Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26139 del 21/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 26139 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: ARIENZO ROSA

SENTENZA

sul ricorso 14604-2012 proposto da:
– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
2013
2590

avvocati SGROI ANTONINO, MARITATO LELIO, D’ALOISIO
CARLA, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

COMUNE DI SASSARI 00111710901, BORGHETTO FRANCESCO,

Data pubblicazione: 21/11/2013

RIZZU RAIMONDO, FUMI MARCO;
– intimati –

Nonché da:
COMUNE DI SASSARI 00111710901, in persona Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

MASALA, rappresentato e difeso dall’avvocato MASALA
GIUSEPPE, giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati SGROI ANTONINO, MARITATO LELIO, D’ALOISIO
CARLA, giusta delega in calce alla copia noticata del
controricorso e ricorso incidentale;
– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 366/2011 della CORTE D’APPELLO
di CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI, depositata
il 06/06/2011 R.G.N. 126/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/09/2013 dal Consigliere Dott. ROSA
ARIENZO;
udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA;

TAVERNERIO 14, presso lo studio dell’avvocato CECILIA

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. COSTANTINO FUCCI che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso principale, rigetto del
ricorso incidentale.

_

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza resa il 6.6.2011, la Corte di Appello di Cagliari — sezione distaccata di
Sassari – accoglieva per quanto di ragione il gravame dell’INPS avverso la sentenza del
Tribunale che aveva accolto l’opposizione ad ordinanza ingiunzione ed a decreto
ingiuntivo originati da accertamento ispettivo nel corso del quale era emerso che il
Comune di Sassari, per sopperire a carenze di organico, aveva posto in essere rapporti di

parziale della decisione, che aveva ritenuto non provato il ricorrere del carattere
subordinato di tali rapporti lavorativi, la Corte territoriale dichiarava la carenza di
legittimazione attiva dell’INPS con riferimento alla domanda di pagamento di contribuzione
ordinaria, la carenza di giurisdizione con riferimento al SSNN e dichiarava tenuto il
Comune al versamento all’INPS della contribuzione minore, con riferimento ai periodi
accertati, con riguardo ai lavoratori per i quali riteneva sussistere il rapporto di pubblico
impiego in forza dell’ accertato carattere subordinato.
Rilevava il giudice del gravame che, sulla base delle convenzioni in atti, le posizioni degli
operatori al CED, dei prestatori da destinare alla ripartizione tecnica dell’amministrazione
comunale o a quella dell’ufficio tributi ed alla ripartizione finanze, degli addetti alla
ripartizione tecnica ed alla definizione delle pratiche per il condono edilizio, con
inserimento dei contraenti all’interno di un procedimento istituzionale del Comune, degli
addetti alla conduzione dell’impianto acquedotto, al servizio autoparco e nettezza urbana,
con inserimento organico all’interno del servizio pubblico e con mezzi e strumenti dell’Ente
destinatario delle prestazioni, le posizioni dei conducenti di autobus e di coloro che
avevano stipulato convenzioni per i prelievi e per l’ analisi batteriologica dell’acqua in
relazione agli anni specificati, erano da individuare come altrettanti rapporti di lavoro
subordinato parificabili a quelli dei dipendenti di ruolo svolgenti la stessa attività nell’ambito
dell’ente locale. Evidenziava che, invece, dovevano ritenersi vere e proprie convenzioni,
disciplinanti attività autonome, quelle stipulate tra il Comune e vari soggetti per le notifiche
di ordinanze prefettizie e di verbali di infrazioni del codice della strada, per incarichi di studi
..

commissionati in vari settori con prestazioni non inserite in un’attività istituzionale e che
non rivestivano i connotati tipici della subordinazione.
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lavoro con 238 lavoratori, per i quali non aveva pagato la contribuzione. In riforma

