Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26137 del 17/11/2020

Cassazione civile sez. I, 17/11/2020, (ud. 29/10/2020, dep. 17/11/2020), n.26137

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 15646/2019 proposto da:

G.R., rappresentato e difeso dall’Avv. Bruno Fedeli, giusta

procura in calce al ricorso per cassazione, ed elettivamente

domiciliato presso l’Avv. Sabrina Belmonte, con studio in Roma, via

L. Pirandello, n. 67/A;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di MILANO n. cronol.

1861/2019 del 29 aprile 2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/10/2020 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna;

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

G.R., nato in (OMISSIS), (OMISSIS), ricorre in Cassazione, con atto affidato a due motivi, avverso la sentenza della Corte di appello di Milano del 29 aprile 2019, che aveva rigettato l’appello proposto nei confronti del provvedimento del Tribunale di Milano che non aveva accolto la richiesta di protezione internazionale.

La Corte territoriale ha rilevato che: il racconto del ricorrente – che aveva dichiarato di avere lasciato il suo paese per avere denunciato, dopo le elezioni nazionali del 2011, rivestendo la carica di leader dei giovani del partito perdente (OMISSIS), brogli elettorali e di essere stato aggredito con un coltello – era vago e non circostanziato e che comunque i fatti erano risalenti nel tempo e superati dalla situazione politica attuale del Paese; essendo il racconto inattendibile, non ricorrevano i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); in relazione alla lett. c) del decreto citato le informazioni pubblicate, da ultimo il 4 settembre 2017, escludevano la sussistenza di una situazione di un conflitto armato o di violenza generalizzata, tenuto conto anche della zona di provenienza del ricorrente; quanto alla protezione umanitaria si doveva escludere la sussistenza di una situazione di particolare vulnerabilità e fragilità del ricorrente, nè erano stati forniti elementi volti a dimostrare una valorizzabile integrazione sociale, avendo il ricorrente numerosi familiari in (OMISSIS), tra cui la moglie.

L’Amministrazione intimata ha depositato controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta l’erronea interpretazione dei fatti e delle circostanze poste a fondamento della domanda, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g), artt. 3 e 14 relativo alla concessione della protezione sussidiaria, anche in relazione al combinato disposto dell’art. 4, par. 3, lett. d) della direttiva 2004783/CE e dell’art. 13, par. 3, lett. a) della direttiva 2005/85/CE.

Ad avviso del ricorrente la Corte di appello ha errato nel ritenere insussistente una situazione di rischio e ad escludere criticità sociopolitiche in relazione alla negazione della protezione sussidiaria, perchè il richiedente proveniva dalla zona Sud della (OMISSIS) e specificamente dal (OMISSIS) e non dalla zona Nord orientale, tenuto anche conto che l’onere istruttorio del giudice copre anche lo studio e la ricerca di informazioni utili e rilevanti per quanto riguarda la situazione del Paese di origine.

1.1 Il motivo è infondato.

1.2 Come si evince dalla lettura della sentenza, la Corte distrettuale, ha affermato che il racconto del richiedente era generico, vago e non circostanziato e che le dichiarazioni rese erano contraddittorie, allorchè il ricorrente aveva affermato di avere rivestito un ruolo politico e di essersi trasferito da (OMISSIS) e (OMISSIS), zona notoriamente pericolosa per la presenza del gruppo (OMISSIS), luogo dove non aveva alcun legame con i propri familiari.

La Corte, inoltre, con una ratio decidendi non contestata specificamente dal ricorrente, ha evidenziato che i fatti narrati erano risalenti nel tempo e superati dalla situazione politica attuale del Paese.

Nel caso di specie, quindi, la decisione censurata ha valutato le dichiarazioni rese dal ricorrente, rilevando le contraddizioni del racconto e giungendo ad una valutazione complessiva di non credibilità, fondata su un controllo di logicità del racconto del richiedente.

1.3 Ciò nel rispetto del principio affermato da questa Corte secondo cui la valutazione di affidabilità del richiedente è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione che deve essere svolta alla luce dei criteri specifici, indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, oltre che di quelli generali di ordine presuntivo, idonei ad illuminare circa la veridicità delle dichiarazioni rese; sicchè, il giudice è tenuto a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, i cui esiti in termini di inattendibilità costituiscono apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass., 19 giugno 2020, n. 11925).

