Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26142 del 19/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 19/12/2016, (ud. 19/10/2016, dep.19/12/2016),  n. 26142

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25524/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 476/5/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di FIRENZE del 27/01/2015, depositata il 18/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO MANZON.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Atteso che ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata e ritualmente comunicata la seguente relazione:

“Con sentenza in data 27 gennaio 2015 la Commissione tributaria regionale della Toscana accoglieva l’appello proposto dal Fallimento della (OMISSIS) avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Grosseto n. 320/1/12 che aveva respinto il ricorso del contribuente in bonis avverso l’avviso di accertamento IRPEF, IVA, IRAP 2006.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo due motivi.

Parte contribuente non si è costituita nel presente grado.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

L’Agenzia delle Entrate chiede la cassazione della sentenza impugnata, poichè viziata da error in procedendo che provoca la nullità della sentenza medesima ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. In particolare deduce un vizio radicale della motivazione consistente nella considerazione in fatto dell’esistenza oggettiva delle cessioni di cui alle fatture de quibus quale basata su di un atto (verbale della Compagnia GdF di Grossetto in data 9.12.2010) che afferma non esistente agli atti del processo.

Prima ancora che la valutazione di merito correlata, la ricorrente contesta dunque la stessa esistenza del presupposto sulla quale la stessa si fonda, ma posta in questi termini la censura configura un “errore revocatorio” ex art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4 e non il configurato motivo di ricorso per cassazione, che appunto per questo deve ritenersi inammissibile.

Il secondo motivo di ricorso di contro si palesa fondato.

E’ invero principio di diritto consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che “In tema di IVA, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, indicando gli elementi anche indiziari sui quali si fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili” (ex pluribus, v. Sez. 5, n. 428 del 2015).

La sentenza della CTR che afferma al contrario che spettasse all’AF di provare anche la “conoscenza” della circostanza che la società fatturante fosse una c.d. “cartiera” deve considerarsi dunque un error in judicando in jure viziante.

Si ritiene pertanto la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 375 c.p.c., per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio e se ne propone l’accoglimento quanto al secondo motivo, con assunzione delle conseguenti statuizioni meritali non essendo occorrenti ulteriori accertamenti in fatto”.

Il Collegio condivide nella sostanza la relazione depositata.

Rileva tuttavia che è opportuno altresì ribadire che “In tema di IVA, il diritto del contribuente alla relativa detrazione costituisce principio fondamentale del sistema comune europeo – come ripetutamente affermato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenze 6 luglio 2006, in C-439/04 e (2-440/04, 6 dicembre 2012, in C-285/11, 31 gennaio 2013, in C-642/11) – e non è suscettibile, in linea di principio, di limitazioni. Ne consegue che l’Amministrazione finanziaria, ove ritenga che il diritto debba essere negato attenendo la fatturazione ad operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti, ha l’onere di provare, anche avvalendosi di presunzioni semplici, che le operazioni non sono state effettuate o, nella seconda ipotesi, che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene od il servizio, sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si inseriva in una evasione commessa dal fornitore, fermo restando che, nelle ipotesi più semplici (operazioni soggettivamente inesistente di tipo triangolare), detto onere può esaurirsi, attesa l’immediatezza dei rapporti, nella prova che il soggetto interposto è privo di dotazione personale, mentre in quelle più complesse di “frode carosello” (contraddistinta da una catena di passaggi, in cui sono riscontrabili fatturazioni per operazioni sia oggettivamente che soggettivamente inesistenti, con strumentali interposizioni anche di società “filtro”) occorre dimostrare gli elementi di fatto caratterizzanti la frode e la consapevolezza di essi da parte del contribuente” (Sez. 5, Sentenza n. 24426 del 30/10/2013, Rv. 629419).

Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio al giudice a quo per nuovo esame alla luce di detti principi.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2016

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