Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2613 del 05/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 2613 Anno 2014
Presidente: MASSERA MAURIZIO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 29494-2007 proposto da:
ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI E ODONTOIATRI DELLA VALLE
D’AOSTA 80006320073 in persona del Presidente pro
tempore Dott. ANTONIO CERRUTI, elettivamente
domiciliato in ROMA, P.ZZA EUCLIDE 47, presso lo
studio dell’avvocato LA PORTA CARLO FERRUCCIO, che lo
2013
2223

rappresenta e difende unitamente all’avvocato
SAMMARITANI PAOLO giusta delega in atti;
– ricorrente contro

BOGGIO SILVIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

1

Data pubblicazione: 05/02/2014

DELLA BALDUINA,

7 INT.

15,

presso lo studio

dell’avvocato TROVATO CONCETTA MARIA RITA, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato CODA
PIO giusta delega in atti;
– controricorrente –

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI
AOSTA, MINISTERO DELLA SALUTE;
– intimati –

avverso

la

decisione

n.

COMM.CENTR.ESERC.PROFESSIONI

29/2007

SANITARIE

di

della
ROMA,

depositata il 07/08/2007, R.G.N. 2298.1/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/11/2013 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;
udito l’Avvocato CARLO LA PORTA;
udito l’Avvocato PIO CODA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per
raccoglimento del ricorso;

2

nonchè contro

Svolgimento del processo e motivi della decisione.
1.1 Con ricorso 27 maggio 2005 il dottor Silvio Boggio, medico chirurgo convenzionato con la
USL Valle d’Aosta, ricorreva avanti alla Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni
Sanitarie, ex art.53 dpr 221/50, avverso la delibera 8 febbraio 2005 con la quale l’Ordine dei
Medici Chirurghi ed Odontoiatri della Valle di Aosta gli irrogava la sanzione disciplinare della
sospensione dall’esercizio professionale per la durata di mesi tre – ritenuta la violazione degli

“rilasciava prescrizioni mediche, per farmaci di cui alla tabella IV prevista dall’art.14 dpr
309/90, all’insaputa dei pazienti cui erano intestate, per uso personale nel periodo compreso
tra il 24 settembre 2001 ed il 31 agosto 2003, incorrendo nei reati penali di cui agli articoli 81,
480, 61 n.2 cp”. A sostegno del ricorso deduceva che la delibera in questione: – aveva
affermato la sua responsabilità disciplinare sulla base di un’ordinanza del GIP presso il
Tribunale di Aosta in data 17 maggio 2004, erroneamente definita ‘sentenza’, in realtà priva di
qualsivoglia accertamento del fatto (avendo egli subito, in sede penale, unicamente un rinvio a
giudizio), e consistente nella sola applicazione della misura cautelare interdittiva della parziale
sospensione dal pubblico ufficio di medico chirurgo convenzionato; – aveva affermato tale
responsabilità anche sulla base delle dichiarazioni asseritamente ammissive da lui rese avanti
alla commissione disciplinare, ma in realtà insufficienti a fondare l’accertamento di
responsabilità; – aveva comunque comminato una sanzione eccessiva, anche in considerazione
del fatto che il comportamento addebitato non aveva leso la salute dei pazienti, si era protratto
per un breve periodo ed aveva infine dato luogo a spontanea resipiscenza.

1.2 Con decisione n. 29 del 7 agosto 2007, la Commissione Centrale per gli Esercenti le
Professioni Sanitarie accoglieva il ricorso del Boggio ed annullava il provvedimento impugnato,
atteso che quest’ultimo si era principalmente basato su un’ordinanza cautelare interdittiva
emessa dal GIP ex articolo 289 cpp, di per sé inidonea – vieppiù a fronte del principio di
separatezza tra giudizio penale e giudizio disciplinare – a concludere il procedimento penale, e
ad “accertare in modo definitivo, nemmeno rispetto al grado di giudizio in cui è emessa, i fatti

sanzionati”.

3

articoli 1, 3, 5, 6 e 12 del codice di deontologia medica – a fronte della seguente incolpazione:

1.3 L’Ordine dei medici chirurghi ed odontoiatri della Valle d’Aosta proponeva ricorso avverso
tale decisione ex artt.111 Cost. e 68 dpr 221/50 cit., formulando un unico ed articolato motivo
ex art.360, 1^ co.nn.3) e 5) cpc di violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 38,
39, 47 e 66 dpr cit.; 116 cpc), nonché omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione. Il
contraddittorio veniva instaurato anche nei confronti del Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Aosta e del Ministero della Salute. Il Boggio depositava controricorso.

Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie nella parte in cui – dopo aver
espressamente dato conto, nella parte espositiva della vicenda, dell’instaurazione del
procedimento disciplinare a carico del dottor Boggio sulla base non soltanto dell’ordinanza GIP
Tribunale di Aosta 17 maggio 2004, ma anche della

“piena confessione” del fatto resa

dall’incolpato con memoria 23 giugno 2004 – ha annullato il provvedimento sanzionatorio
ritenendo non sufficientemente probante il primo elemento (ordinanza GIP) ed omettendo
qualsiasi motivazione sull’efficacia probatoria del secondo (confessione).
Il motivo – debitamente corredato del quesito di diritto e del momento di sintesi della
ricostruzione del fatto controverso – è fondato.
La decisione censurata è in effetti addivenuta all’accoglimento del ricorso del dottor Boggio
sulla base di tale motivazione: “dagli atti di causa emerge che l’organo giudicante ha irrogato

la sanzione disciplinare basandosi principalmente su un’ordinanza di misura cautelare
interdittiva emessa dal GIP ex art.289 cpp. Tale ordinanza, come è noto, non conclude il
procedimento penale, né accerta in modo definitivo, nemmeno rispetto al grado di giudizio in
cui è emessa, i fatti sanzionati. Per tale motivo il provvedimento disciplinare che su di essa si
basa deve ritenersi gravemente viziato in quanto privo di fondamento.”.
Diversamente da tale assunto, si osserva in proposito che il provvedimento sanzionatorio a
carico del Boggio non si basava soltanto sull’ordinanza (ancorchè erroneamente definita
‘sentenza’) del GIP, ma anche sull’ammissione della propria responsabilità da parte del
medesimo Boggio, posto che: a. lo stesso provvedimento della Commissione Centrale dà atto
(pag.2), riportandole testualmente e definendole di