Con riferimento al S.S.N. doveva, secondo il giudice del gravame, essere dichiarata la
carenza di giurisdizione, mentre, per la contribuzione ordinaria, la carenza di
legittimazione dell’INPS, essendo competente a ricevere quest’ultima l’INPDAP,
subentrato alla CPDEL, trattandosi di rapporti di impiego pubblico, ossia di lavoro
subordinato prestato alle dipendenze di un ente pubblico non economico, caratterizzato
dall’ inserimento nella organizzazione pubblicistica dello stesso, per attenere ad un

indipendentemente dalla forma dell’assunzione, dall’esistenza di termini di durata del
rapporto e non rilevando la violazione delle norme regolanti l’assunzione alle dipendenze
degli enti locali, stante l’applicabilità dell’art. 2126 c. c..
Per la cassazione di tale decisione ricorre l’INPS, con unico motivo.
Resiste, con controricorso, il Comune di Sassari, il quale propone, altresì, ricorso
incidentale, anch’esso articolato in un unico motivo. Borghetto Francesco, Rizzu
Raimondo e Fumi Marco sono rimasti intimati.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va, preliminarmente, disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c.
Col ricorso principale l’INPS denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2126,
2094, 2697 c. c. e degli artt. 115, 167 e 416 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c,
nonché omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., assumendo, quanto alla
statuizione che l’INPS non fosse legittimato e non potesse pretendere la contribuzione per
I.V.S. in quanto dovuta all’INPDAP, trattandosi di rapporti di lavoro subordinato di natura
pubblicistica, che ciò che era pacifico era la natura subordinata dei rapporti, ma non anche
la natura pubblicistica degli stessi, anche ai fini dell’aliquota contributiva, una volta
individuato l’ente previdenziale legittimato a richiederne il pagamento a seguito della
soppressione dell’INPDAP ex art. 21 di. 201/2011, convertito in I. 284/2011.
Osserva l’istituto che il Comune aveva solo affermato che, ove i rapporti a convenzione di
cui ai verbali ispettivi fossero stati considerati in regime di subordinazione, la loro
qualificazione non poteva che essere pubblica per la natura dell’ente alla cui dipendenze
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servizio di carattere permanente rientrante nei fini istituzionali dell’ente pubblico,

avevano operato, con la conseguenza che il destinatario della pretesa previdenziale non
sarebbe stato l’INPS, ma al più la CPDEL, oggi INPDAP, e che, a fronte dell’allegazione,
da parte dell’INPS, dei fatti costitutivi del proprio diritto, compreso il carattere privatistico
del rapporto di lavoro subordinato, controparte non aveva sollevato in merito alcuna
contestazione o, comunque, non aveva formulato alcuna eccezione in senso proprio, dal
momento che non aveva neppure allegato che i detti lavoratori erano inseriti

dei fini istituzionali dello stesso, non rilevando la sola circostanza dell’essere stata la
prestazione resa alle dipendenze di un ente pubblico. Peraltro, l’assunzione dei
dipendenti non era avvenuta attraverso le modalità del pubblico concorso, prevista a pena
di nullità, e le attività oggetto di convenzione erano tutte di natura materiale, onde non
potevano considerarsi correlate al perseguimento dei fini istituzionali dell’ente.
Non vi era stata, peraltro, l’indicazione del percorso logico-giuridico che aveva indotto il
giudicante a sussumere la fattispecie nel rapporto subordinato di pubblico impiego,
anziché in quello privatistico.
Con il ricorso incidentale, il Comune di Sassari si duole della violazione dell’art. 111, 20
comma Cost., e dell’art. 2697 c. c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., sostenendo che gli
elementi ricavabili dalle convenzioni esaminate dal giudice del gravame – al di là della
considerazione che ad esse attribuisce l’INPS, che ha basato la propria pretesa sugli
accertamenti ispettivi e sulle dichiarazioni di alcuni lavoratori — sono assai deboli e smentiti
proprio dagli esiti della prova dedotta dall’INPS, le cui prospettazioni difensive sono state
superate dal giudice di appello con esercizio di poteri che non risultano legittimati dall’art.
421 c.p.c., posto che lo stesso INPS ha ritenuto quelle convenzioni atti da vincere nel loro
contenuto onde affermare, al di là del nomen iuris, la reale natura dei rapporti instaurati
con il Comune.
Il ricorso principale e quello incidentale sono entrambi infondati.
Per rapporto di pubblico impiego si intende il rapporto in cui un soggetto, il prestatore di
lavoro, rende professionalmente e continuativamente la propria prestazione lavorativa alle
dipendenze della pubblica amministrazione e per il raggiungimento delle finalità cui è
tenuta la stessa, ricevendo, quale corrispettivo della prestazione, una retribuzione
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nell’organizzazione dell’ente e che l’attività lavorativa resa era connessa al perseguimento