1.4 Per quel che concerne la protezione sussidiaria, la Corte di appello, ha dato atto che, in base a quanto documentato dalle fonti specificamente indicate alla pagina 5 del provvedimento impugnato, in (OMISSIS), le attività di (OMISSIS) si registravano prevalentemente nel nord del paese, mentre la zona di provenienza del ricorrente ((OMISSIS)) era estranea alle zone di maggiore tensione.

Più in particolare, i giudici di merito, con valutazione non sindacabile in questa sede, da un lato hanno ritenuto che il racconto del ricorrente fosse non credibile e contraddittorio; dall’altro hanno evidenziato come il ricorrente provenisse da una zona della (OMISSIS), nella quale non risultava una presenza dominante di (OMISSIS), con la conseguenza che doveva escludersi la sussistenza di rischi e pericoli in caso di rientro nella città di origine.

Anche le domande aventi ad oggetto il riconoscimento dello status di rifugiato politico e di protezione sussidiaria ex art. 14 cit., lett. a) e b), in cui rileva, se pure in diverso grado, la personalizzazione del rischio oggetto di accertamento, sono state dunque correttamente disattese.

1.5 La Corte di merito ha, altresì, provveduto ad escludere la sussistenza di situazioni di minaccia grave e individuale alla vita o alla persona da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale (art. 14, lett. c), del D.Lgs. n. 251 del 2007) valorizzando lo specifico assetto politico-istituzionale della (OMISSIS).

In definitiva, mentre con riguardo al profilo della situazione personale del ricorrente, la Corte d’appello ha debitamente effettuato la verifica di credibilità richiesta dalla legge, con riguardo al profilo della situazione obiettiva del paese di provenienza ha altrettanto debitamente acquisito i necessari elementi informativi, traendo da essi l’accertamento dell’insussistenza delle condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria.

1.6 Il richiamo, poi, a precedenti giudiziari favorevoli a persone provenienti dalla (OMISSIS) non può assumere decisivo rilievo in quanto frutto della valutazione delle circostanze specificamente accertate in detti giudizi.

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’erronea interpretazione dei fatti e delle circostanze poste a fondamento della domanda e la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, non avendo la Corte di appello preso in considerazione i diversi motivi prospettati nel ricorso legati ad una situazione di vulnerabilità del richiedente e che il permesso di soggiorno per motivi umanitari costituiva una clausola di salvaguardia del sistema di tutela delle persone che necessitano una protezione.

2.1 Il motivo è inammissibile, perchè la Corte territoriale ha escluso l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria a causa della mancata deduzione, da parte del ricorrente, di specifiche circostanze giustificative del riconoscimento della protezione.

Sul punto, deve rammentarsi che il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari presuppone l’esistenza di situazioni non tipizzate di vulnerabilità dello straniero, risultanti da obblighi internazionali o costituzionali, conseguenti al rischio del richiedente di essere immesso, in esito al rimpatrio, in un contesto sociale, politico ed ambientale idoneo a costituire una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti fondamentali (Cass., 22 febbraio 2019, n. 5358).

2.2 Per quanto concerne l’ulteriore doglianza sull’applicabilità del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, ove prevede la trasmissione da parte della Commissione territoriale degli atti al Questore per l’eventuale rilascio del permesso di soggiorno ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, deve affermarsi che secondo la recente sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte del 13 novembre 2019, n. 29460, il diritto alla protezione, espressione di quello costituzionale di asilo, sorge al momento dell’ingresso in Italia in condizioni di vulnerabilità per rischio di compromissione dei diritti umani fondamentali e la domanda volta a ottenere il relativo permesso attrae il regime normativo applicabile, con il conseguente corollario che la normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito dalla L. n. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina contemplata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e dalle altre disposizioni consequenziali, non trova applicazione in relazione a domande di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell’entrata in vigore (5 ottobre 2018) della nuova legge.

3. Il ricorso va, conclusivamente, rigettato.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna G.R. alla rifusione, in favore del Ministero dell’Interno, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 2.100, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 29 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020

 

 

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