“piena confessione”, delle dichiarazioni

ammissive contenute nella memoria 23.6.04 dell’incolpato (confermata nel verbale di audizione
4

2.1 Con il motivo di ricorso così proposto, l’Ordine dei medici censura la decisione della

8.2.05), il quale si dichiarava infine “sinceramente pentito, rimettendosi con umiltà alle

considerazioni e decisioni del collegio giudicante”; b. dai motivi di reclamo formulati dal Boggio
avanti alla Commissione Centrale (riportati nella decisione censurata: pag.2) risulta come
anch’egli avesse chiesto l’annullamento del provvedimento disciplinare perché basato, oltre che
sul più volte menzionato provvedimento del giudice penale (da lui ritenuto ininfluente), pure
sulle sue “spontanee dichiarazioni”, a suo giudizio “non sufficienti” a fondare l’addebito; d.

professionale aveva chiaramente sostenuto (ed anche di ciò viene dato atto del provvedimento
qui censurato:pag.3) che il provvedimento sanzionatorio doveva invece essere confermato
proprio perché fondato, oltre che sul provvedimento del GIP e sulle dichiarazioni rese dal
prevenuto in sede penale, anche “sulle medesime dichiarazioni con fessorie rese dal ricorrente

in sede di procedimento disciplinare, ovvero: ha ammesso i fatti contestatigli e cioè di aver
fatto uso di sostanze stupefacenti e di aver abusato del suo status professionale redigendo
false prescrizioni, a nome di suoi pazienti, per procurarsi e consumare le sostanze medesime”.
In tale situazione, era pertanto onere della Commissione Centrale valutare il compendio
istruttorio formatosi a carico del prevenuto nella sua completezza, e non soltanto con riguardo
ad una delle due fonti probatorie assunte a fondamento del provvedimento sanzionatorio, e
fatte entrambe puntuale oggetto di contraddittorio in sede di reclamo.
La motivazione resa sul punto dalla Commissione Centrale non assolve tale onere, risultando
del tutto mancante sul punto decisivo rappresentato dal fatto che l’accertamento della
responsabilità del dottor Boggio non si basava soltanto sull’ordinanza GIP; di talchè, una volta
ritenuta l’inidoneità probatoria di questa fonte di convincimento, restava da valutare la
possibilità che il suddetto accertamento trovasse comunque bastevole sostegno nelle
dichiarazioni ammissive.
La motivazione qui censurata appare però viziata anche per altre ragioni di carattere logicogiuridico, là dove: – contraddittoriamente afferma, da un lato, che il provvedimento 7
sanzionatorio andava annullato sul solo presupposto dell’inidoneità dimostrativa dell’elemento
(provvedimento penale) sul quale si basava e, dall’altro, che esso si era basato su tale
elemento non già esclusivamente, ma soltanto “principalmente” (pag.3, cit.); – non dà conto
5

all’atto della sua costituzione in giudizio avanti alla Commissione Centrale, l’Ordine

né del perché, nel provvedimento sanzionatorio, l’incidenza del provvedimento penale
assumesse un ruolo “principale” rispetto alla confessione dell’incolpato; né del perché tale
confessione, quand’anche in ipotesi ritenuta minusvalente dall’organo disciplinare di prima
istanza, non fosse purtuttavia in grado di fondare, eventualmente anche da sola,
l’accertamento di responsabilità e la conseguente comminatoria.

2.2. E’ insegnamento costante di legittimità che il vizio di omessa motivazione ricorre quando

risoluzione, ove fosse stata presa in considerazione, avrebbe potuto condurre a decisione
diversa da quella adottata. Trasposto nel campo della valutazione probatoria, questo principio
implica che l’insindacabilità in cassazione della valutazione delle prove resa dal giudice di
merito trova un limite appunto sotto il profilo della sussistenza e della adeguatezza della
motivazione. Sicchè deve ritenersi viziata la motivazione che ometta di valutare una prova
relativa ad un punto decisivo della controversia, la cui considerazione sia tale da certamente
invalidare la portata dimostrativa delle altre prove poste dal giudice di merito a base della
decisione censurata: “il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o

di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato
l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non
ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da
invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze
istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio
decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento” (Cass.Sez. 3, Sentenza n. 11457 del
17/05/2007, Rv. 596714; conf. Sez. 1 ordinanza n. 5377 del 07/03/2011 Rv. 616137).
Si tratta di affermazione in termini con la presente fattispecie, nella quale è mancata
qualsivoglia motivazione circa l’omessa valutazione di una prova dirimente ed esaustiva.
Segue, in definitiva,

la cassazione della decisione qui impugnata, con rinvio alla

Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie in diversa
composizione, la quale dovrà valutare la sussistenza dell’addebito anche alla luce
dell’elemento probatorio di responsabilità rappresentato dalle dichiarazioni confessorie
del Boggio.
6

il giudice abbia completamente omesso di esaminare una questione proposta, la cui

PQM
accoglie il ricorso;
cassa la decisione impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di
cassazione, alla Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie
in diversa composizione;

Così deciso nella ca era di consiglio della terza sezione civile in data 26.11.13.

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