predeterminata.
Le caratteristiche del lavoro pubblico vengono individuate in presenza di alcuni specifici
indici rilevatori, quali la natura pubblica dell’ente datore di lavoro, la continuità del rapporto
continuativo con l’amministrazione, l’esclusività e prevalenza dello stesso, la correlazione
con i fini istituzionali dell’ente, la retribuzione predeterminata, la subordinazione gerarchica
e lo stabile inserimento all’interno dell’organizzazione dell’ente (cfr. Cons. di Stato, sez. IV,

criterio discretivo di facile identificazione, tale carattere essendo negato, ad esempio, per
le società cessionarie di un pubblico servizio o le società commerciali costituite con
capitale pubblico.
La continuità implica che il prestatore di lavoro sia tenuto ad instaurare un rapporto
continuativo con l’amministrazione e che la sua attività non si limiti alla mera esecuzione di
singole opere, così come, con riferimento agli elementi della esclusività e prevalenza della
prestazione lavorativa in favore dell’amministrazione, l’impiegato è tenuto a svolgere la
propria prestazione in via esclusiva o comunque prevalente in favore dell’ente ed in
correlazione con i fini istituzionali dello stesso. La contrattualizzazione del rapporto, pur
trasferendo la disciplina dal rapporto pubblico a quello privato, non ha, tuttavia, inciso sulla
caratteristica del rapporto di lavoro che sorge in seno all’amministrazione, costituita
dall’essere funzionalmente collegato al raggiungimento dei fini istituzionali
dell’organizzazione amministrativa. L’indicato processo di “privatizzazione”, che ha
trovato il suo compimento nel d. Igs 165/2001, ha, poi, inciso anche in termini di
instaurazione del rapporto di lavoro, che non implica necessariamente l’emanazione di un
provvedimento autorizzativo da parte dell’amministrazione-datore di lavoro, rilevando la
volontà della pubblica amministrazione di inserire stabilmente ed in modo continuativo il
soggetto all’interno della propria organizzazione per lo svolgimento della prestazione
lavorativa. Non rilevano l’eventuale mancanza di un formale atto di nomina e la
circostanza che il suddetto rapporto non sia caratterizzato dalla stabilità (Cass. Sez. Un. 3
febbraio 1995 n. 1318 e Cass. Sez. Un. 7 luglio 1993 n. 7445). Inoltre, è stato precisato
che l’allegazione di elementi di fatto, tali da doversi ravvisare l’esistenza di un rapporto di
lavoro subordinato fra un soggetto e un ente pubblico, implica che a tale rapporto debba
essere assegnata, sotto il profilo giuridico, la natura di pubblico impiego, noto essendo
4

7 marzo 2001, n. 1291). Quanto alla natura pubblica dell’ente, non si tratta sempre di un

che, per ritenere l’esistenza di un impiego privato, occorre che venga prospettato che il
lavoratore sia stato inserito non già nella struttura dell’ente, ma in un’organizzazione
separata ed autonoma, gestita con criteri di impreditorialità, oppure che la qualificazione
privatistica del rapporto sia espressamente prevista dalla legge (v., fra le tante, Cass. Sez.
Un. 9 agosto 1996 n. 7338, Cass. s. u. 13.5.1998 n. 4823, Cass. 3.5.2005 n. 9100)).
Anche la subordinazione gerarchica non è meramente tecnico-funzionale, cioè

gerarchica degli uffici nei quali si articola l’organizzazione degli apparati amministrativi e
costituisce l’elemento discretivo tra l’impiego pubblico e l’incarico professionale.
È, poi, stato reiteratamente evidenziato che un rapporto di lavoro subordinato di fatto con
un ente pubblico non economico, per i fini istituzionali dello stesso, ancorché non assistito
da un regolare atto di nomina e, al limite, vietato da norma imperativa, rientra nella
nozione di impiego pubblico e non impedisce la applicazione dell’art. 2126 cod. civ., con
conseguente diritto alla retribuzione e alla contribuzione previdenziale propria di un
rapporto di impiego pubblico “regolare” (v. Cass. 17.5.2005 n. 20009, Cass. 3.2.2012, n.
1639, nella prima delle quali la S.C. ha escluso la “legitimatio ad causam” dell’INPS sul
presupposto che l’eventuale sussistenza del rapporto di lavoro subordinato con l’ente
pubblico non economico avrebbe comportato l’obbligo di iscrizione dei lavoratori al
CPDEL, ora INPDAP, per il tempo in cui il rapporto avesse avuto esecuzione).
L’INPS sostiene che la natura privatistica dei rapporti instaurati con il lavoratori indicati nel
verbale ispettivo per sopperire a carenze di organico non sia stata contestata dal Comune,
il quale ne aveva negato il carattere della subordinazione, sostenendo la validità delle
convenzioni stipulate. Tuttavia, come ammesso dallo stesso ricorrente principale, l’ente
locale aveva anche rilevato che, ove fosse stata ravvisata una subordinazione, non
dovesse sussistere dubbio alcuno circa la natura pubblica del rapporto, che non esimeva
l’opponente dal versamento all’INPS delle sole contribuzioni minori.
Va osservato al riguardo che la contestazione deve riguardare i fatti del processo, e non la
determinazione della loro dimensione giuridica. Solo la mancata contestazione di un fatto
addotto dalla controparte ne rende superflua la prova, conferendogli carattere non
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strumentale allo svolgimento della prestazione lavorativa, ma trova origine nella struttura

