Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26132 del 27/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 27/09/2021, (ud. 29/04/2021, dep. 27/09/2021), n.26132

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 643-2019 proposto da:

E.A.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CAGLIARI 154, presso lo studio dell’avvocato ANGELO CALIENDO,

rappresentata e difesa dall’avvocato INNOCENZO CALABRESE;

– ricorrente –

contro

P.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NICOLO’

TARTAGLIA 5, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO DI GIOVANNI,

rappresentato e difeso dagli avvocati DOMENICO NAPOLITANO, MARIA

ORLANDO;

– controricorrente –

E.R.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1558/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 04/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/04/2021 dal Consigliere Dott. TEDESCO GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’appello di Napoli ha dichiarato inammissibile l’appello proposta da E.R. ed E.A.F., in proprio e nella qualità di eredi di V.A.M., contro la sentenza del Tribunale di Nola, resa nella causa iniziata da P.M. nei confronti della stessa V.A.M. in materia di rapporti di vicinato.

La Corte d’appello ha ritenuto che le appellanti, da un lato, non avessero partecipato al giudizio di primo grado, non potendo quindi vantare alcuna legittimazione a proporre l’impugnazione in proprio; dall’altro, non avessero dimostrato la qualità di eredi della parte deceduta V.A.M., non avendone provato il decesso, né la delazione in loro favore.

Per la cassazione della sentenza E.A.F. ha proposto ricorso affidato a cinque motivi. Con il primo motivo la ricorrente censura la decisione perché la Corte d’appello non ha considerato che, deceduta la parte originaria V.A.M., la P. aveva chiesto la correzione della sentenza di primo grado, notificando il ricorso per la correzione a E.A.F. e E.R., nella loro qualità di eredi della parte deceduta; al ricorso era seguita la correzione della sentenza e la sua impugnazione, ad opera delle stesse eredi già destinatarie del ricorso per la correzione, dinanzi alla Corte d’appello di Napoli. Con il secondo motivo la ricorrente rimprovera alla Corte d’appello di avere definito il giudizio, su una questione non eccepita (la supposta mancata dimostrazione della qualità ereditaria), senza attivare preventivamente il contraddittorio. Con i restanti motivi si censura la sentenza per avere omesso di pronunciarsi sulle ragioni di gravame attinenti al merito della controversia.

P.M. ha resistito con controricorso.

Su proposta del relatore, che riteneva che dovesse essere accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, con la conseguente possibilità di definizione nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

La controricorrente ha depositato memoria.

Il Collegio, con ordinanza interlocutoria del 25 maggio 2020, ritenuto che il ricorso non è stato proposto nei confronti di E.R., che, unitamente alla attuale ricorrente, aveva impugnato la sentenza di primo grado nella qualità di erede di V.A.M., ha ordinato l’integrazione del contraddittorio.

Eseguito tale adempimento, la causa è stata nuovamente chiamata dinanzi alla Sesta sezione civile della Corte Suprema, su conforme proposta del relatore del medesimo tenore della precedente.

Il primo motivo è fondato e il suo accoglimento determina l’assorbimento delle censure di cui ai restanti motivi.

Invero, nel valutare la fattispecie la corte di merito non poteva non tenere conto dell’intervenuto procedimento di correzione della sentenza di primo grado, che era stato instaurato dalla controparte vittoriosa nei confronti degli eredi della parte deceduta. Questa Corte ha chiarito che, ai fini della prova della qualità di erede, “il giudice può utilizzare come argomento di prova, ex art. 116 c.p.c., il comportamento tenuto dalle parti, ed in particolare il fatto che la controparte consideri l’intervenuta successione come verificata e riconosca la qualità di erede” (Cass. n. 13685/2006).

Il tentativo, operato dalla ricorrente con la memoria, di sostenere che il le vicende pregresse non dispensavano le interessate dal provare comunque, con documenti, la legittimazione, non può essere condiviso. E’ vero che la mancanza della prova della successione è circostanza rilevabile d’ufficio, al di là della contestazione della controparte (Cass. n. 1943/2011); ma è altrettanto vero che il comportamento della controparte, la quale univocamente mostri di considerare la successione quale fatto compiuto, è qualcosa di più della pura mancanza di contestazioni. L’avvenuta instaurazione del procedimento di correzione, in quanto promosso nei confronti di soggetti che la stessa istante riconosceva come eredi della parte originaria, costituiva un fatto che la Corte d’appello non poteva disconoscere nella verifica della legittimazione all’impugnazione.

La sentenza, pertanto, deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, la quale provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

accoglie il primo motivo; dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 29 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2021

 

 

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