Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26138 del 17/11/2020

Cassazione civile sez. I, 17/11/2020, (ud. 29/10/2020, dep. 17/11/2020), n.26138

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 15647/2019 proposto da:

D.J., rappresentato e difeso dall’Avv. Bruno Fedeli, giusta

procura in calce al ricorso per cassazione, ed elettivamente

domiciliato presso l’Avv. Sabrina Belmonte, con studio in Roma, via

L. Pirandello, n. 67/A;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di MILANO n. cronol.

1783/2019 del 23 aprile 2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/10/2020 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

D.J., nato in (OMISSIS), (OMISSIS), ricorre in Cassazione, con atto affidato a due motivi, avverso la sentenza della Corte di appello di Milano del 23 aprile 2019, che aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto nei confronti del provvedimento del Tribunale di Milano che non aveva accolto la richiesta di protezione internazionale. La Corte territoriale ha rilevato che l’appello era inammissibile perchè il ricorso era stato presentato D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 in data 23 ottobre 2017, successivamente all’entrata in vigore della nuova disciplina dettata dal D.L. n. 13 del 2017, convertito con modificazione dalla L. n. 46 del 2017 (cosiddetto “Decreto Minniti”) che aveva introdotto il rito camerale disciplinato dall’art. 737 c.p.c. ed aveva abolito il secondo grado di merito nei giudizi di protezione internazionale; che il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13 aveva statuito che il decreto del tribunale di primo grado non era reclamabile e che avverso di esso era possibile ricorrere solo per cassazione entro trenta giorni a decorrere dalla comunicazione del decreto medesimo a cura della cancelleria; che il nuovo rito si applicava alle controversie introdotte a partire dal 18 agosto 2017, avuto riguardo alla data del deposito del ricorso.

L’Amministrazione intimata ha depositato controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta l’erronea interpretazione dei fatti e delle circostanze poste a fondamento della domanda, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g), artt. 3 e 14 relativo alla concessione della protezione sussidiaria anche in relazione al combinato disposto dell’art. 4, par. 3, lett. d) della direttiva 2004783/CE e dell’art. 13, par. 3, lett. a) della direttiva 2005/85/CE.

Ad avviso del ricorrente la Corte di appello ha errato nel ritenere insussistente una situazione di rischio e ad escludere criticità sociopolitiche in relazione alla negazione della protezione sussidiaria, perchè il richiedente proveniva dalla zona Sud della (OMISSIS) e specificamente dal (OMISSIS) e non dalla zona Nord orientale, tenuto anche conto che l’onere istruttorio del giudice copre anche lo studio e la ricerca di informazioni utili e rilevanti per quanto riguarda la situazione del Paese di origine.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’erronea interpretazione dei fatti e delle circostanze poste a fondamento della domanda e la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, non avendo la Corte di appello preso in considerazione i diversi motivi prospettati nel ricorso legati ad una situazione di vulnerabilità del richiedente e che il permesso di soggiorno per motivi umanitari costituisce una clausola di salvaguardia del sistema di tutela delle persone che necessitano di una protezione.

2.1 I due motivi vanno trattati congiuntamente perchè inammissibili per la stessa ragione.

2.2 Ed invero, la Corte territoriale ha dichiarato inammissibile l’appello proposto nei confronti del provvedimento del Tribunale di Milano che non aveva accolto la richiesta di protezione internazionale. In particolare, i giudici di secondo grado hanno affermato che il ricorso era stato presentato D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 in data 23 ottobre 2017, successivamente all’entrata in vigore della nuova disciplina dettata dal D.L. n. 13 del 2017, convertito con modificazione dalla L. n. 46 del 2017 (cosiddetto “decreto Minniti”) che aveva introdotto il rito camerale disciplinato dall’art. 737 c.p.c. ed aveva abolito del secondo grado di merito nei giudizi di protezione internazionale e che il nuovo rito si applicava alle controversie introdotte a partire dal 18 agosto 2017, avuto riguardo alla data del deposito del ricorso.

2.3 Orbene, a fronte dello specifico rilievo di inammissibilità evidenziato dalla Corte territoriale, il ricorrente si duole, con il primo motivo, che la Corte di appello aveva errato nel ritenere insussistente una situazione di rischio e nell’escludere criticità socio-politiche in relazione alla negazione della protezione sussidiaria, e, con il secondo motivo, che la Corte di appello non aveva preso in considerazione i diversi motivi prospettati nel ricorso legati ad una situazione di vulnerabilità del richiedente.

2.4 Ne discende l’inammissibilità delle doglianze, poichè il ricorso per cassazione deve necessariamente contestare in maniera specifica la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata (Cass., 10 agosto 2017, n. 19989; Cass., 14 febbraio 2012, n. 2091).

Con l’ulteriore corollario che la mancata impugnazione della statuizione di inammissibilità, ove (come nel caso in esame) non sussistano altre ragioni di rito ostative all’esame nel merito dell’impugnazione, determina una situazione nella quale il giudice dell’impugnazione deve prendere atto che la sentenza, in quanto fondata sulla “ratio decidendi” non criticata dall’impugnazione, è passata in cosa giudicata e affermare che l’impugnazione non sia ammissibile anche per l’esistenza del giudicato (Cass., 6 luglio 2020, n. 13880).

3. Il ricorso va, conclusivamente, dichiarato inammissibile.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna D.J. alla rifusione, in favore del Ministero dell’Interno, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 2.100, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020

 

 

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