controverso, e ciò sia per il sistema delle preclusioni, il quale comporta per le parti l’onere
di collaborare al fine di circoscrivere la materia controversa, e sia per il principio di
economia, che deve informare il processo, alla stregua dell’art. 111 Cost. (cfr. Cass.
4.4.2013, n. 8213). Peraltro, affinché il fatto allegato da una parte possa considerarsi
pacifico, sì da poter fondare la decisione ancorché non provato, non è sufficiente la
mancata contestazione, occorrendo che la controparte ammetta il fatto esplicitamente o

con la sua negazione. Ne consegue che, per rendere controverso il fatto allegato da una
parte, è sufficiente che la controparte produca documenti dai quali si evincano circostanze
incompatibili con l’esistenza del fatto medesimo, senza che occorra una specifica
manifestazione della volontà di contestarlo, atteso che la contestazione non integra
un’eccezione in senso stretto (cfr. Cass. 16.11.2012, n. 20211). E nella specie proprio
dalle convenzioni esaminate dal giudice del gravame sono stati desunti elementi reputati
idonei a denotare l’inserimento dei prestatori di lavoro nell’ufficio pubblico e l’espletamento
di attività correlata ai fini istituzionali dell’ente pubblico, nonché la predeterminazione della
retribuzione commisurata a quella percepita dagli impiegati in ruolo stabile svolgenti le
stesse prestazioni. Vale, poi, in proposito richiamare quanto reiteratamente affermato in
ordine all’operatività del principio cosiddetto dell’acquisizione della prova, in forza del
quale ogni emergenza istruttoria, una volta raccolta, è legittimamente utilizzabile dal
giudice indipendentemente dalla sua provenienza, ed il risultato della prova deve essere
valutato indipendentemente dalla posizione della parte che l’abbia dedotta, sicché ben può
valere a dimostrare la fondatezza dell’assunto di una parte, quand’anche richiesta dall’altra
(cfr. Cass. 10.8.2004, n. 15408 e Cass., s. u., 23.12.2005, n. 28498).
Alla stregua di tali considerazioni, devono essere disattese le censure come prospettate
dell’istituto.
Analogamente, sulla base dei principi da ultimo richiamati, sono inammissibili prima
ancora che destituite di fondamento, le critiche avanzate in sede di impugnazione
incidentale dall’ente, che ha in maniera affatto generica rilevato, a sostegno dell’assunto
della natura autonoma dei rapporti instaurati con le convenzioni, che gli elementi ricavabili
dalle convenzioni esaminate dal giudice del gravame – al di là della considerazione che ad
esse attribuisce l’INPS che si è richiamato al contenuto dei verbali ispettivi — sono “assai
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che imposti il sistema difensivo su circostanze e argomentazioni logicamente incompatibili

deboli e, per di più, sono, parzialmente, smentiti proprio dagli esiti della prova dedotta
dall’INPS…”. Ed invero, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. si configura
soltanto nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa
da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando,
a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato
nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poichè in questo caso vi è

artt. 115 e 116 cod. proc. civ. sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui
all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.. (cfr. Cass. 5.9.2006 n. 19064; Cass. 17.6.2013 n. 15107).
Alle esposte argomentazione consegue il rigetto di entrambi i ricorsi.
Le spese del presente giudizio, attesa la reciproca soccombenza, vanno interamente
compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa tra le parti le spese di lite del presente
grado.
Così deciso in Roma il 18.9.2013

soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova – attività regolata, invece, dagli

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