito.

Risulta manifestamente fondato il secondo motivo di ricorso, che è comunque dirimente/assorbente del primo.

Con tale censura la ricorrente lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, poichè la CTR ha confermato il giudizio di prime cure in ordine alla detraibilità dell’IVA in quanto portata nelle fatture passive ricevute dal contribuente.

Orbene, pacifico in fatto che il R. nell’anno fiscale in questione non abbia presentato alcuna dichiarazione, periodica ovvero annuale, (anche) ai fini dell’IVA, la pronuncia deve ritenersi erronea, appunto per la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, comma 1, che tale adempimento pone quale presupposto indefettibile ai fini dell’esercizio del diritto di detrazione, secondo il modulo attuativo del tributo de quo. Questa interpretazione della norma, basata sul dato letterale della stessa, è peraltro pacifica nella giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale “In tema di IVA ed ai fini della determinazione dell’imponibile in via induttiva, nel caso di mancata presentazione della dichiarazione annuale, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 55 – il quale ha carattere sanzionatorio dell’obbligo di presentare tale dichiarazione consente di computare in detrazione (oltre ai versamenti eventualmente eseguiti dal contribuente) solo le imposte, detraibili ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. cit., che risultino dalle dichiarazioni mensili e trimestrali, di modo che, in difetto, resta irrilevante che il pagamento di tali imposte sia evincibile da altra documentazione, inclusa la contabilità d’impresa” (Sez. 6-5, n. 1422 del 2015).

Si ritiene pertanto la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 375 c.p.c., per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio e se ne propone l’accoglimento, con decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., non risultando necessari ulteriori accertamenti in fatto”.

Il Collegio condivide parzialmente la relazione depositata.

Va infatti osservato che il primo motivo di ricorso deve considerarsi infondato, posto che la sentenza impugnata corrisponde comunque al “minimo costituzionale” dello standard motivazionale che ne fa escludere il sindacato in questa sede ai sensi della novellata previsione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Sez. U, 8053/2014), sicuramente perciò non trattandosi di motivazione meramente “apparente” e dunque causa di nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, come censurato.

Quanto al secondo motivo ne va ribadita a contrario la rilevata fondatezza anche alla luce del principio che “La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicchè, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili. (Sez. U, Sentenza n. 17757 del 08/09/2016, Rv. 640943).

Il ricorso va dunque accolto, la sentenza impugnata va cassata e, decidendosi nel merito non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, deve essere rigettato il ricorso del contribuente.

Le spese dei gradi di merito vanno equamente compensate; quelle del presente giudizio tassate per generale principio della soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso del contribuente; condanna l’intimato a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del presente giudizio che liquida in Euro 7.800, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2016

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